Jakob Ludwig Felix Mendelssohn Bartholdy nasce il 3 Febbraio del 1809 da una ricca famiglia ebrea la quale si adopererà affinché, insieme ai suoi fratelli, tra cui Fanny Mendelssohn compositrice anch’ella, potesse avere un’ampia cultura umanistica ma soprattutto musicale. Nel 1819 per ovviare all’antisemitismo che serpeggiava in Germania, i Mendelssohn adottano il cognome Bartholdy, mutuato da un parente battezzato. Fin dall’infanzia, come ben si confà ai geni sempiterni, dimostra una spiccata attitudine musicale imparando a destreggiarsi tra diversi strumenti e cimentandosi nei primi rudimenti della composizione, pratica che mostrerà di padroneggiare in poco tempo.

Felix Mendelssohn e il fiabesco

Felix Mendelssohn
Un ritratto di Felix Mendelssohn. Photo Credits: classicfm.com

Ben presto il giovane Mendelssohn prende la fama di grande pianista esibendosi in diverse città della Germania e poi dell’Europa. Nel frattempo, inizia a specializzarsi nello studio della Direzione d’Orchestra. Nonostante la giovane età intrattiene un rapporto epistolare con lo scrittore tedesco Wolfgang Goethe, conosciuto grazie al suo insegnante di musica che ne intuì subito non solo le doti musicali ma anche quelle di uomo colto e raffinato. Le sue prime opere, per lo più cameristiche, delineano fin da subito lo stile di Mendelssohn. Ben lontano dall’irruento e titanico romanticismo, egli approfondisce un aspetto formale sempre chiaro e strutturale. All’imponenza e al fragore del sinfonismo post beethoveniano si contrappone una ricerca di una raffinatezza timbrica pulita e nitida. La sua inclinazione ispiratrice è di una natura fiabesca e immaginifica che è possibile scorgere soprattutto nelle musiche di scena della celebre opera di Shakespeare Sogno di una notte di mezza estate (da qui è tratta la celebre ed inflazionata Marcia Nuziale) e ancora in alcune Overture orchestrali come Le Ebridi e La Grotta di Fingal. Anche nelle sinfonie, espressione musicale imperante del XIX secolo, la caratteristica di suggestioni fiabesche o paesaggistiche ritorna. La Terza sinfonia la Scozzese, la Quarta sinfonia l’Italiana e ancora la Quinta detta La Riforma ne sono una dimostrazione.

La Riforma bachiana

Se la contemporaneità oggi riconosce in J.S. Bach un indiscusso genio musicale eseguito in ogni dove del mondo, per l’epoca in cui visse Felix Mendelssohn non era così. Il compositore di Lipsia, infatti, era considerato più un matematico e non un genio dell’espressione musicale. Raffinato utente della tecnica del contrappunto e della fuga, certo, ma nulla di più. Inoltre le sue composizioni erano nate per essere eseguite in modo circostanziale in base alle commissioni che gli arrivavano. Il concetto di repertorio, d’altronde, è una prassi che arriverà più tardi. Ad ogni modo, Mendelssohn si imbatte in diversi manoscritti di Bach e inizia a studiarli riconoscendone non solo il valore musicale ed espressivo ma realizza che la musica della nazione tedesca, soprattutto in ambito liturgico luterano, prende vita dall’organista di Lipsia, fino ad allora misconosciuto se non da assidui studiosi addetti ai lavori.

La Passione secondo Matteo di Bach è una folgorazione per il compositore. Lo studio approfondito di questa partitura lo porta al dovere intellettuale di organizzare un’esecuzione pubblica. Impiegherà cinque anni. Alla fine, l’11 Marzo del 1829 Felix Mendelssohn stesso diresse la prima esecuzione della Passione. La profondità spirituale e umana di quell’opera consacrano Bach ad assurgere come padre di una nazione musicale, non più rilegato a compositore “strutturalista” e concettoso ma espressione di un popolo e di una profonda spiritualità nazionale.

Felix Mendelssohn, stile e la musica

La riscoperta bachiana non poté non influenzare l’attento Mendelssohn. La sua produzione vocale, in particolar modo quella del repertorio corale, subiscono forti influenze del corale luterano, di cui Bach è il maggior esponente. Nei due oratori Paulus ed Elijah , ad esempio, l’influenza dello stile del compositore di Lipsia è indubbia, tuttavia Mendelssohn ravviva quello stile con suggestioni e una vis tutta romantica. Nella musica pianistica, invece, lascia fulgidi capolavori come gli otto volumi dei Lieder ohne Worte (Romanze senza parole) in cui la raffinatezza e la poesia dei Lieder vocali, espresse mirabilmente da Schubert e Schumann, prendono la forma di pianoforte solista sperimentando come questo strumento abbia una cantabilità peculiare pari all’espressività vocale. Ardito esperimento, invero, condiviso dal celebre compositore polacco Fryderyk Chopin nello stesso periodo.

Impossibile non segnalare, in conclusione, i due concerti per strumento solista e orchestra. Il Concerto per Pianoforte e orchestra e il Concerto per Violino in Mi minore. In questi due concerti virtuosismo e invenzione melodica sprigionano tutta la forza compositiva del compositore tedesco: eleganza, raffinatezza, rigore formale ma anche appassionato sentimento di libertà individuale.

Paolo de Jorio

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