Martedì in Islanda è previsto uno sciopero di un giorno contro il divario di retribuzione tra uomini e donne (il cosiddetto gender pay gap) e le violenze sessuali e di genere. Vi hanno aderito migliaia di donne e di persone di genere non binario e prevede sia un’interruzione del lavoro retribuito che di quello non retribuito, che comprende il lavoro domestico e di cura in ambito familiare, che spesso ricade sulle donne. Vi aderirà anche la prima ministra Katrín Jakobsdóttir, che ha detto di voler «mostrare solidarietà alle donne islandesi».

Secondo il report sul divario di genere che viene stilato ogni anno dal World Economic Forum, negli ultimi 14 anni l’Islanda è sempre stato il paese (tra gli oltre cento analizzati) più vicino al raggiungimento della parità di genere. Le organizzatrici dello sciopero hanno fatto notare però che in alcune professioni il divario di retribuzione tra uomini e donne raggiunge ancora il 21 per cento, e più di una donna su tre ha avuto esperienza di violenze di genere nella propria vita.

Riguardo al divario di retribuzione tra uomini e donne, in Islanda c’è una legge dal 2017 che impone alle società e alle aziende di certificare che lo stipendio di uomini e donne sia uguale a parità di mansioni lavorative. Le organizzatrici dello sciopero chiedono però che vengano resi pubblici gli stipendi nei settori dove le lavoratrici sono la maggioranza, come quello assistenziale e quello delle pulizie: secondo i dati, questi stipendi sarebbero significativamente inferiori a quelli di altri settori comparabili e tra i più bassi nel mercato del lavoro, cosa che contribuirebbe a mantenere le donne in una condizione di subalternità economica rispetto agli uomini.

Qual è la situazione del gender pay gap in Italia?

Parlando di casa nostra invece, qual’è la differenza nei salari tra uomini e donne in Italia? La verità sembra essere che, stando ai dati forniti dall’Istat, il nostro Paese stia facendo piuttosto bene. In Italia il divario retributivo tra uomini e donne è del 5 per cento, ben al di sotto della media generale europea.

Nonostante questo dato confortante, però, la realtà dei fatti è ben diversa. La percentuale che riguarda il nostro Paese non tiene assolutamente in conto molti fattori chiave. Questi determinano il mercato del lavoro italiano e, nello specifico, la differenza salariale. Bisogna fare distinzione tra settore pubblico e privato, il tasso di occupazione delle donne e le qualifiche professionali.

Secondo il Censis, le donne occupate in Italia rappresentano il 42% della forza lavoro, quindi in minoranza rispetto agli uomini e ben lontano dall’81% della Svezia. Rappresenta l’ultimo posto nella classifica europea. Se guardiamo al tasso di attività il divario cresce ulteriormente dove quello maschile tocca il 75%.

Parlando invece del settore pubblico, è doveroso dire che l’uguaglianza nella retribuzione è certamente più rispettata. Se però isolassimo la situazione nel settore privato, scopriremmo che il gender pay gap in Italia è di gran lunga superiore.