Far Cry 6 Recensione, el pueblo unido jamàs serà vencido

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Di Lorenzo Mango

Per questa recensione di Far Cry 6, voglio calarmi nei panni di un rivoluzionario. Un combattente per la libertà che “pugna” lo strapotere delle grandi organizzazioni, l’inflazione dei temi di trama impegnati a tutti i costi; persino,  i topoi di personaggi cari a Ubisoft e ai fan di Far Cry tutti, come il supercattivo con troppo potere in una mano, e un secchio pieno di follia nell’altra. Voglio immergermi nella parte al meglio delle mie possibilità, uscendo dal me stesso che si è divertito come un matto in Far Cry 6, e restituirvi un quadro del gioco più obiettivo possibile, comprensivo di pregi e difetti, di momenti “wow” e di momenti “meh”. 

Spero di riuscirci. Perchè anche se nel mio caso non c’è la libertà di un paese in gioco, anche se sono armato di tastiera, e non di fucili, “supremo”, lanciafiamme e pet coccodrillo, sento la responsabilità di raccontarvi che: Far Cry 6 è un meraviglioso Open World, uno dei migliori titoli della saga Ubisoft. Ma, anche, tanto classicamente aderente a essa, che rischia di cadere negli errori storici che l’hanno contraddistinta in passato. E, difatti, alla fine ci cade, con tutte le scarpe. Sta a voi decidere da che parte stare: da quella di chi lo aiuta a rialzarsi, o da quella di chi lo termina una volta per tutte.

Far Cry 6 Recensione
Gli scorci naturali e non di Yara sono tutti eccezionali

Far Cry 6 Recensione, il classico Far Cry

Come dentro al pentolone dal quale sono nate le Superchicche, in Far Cry 6 Ubisoft ha voluto fortissimamente inserire tutti gli ingredienti senza i quali chiamarlo “Far Cry” o “GTA in una simil Cuba” sarebbe stata la stessa cosa. Dittatura da rovesciare: check. Personaggio cattivo, cattivissimo, visivamente accattivante, ma con un palese deficit affettivo/comportamentale/lo hanno maltrattato da piccolo? Check (come anticipavo nell’introduzione). Gameplay e gunplay FPS incentrati sullo sfruttamento oculato di Stealth e momenti alla John Wick? Stra-check.

Insomma, per farla breve, non voglio dire che “visto un Far Cry visti tutti”, perchè sarebbe quantomeno una generalizzazione effettiva. Di fatto, però, Ubisoft sa bene cosa piace al suo pubblico, ai giocatori di Far Cry. E in questo sesto capitolo non si è minimamente, pare, interrogata sulla possibilità di mettere un po’ di pepe in più, o in meno, nella minestra. Per dire, diversamente da quanto sta facendo con la serie di Assassin’s Creed. 

Da un lato, il genere di appartenenza macroscopico di Far Cry 6 parla da solo; e consente di spaziare talmente tanto con gli elementi narrativi, la trama, la lore delle location e la caratterizzazione delle location stesse, che la validità lato puramente ludico finisce per dipendere da tutto il resto. Pertanto, proporre un gusto noto, piuttosto che arrischiarsi doppiamente (con trama e gameplay troppo alienanti o alienati) potrebbe rovinare la festa per tutti; publisher e pubblico. Non mi sentirete dire, pertanto, che Far Cry 6 è troppo simile ai predecessori. O che, pure se quel “troppo” non fosse malriposto, ciò sarebbe un male assoluto. Però, consentitemi almeno di confermarvi un dubbio che potreste avere in mente fin dai primissimi trailer di gioco: Far Cry 6 è il classico Far Cry. Niente di meno. E, a volte, niente di più. Ci basta? Non ci basta? Dipende.

Far Cry 6 Recensione

Plata o Plomo

Come anticipavo, gradire la location sudamericana, l’isola di Yara, scelta per Far Cry 6 è fondamentale per divertirsi al massimo nel gioco. First Person Shooter? Stealth? Meccaniche elaborate di crafting, miglioramento delle armi e costruzione di oggetti utili per le nostre missioni? Tutti giocattoli nelle mani del grande burattinaio: l’ambientazione. 

La geografia della regione, la sua estensione mastodontica, ma mai eccessivamente dispersiva; la vegetazione e l’interazione con essa (attenti ad agitare quel lanciafiamme, io vi avviso); lo sfruttamento dei mezzi di trasporto per affrontare le strade solitarie e meravigliosamente realistiche. Infine, i centri abitati: vivi, pulsanti di relazioni, eventi, missioni da affrontare e nemici, NPC e animali da coccolare. Ogni elemento appartenente al comparto “contesto geografico e culturale” di Far Cry 6 è tanto curato e ben eseguito che, da solo, vale già la candela. Per questo, Ubisoft è salita sul palco e lo ha gridato con forza: non ci sono limiti alla libertà esplorativa del giocatore; che subito dopo il lungo tutorial, che mi ha ricordato il “great plateau” di Breath of the Wild, ci getta nella mischia selvaggia di Yara; liberi come il vento (appunto). 

Un piccolo consiglio, se posso: per il doppiaggio selezionate (e scaricate) la lingua spagnola. In mancanza di un doppiaggio italiano, che non mi sento di condannare dati i precedenti “pirateschi” dello stivale, mi sono trovato a gradirlo molto più di quello inglese. Dopo qualche ora di gioco, nemmeno la sottile discrepanza tra il labiale (tarato sull’inglese) e il parlato in spagnolo mi infastidiva. Tale è la potenza immaginifica scaturita dalla fusione tra scorci, dai personaggi e da ogni texture di Yara, e doppiaggio in quella che, al 99,99%, è la lingua che sarebbe parlata a Yara, se esistesse davvero. E poi, El Presidente (il cattivone) quando parla in spagnolo ha quel 99% in più di cattiveria che, forse sono io, perde parlando in lingua anglosassone. 

Questo mezzo non è elegante. Ma è comunque fichissimo.

Far Cry 6 Recensione, pizza e birra

Ubisoft, ormai, sa costruire davvero bene i suoi Open World. Un dato di fatto inequivocabile, almeno quanto la famosa “risalita del mattone” citata da un certo Roberto Carlino (chi non lo conosce non abita nel Lazio n.d.r.). Come ho avuto già modo di esprimere nel paragrafo precedente, Far Cry 6 ne è solo l’ennesima riprova. Un virtuoso esempio di come porre dei limiti all’esplorazione senza vincolare il giocatore; di come realizzare un level design verticale senza necessitare di QTE o simili. E, anche, un occhio strizzato a tutti i recenti esempi di Open World con discese e alture più o meno scoscese, e ai vari glider aerei divenuti irrinunciabili per chiunque. Detto questo, però, non è detto che in un ristorante a picco sull’oceano, con vista luna crescente e bianche scogliere di Dover si mangi necessariamente bene. 

Far Cry 6 non è di certo un luogo gourmet, anche su questo non ci piove. Come sempre, ciò non implica che i piatti che arriveranno alla nostra tavola saranno per forza cattivi o da fast food. Nemmeno, però, dobbiamo indignarci se qualcuno puntualizza che il fritto non è scolato benissimo, e può risultare pesante. O che se mi viene data la possibilità di scelta tra Stealth e scontro a viso aperto, ha poco senso rendere i nemici talmente forti e numerosi che la scelta, di fatto, non c’è. Eppure, nonostante tutto, non andiamo a mangiare tutti i giorni da Cracco, e preferiamo gustarci sovente una bella pizza unta e bisunta. 

Ahimè: Far Cry 6 ha ben poco di elegante nel suo gunplay. Nella sua classicissima impostazione “per checkpoint” da conquistare abbattendo nemici su nemici. Pochi virtuosismi, poca abilità spicciola richiesta per proseguire (l’IA non aiuta in tal senso). Ma cavoli, se diverte. Che siate in single player, o che stiate proseguendo nella campagna con un amico (meglio) ha poca importanza: Far Cry 6 è perfetto per fare casino, vedere esplosioni QUASI alla Just Cause; completando al contempo le missioni storia in ordine sparso, mai predefinito, in base a dove vi trovate e quale avversario vi si para di fronte. Eccezionale.

Tante armi nel nostro arsenale, tutte personalizzabili con un crafting fai da te che ne cambia anche l’estetica.

Far Cry 6 Recensione, in conclusione: Ubisoft va a colpo sicuro

Ubisoft, con Far Cry 6, è andato a colpo sicuro, almeno quanto ho fatto io con questa recensione. Sapevo cosa dirvi, quando dirvelo e con che parole, come se Far Cry 6 si spiegasse da sè; con tutta la sua carica di “libertad” indiscutibile. I suoi pregi, l’ambientazione ben costruita e renderizzata su tutti. Ma, anche, con i suoi difetti. Con la sua apparenza ancora poco “next gen” persino su PS5. Con lo scarso uso dei grilletti adattativi sull’ammiraglia Sony. E con un generale senso di “tanto, troppo, troppissimo” che rischia di affollare i giocatori che preferiscono una manina in più sulla spalla. 

Se Far Cry 6 fallisce, (e in generale non lo fa mai) lo fa solo in quest’ambito: la misura della libertà offerta al player. Ma ehi, cosa vi aspettavate? La rivoluzione di Yara travolge ogni aspetto della produzione, persino quelli tecnici. Avvolge il gioco, digitale o fisico che sia, e lo trasporta con sè tra palme, cinghiali, cani con le rotelle e coccodrilli in t-shirt. Libera la fantasia distruttiva più sfrenata, e ci garantisce una e una sola cosa: divertimento. Poca eleganza forse. Ma tanto divertimento.

FAR CRY 6 RECENSIONE | TESTATO SU PS5

+L’anima dei Far Cry scorre potente in questo capitolo
+Un open world super open, vivo e pulsante: libero
+Gunplay fisico e soddisfacente
+Tante missioni secondarie da completare, durata più che soddisfacente

-Intelligenza artificiale non al top
-Lo stealth continua a rimanere la soluzione più OP
-Storia inflazionata e che sa di già visto

VOTO: 8.5