Le famiglie ospitate presso la Croce Rossa potranno restare fino al 15 giugno, dopo aver rischiato di tornare in strada

La strada è uno dei posti più pericolosi dove vivere, a maggior ragione in tempo di coronavirus. Eppure le 4 famiglie rom (18 persone in totale, tra cui 11 bambini) non avrebbero avuto alternative fino a stamattina. Il centro della Croce Rossa di via Ramazzini a Roma, che le ha ospitate dall’inizio della quarantena, avrebbe dovuto chiudere in questi giorni. E l’alternativa degli assistenti sociali (una casa famiglia per donne e bambini, con gli uomini esclusi) non ha incontrato i favori di nessuno: come ha dichiarato Ruza, moglie di Costica e madre di tre figli, “I bambini non possono accettare di dividersi dal padre. Io stessa non posso muovermi e fare nulla senza mio marito”. La donna è infatti invalida al 100%, e la giovane età dei figli (sette, otto e dieci anni) rende ancora più necessaria la presenza del padre.

La protesta e il sollievo

Queste famiglie sono state portate in via Ramazzini appena due giorni prima dello scatto della quarantena, quando era chiaro che era l’unica alternativa all’abbandono in strada. La necessità di accogliere il maggior numero di persone possibile ha reso questo centro una sorta di tendopoli, nella quale hanno vissuto per due mesi famiglie e senzatetto, con pochi bagni in comune e cibo preconfezionato.

Il dipartimento Politiche sociali di Roma aveva comunicato la chiusura del centro alle famiglie appena 6 giorni fa, senza ulteriori informazioni. Per questo Costica e la sua famiglia si sono recati davanti alla sede del dipartimento in segno di protesta. Ed è stato lo staff dell’assessora Veronica Mammì a comunicare loro la decisione di prorogare l’accoglienza per un ulteriore mese di tutti gli ospitati. Con la speranza di trovare, il 15 giugno, una situazione migliore.