Epistole morali a Lucilio: libertà e forza interiore di fronte alla vita

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Di Stella Grillo

Epistole morali a Lucilio: nuovo appuntamento per la rubrica ClassicaMente. La volta scorsa si era trattata la questione del tempo in Seneca nel suo De brevitate vitae. Oggi, un’analisi di un’altra delle opere fondamentali che illustra il suo pensiero.

Epistole morali a Lucilio, lettere filosofiche di formazione spirituale

Le Epistulae morales ad Lucilium sono l’espressione più matura del filosofo Seneca. Una raccolta di 124 lettere divise in venti libri composte fra il 62 e il 65 d.C. circa. Un sottogenere di filosofia etica che costituisce un epistolario non comune in letteratura latina: il filosofo, tuttavia, trae la sua ispirazione da Platone ed Epicuro. Si discute se le missive siano davvero state inviate al discepolo o siano solo una finzione letteraria. Pare, però, che l’epistolario risulti reale in quanto in alcune lettere Seneca richiedeva la risposta dell’amico; Lucilio pare fosse un procuratore imperiale in Sicilia.

Epistole morali a Lucilio, le lettere come mezzo pedagogico

Le epistole morali a Lucilio sottendono una diversità rispetto alla tradizione epistolare rappresentata, ad esempio, da Cicerone. Il filosofo è consapevole della peculiarità della sua nuova opera, per cui la distingue dalle comuni pratiche epistolari. Il suo è un lavoro che mira ad un processo di formazione spirituale e crescita morale: sostiene che lo scambio epistolare permette di creare una comunicazione dialogica con l’amico risultando efficace sul piano pedagogico. Gli esempi di vita che fornisce tramite lettera creano intimità rendendo più efficaci gli insegnamenti dottrinali.

Epistole morali a Lucilio - Photo Credits: giovannighiselli.blogspot.com
Epistole morali a Lucilio – Photo Credits: giovannighiselli.blogspot.com

Secondo Seneca le epistole sono fondamentali nella prima fase dell’educazione, poiché permettono di acquisire alcuni principi fondamentali. In seguito, però, si deve giungere all’ottenimento di strumenti di conoscenza più articolati. Per questo l’epistolario giunge, successivamente, ad incarnare la struttura di un trattato filosofico. Seneca si fa portatore di meditazione proponendo all’amico un nuovo tema che lo guidi al perfezionamento interiore esortandolo alla pratica meditativa.

Problematiche esistenziali quotidiane e perfezionamento morale

Il massimo interesse dell’autore sono le coscienze individuali collegando le epistole alle problematiche esistenziali quotidiane. Le lettere non hanno solo un aspetto teoretico ma anche esortativo: Seneca vuole dimostrare la verità ed invitare al bene, e per fare ciò prende spunto da problemi di carattere quotidiano non disdegnando, in alcuni punti, la satira di matrice oraziana. La figura del saggio di cui parla il filosofo, si erge sui concetti di indipendenza ed autosufficienza; tramite la mediazione si giunge al perfezionamento morale ma per ottenerlo realmente, si deve imparare a praticare il disprezzo per le opinioni comuni e convenzionali, oltre alla rinuncia delle seduzioni del mondo. L’ideale e l’obiettivo delle epistole è uno:

”Recede in te ipsum”

Ritirati in te stesso come mantra e ideale che percorre l’intera opera.

L’otium non fine a sé stesso: prerogativa per la libertà interiore

L’otium dedito al raccoglimento per la ricerca della perfezione morale, non è quello che cita Seneca riferendosi agli occupati, ovvero quell’inerzia fine a sé stessa che fa spendere il tempo in attività effimere e non produttive, come disquisisce nel De brevitate vitae. Questa ricerca si pone l’obiettivo del raggiungimento del bene e dell’ottenimento della libertà interiore. Per approdare a questo dominio ed arbitrio interiore sono essenziali:

  • Primato della coscienza: ovvero la qualità umana dell’individuazione del bene e del male;
  • L’elemento divino: quel rapporto che si crea all’interno di ogni uomo;
  • Dignità di ognuno: vedrà Seneca criticare aspramente la pratica della schiavitù;
  • Virtù: la brama e la conquista di quest’ultima per essere realmente felici;
  • Il tempo: già ampiamente discusso nel De brevitate vitae, dove, il filosofo indica come non sprecarlo ma impiegarlo al meglio per poi arrivare alla morte che investe ogni uomo, affrontandola con serenità.

Seneca, quindi, riflette sugli aspetti quotidiani della vita ma anche su quelli profondi. Un auspicio di trasmettere un insegnamento che viri alla conquista di sé stessi e al relativo non spreco della vita.

“Non dobbiamo cercare di vivere a lungo, ma di vivere abbastanza; vivere a lungo dipende dal destino, dalla nostra anima vivere quanto basta. La vita è lunga se è piena; ed è pienamente compita quando l’anima ha riconsegnato a se stessa il suo bene e ha preso il dominio di sé”