
Si reca in ospedale per un mal di testa e il medico scopre che è gay: test dell’Hiv e ricovero nel reparto Malattie Infettive.
2019 a.C., Alessandria d’Egitto? No, 2019 d.C, Alessandria d’Italia. È successo davvero. Qualche giorno fa, un uomo si è recato al pronto soccorso per un grave mal di testa, insieme al proprio compagno: il medico ha subito voluto sapere chi fosse il suo accompagnatore. “Il mio compagno” ha risposto il paziente.
“Ah, è gay“.
Da lì, le cose sono cambiate.
L’arrivo in ospedale
La Stampa e e Il Secolo XIX riportano le parole del paziente: «Da subito, il medico che mi ha visitato si è posto in una maniera strana. Il mio compagno era in camera con me e ha chiesto a lui direttamente chi fosse. Ha risposto. Gli ha detto non proprio gentilmente di uscire dalla stanza” La prima cosa che poi ha domandato a me è stata: “Conferma che è il suo fidanzato?”. Penso che a marito e moglie nessuno chiederebbe mai questo tipo di conferma».
Da quel momento, il medico ha iniziato a comportarsi in maniera strana e a fare battute discriminatorie. Non solo: ha consigliato di vaccinarsi contro l’epatite, ha fatto il test dell’Hiv (risultato negativo) e ha ricoverato l’uomo nel reparto di Malattie Infettive. Un medico provetto, dunque, che non ha voluto prendere alla leggera il mal di testa del proprio paziente.
“È gay”, lettera di dimissione choc
«Ciò che mi ha più infastidito è stata la lettera di dimissione» continua il paziente «Alla terza riga è specificato che io sono omosessuale con compagno fisso. Cosa c’entra? Perché lo specifichi? È un dettaglio che posso decidere di tenere riservato, ma che adesso dovrò quantomeno condividere con il mio medico di base. E se lui non lo sapesse? E se io non volessi farlo sapere? Mi chiedo: ci sarà mai una anamnesi con scritto “eterossessuale con compagno stabile”?».

Tutto vero, insomma. «Fuma circa 15 sigarette al dì, beve saltuariamente alcolici. Nega allergie. Omosessuale, compagno stabile». L’orientamento sessuale del paziente impresso sul referto dell’ospedale di Alessandria: come se avesse una qualche rilevanza nel quadro clinico del paziente. Come se fosse una malattia.
Pronto il reclamo nei confronti dell’ospedale
L’avvocato Michele Potè, che si occupa di diritti LGBT, sostiene che il comportamento del medico è «chiaramente discriminatorio». L’avvocato ha consigliato di inviare una diffida all’ospedale per chiedere, almeno, la rettifica del referto. Per Potè, inoltre, ci sono gli estremi per una richiesta di risarcimento danni. «C’è anche una violazione della privacy perché è un dato sensibile» ha aggiunto il legale «In generale, mi sembra un comportamento medievale. L’omosessualità non è una malattia dal 1990. Lo trovo molto stigmatizzante. Aver chiesto di sostenere il test per l’Hiv è anche peggio».
Per Norma De Piccoli, del Centro interdisciplinare di ricerche e studi delle donne e di genere, «Quello che l’uomo racconta ha il sapore di una discriminazione e lo denuncerei al tribunale del malato, oltre che pubblicamente alle associazioni che si occupano di parità dei diritti. L’omosessualità non è una patologia fisica né psicologica né psichiatrica. Perché deve essere indicata?».
Al momento, il paziente e il compagno vogliono limitarsi a un reclamo formale nei confronti dell’Ospedale Santi Antonio e Biagio di Alessandria.
E pensare che Alessandria, il mese scorso, aveva realizzato il primo Gay Pride della sua storia.
Il medico, di sicuro, non c’era.