Ernest Hemingway, lo scrittore dell’ ”iceberg”

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Di Giusy Celeste

Il 2 Luglio 1961 morì Ernest Miller Hemingway, un famoso scrittore e giornalista americano. In uno dei suoi libri più noti dal titolo “Festa Mobile” parlò della “Generazione perduta”, un insieme di artisti americani giunti a Parigi negli anni Venti. Egli stesso fu uno di questi. Sentimentalmente parlando ebbe una vita molto movimentata: si sposò quattro volte ed ebbe svariate relazioni. La fama, che lo portò a divenire una sorta di guru per le generazioni letterarie future, lo raggiunse già quando era in vita. Hemingway ricevette il Premio Pulitzer nel 1953 e il premio Nobel per la letteratura nel 1954.

Ernest Hemingway, lo scrittore dell’ ”iceberg”: stile poetico

Quando creava Hemingway appuntava su un cartone posto sul muro quante parole aveva scritto nella giornata. La sua media era tra le 450 e le 512. Se scriveva qualcosa in più, il giorno dopo, poteva fare di meno e svagarsi senza sentirsi in colpa. Se fosse vissuto oggi il suo senso del dovere sarebbe stato assistito maggiormente dal PC, che detiene in contaparole automatico. Ciò che influenzò notevolmente le generazioni future di scrittori fu la sua tecnica ad “iceberg”.

Essa prevede che ciò che si legge letteralmente nelle parole sia solo la parte superiore dell’iceberg, il resto è nascosto in forma metaforica. Ogni elemento visibile cela un significato non visibile. Questa scelta stilistica, tuttavia, non è così innovativa seppur degna di nota. Dostoevskij, per esempio, è famoso per la sua “polifonia”, ossia per i diversi livelli a cui si può approdare leggendolo. La stessa “Divina Commedia” di Dante ha differenti significati, quello letterale e quello allegorico.

Lo stile di Hemingway è semplice ed essenziale, caratterizzato da frasi brevi ed efficaci. Le sue opere sono ricche di dialoghi e prive di descrizioni di stati d’animo. L’emozione, per lo scrittore, doveva scaturire dai fatti nati nella trama; ciò può essere legato al “correlativo oggettivo” di T. S. Eliot. Anche i silenzi e le pause acquisivano un forte significato.

“Amo scrivere. Amo il suono e la suggestione delle parole quando s’intrecciano con i sentimenti”.

Ernest Hemingway

Giusy Celeste