Benvenuti nell’universo femminile di LetteralMente Donna. Oggi faremo un viaggio nel tempo dove parleremo di Olocausto e di antisemitismo. Abbiamo dedicato la puntata di oggi ad una donna ebrea eccezionale che scelse di non salvarsi nonostante avesse potuto. Parleremo di un importante diario pubblicato in Italia con il titolo “Diario 1941-143”. Questa puntata è dedicata a Etty Hillesum.
Etty Hillesum, il coraggio di affrontare un terribile destino
Etty Hillesum è nota grazie alle sue lettere e al diario pervenutoci dopo la guerra e scritto tra il 1941 e il 1942. Ebrea olandese ma non praticante lavorava come assistente sociale nel campo di concentramento di Westerbok prima di essere deportata ad Auschwitz insieme a tutta la famiglia dove venne uccisa il 30 novembre 1943. Non era stata internata a Westerbok ma ci si era trasferita spontaneamente per assistere i malati e la sua famiglia lì deportata. Aveva avuto la possibilità di salvarsi lavorando per il Consiglio ebraico ma si era rifiutata decidendo di condividere liberamente il terribile destino del suo popolo.
“Mi si dice: una persona come te ha il dovere di mettersi in salvo, hai tanto da fare nella vita, hai ancora tanto da dare. Ma quel poco o molto che ho da dare lo posso dare comunque, che sia qui o in una piccola cerchia di amici, o altrove, in un campo di concentramento. E mi sembra una curiosa sopravvalutazione di se stessi, quella di ritenersi troppo preziosi per condividere con gli altri un “destino di massa”. Così scrive Etty Hillesum spiegando la sua coraggiosa scelta che equivaleva ad una vera propria resistenza esistenziale. Prima di partire per Westerbok la Hillesum affidò il suo diario all’amica Maria Tuinzing affinchè lo consegnasse allo scrittore Klaas Smelik per pubblicarlo. La pubblicazione avvenne grazie alla famiglia Smelik solo nel 1981.
Il diario e la coscienza di Dio
Nonostante un periodo terribile come quello della persecuzione nazista Etty Hillesum passò da una totale perdita di ogni speranza ad una coscienza di una vita significativa. “Bene, accetto questa nuova certezza: vogliono il nostro totale annientamento. Ora lo so. Non darò fastidio con le mie paure, non sarò amareggiata se gli altri non capiranno cos’è in gioco per noi ebrei. […] Continuo a lavorare e a vivere con la stessa convinzione e trovo la vita ugualmente ricca di significato.”. Scrive infatti la Hillesum nel suo diario decidendo da quel momento” aiutare Dio il più possibile”.
Anzi la Hillesum si abbandona pienamente a Dio senza scegliere una vera e propria fede. Pur non pienamente praticante trova in Dio quella serenità mistica ed interiore che la accompagnerà fino alla fine. Un Dio intimo che rappresenta quella scintilla che ogni essere umano ha dentro di se. Nel suo diaro la Hillesum lo definisce “quel pezzetto d’eternità che ci portiamo dentro può esser espresso in una parola come in dieci volumi” .
Stefano Delle Cave