Sono passati ormai tre anni dalla morte di George Floyd, che accadeva proprio oggi. Di promesse come al solito ne sono state fatte tante, ma cosa è cambiato da quel terribile episodio? Sicuramente lo scambio di poltrona alla Casa Bianca sarà presente a tutti. Ovvero la proclamazione del nuovo Presidente degli Stati Uniti, da Donald Trump a Joe Biden (ancora in carica fino al 2024). Dal potere repubblicano a quello democratico. E vi ricordate anche della prima donna nera diventata vicepresidente, accanto allo stesso Biden, Kamala Harris?
Beh, la situazione vista da così non sarebbe per niente male, se si facesse riferimento solo ai media locali e se non si considerassero le innumerevoli e attuali discriminazioni e soprusi contro le popolazioni afro-americane.
Senza dimenticare il passato episodio, dello sterminio dei nativi americani da parte del governo americano. Tematica che per altro sarà trattata nel nuovo film di Martin Scorsese, dal titolo “Killers of the Flower Moon”, presentato al Festival di Cannes 2023, con la partecipazione di Leonardo di Caprio e Robert De Niro. Senza contare anche, della storica faida tra Russia e America, che ha portato all’attuale e ancora in corso, guerra in Ucraina. Insomma ogni Paese, ha i suoi scheletri nell’armadio, e anche la bella America, del tanto sperato “sogno Americano”, ha i suoi peccati.
“Black lives Matter”, a tre anni dalla morte di George Floyd
In molti ricorderanno quel fatidico giorno. 25 maggio 2020, Minneapolis, un uomo è a terra, non respira, è stato soffocato. A fare pressione su di lui è Derek Chauvin, un poliziotto del dipartimento di Minneapolis. La vittima è George Floyd, un uomo di colore sulla quarantina. I passanti riprendono la scena. Ma cosa è successo prima di arrivare a questo?
Sono le 20:01, sulla Chicago Avenue, una pattuglia della polizia interviene davanti al negozio “Cup Foods”, dopo una chiamata di due dipendenti. Un uomo George Floyd, avrebbe pagato delle sigarette con un banconota da 20 $ che sembra falsa. I dipendenti gli chiedono di restituire il pacchetto, ma lui si rifiuta.
Floyd è seduto in macchina davanti al negozio. Viene descritto come ubriaco. Gli agenti Thomas Lane e Alexander Kueng si avvicinano alla sua macchina. Lane estrae la pistola. Arriva una seconda auto della polizia. Floyd viene ammanettato e si accascia contro il muro del negozio mentre un’agente gli chiede le generalità.
Arriva una terza volante con gli agenti Derek Chauvin e Tou Thao. Entrambi hanno a carico denunce per presunte violazioni durante l’esercizio delle loro funzioni. Chauvin è stato coinvolto in tre sparatorie, una delle quali mortale, e Tou Thao è stato denunciato per aver aggredito un uomo. Le telecamere del negozio riprendono tutta la scena.
Il momento della tragedia
Ci sono momenti di concitazione intorno all’ auto della polizia verso cui Floyd viene portato. Dopo poco l’uomo è disteso a faccia in giù sull’asfalto, accanto alla volante. Sta dicendo “I can’t breath”.
Non respiro. I tre poliziotti; Lane, Chauvin e Kueng lo tengono a terra pressando il corpo con le ginocchia su gambe, schiena e collo. I passanti si fermano, chiedono spiegazioni e alcuni riprendono la scena con il telefonino. Sono attimi di terrore.
Uno degli agenti chiama l’Emergency medical services, per un intervento. Chauvin continua a premere il ginocchio sul collo di Floyd per circa 8 minuti e 46 secondi, secondo la ricostruzione del New York Times. Le parole di supplica della vittima sono cessate.
Sono le 20:27, arriva l’ambulanza. Un medico controlla il battito di Floyd, che viene caricato sul mezzo. Intorno alle 21:25, all’arrivo in ospedale Floyd viene dichiarato morto. La pressione sul collo e problemi cardiaci precedenti potrebbero aver contribuito al decesso.
Ma cosa ne è oggi degli assassini? Giustizia è stata fatta?
Derek Chauvin è stato condannato a 22 anni e mezzo di carcere per omicidio colposo. Il giudice, considerate le aggravanti, ha comminato una pena doppia di quella prevista dalla legge.
I tre agenti che non hanno difeso Floyd dagli abusi di Chauvin e ignorato gli appelli dei passanti, sono stati tutti e tre condannati per violazione dei diritti civili, a seguito di un procedimento federale e stanno affrontando il processo per aver aiutato e favorito l’omicidio di Floyd, per negligenza e per omicidio colposo.
La morte di Floyd ha scatenato un’ondata di proteste in tutta l’America. “Black lives matter” era lo slogan che risuonava per le strade.
Fino a diffondersi in tutto il mondo. Un’episodio simile non si era più visto dagli episodi di Rosa Parks e le innumerevoli rivolte portate avanti da Martin Luther King, negli anni settanta, contro il razzismo e l’abuso di potere.
Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho un sogno, oggi!”
Martin Luther King
È la storia ad averci insegnato il razzismo
In quanti o no, avessero creduto nel sogno di Luther King, non ci è dato saperlo. Ma quello che è successo quel 25 Maggio di tre anni fa, è stata una sconfitta per tutti. La storia umana, ancora una volta, ha fallito nel grande progetto di essere un unica e propria comunità, dove la razza, la differenza di genere, gli orientamenti sessuali, politici, non esistono. Probabilmente è la storia stessa a metterci difronte a questi muri. Con il colonialismo delle grandi Nazioni, e l’inizio della tratta degli schiavi neri. Ma tutto non inizia da qui.
Da quando il mondo ha iniziato sviluppare il suo meccanismo in base alle classi sociali, si iniziava già a dividere gli esseri umani in base a poteri o pregiudizi. Chi aveva tutto e chi aveva niente. Chi era una persona credente e chi invece credeva alla magia nera. All’occultismo e quindi di base doveva essere bruciata.
Anche se la storia non sempre insegna
Chi era bianco e chi nero. Chi era di razza ariana e chi era ebreo, e quindi sterminato. Il patriarcato decide e il popolo guarda, tace e acconsente. Eppure dopo la seconda guerra mondiale, sembrava esser cambiato qualcosa.
A fare la differenza sono stati uomini come Martin Luther King che hanno lottato affinché tutto questo non riaccadesse. Uomini e donne che hanno sfidato il tempo, senza aver paura a volte delle conseguenze.
Gli stessi Falcone e Borsellino, e migliaia di agenti e uomini che hanno combattuto la mafia, andando in contro alla morte. Questi esempi sono la prova lampante che siamo noi e soltanto noi a poter fare la differenza.
In Italia, il caso di Stefano Cucchi
Una giustizia che molte volte, troppo spesso si fa voce tramite violenze e abusi di potere. Il caso più lampante in Italia è quello di Stefano Cucchi, anche lui ucciso da degli agenti di polizia e lasciato marcire in una cella.
Arrestano un ragazzo lo uccidono per spaccio l’ involuzione che fa specie trova consenso
Levante, in “Andrà tutto bene”
George Floyd, e il monologo di Irama
Durante l’edizione di Amici20, il cantante Irama, ha espresso un bellissimo monologo in onore a George Floyd.
Non riesco a respirare, non me ne sono mai accorto, è assurdo respirare non ci pensi mai, non ce ne accorgiamo nemmeno mentre lo facciamo, certo, ora che te l’ho detto ci fai caso, è quasi scomodo pensaci! Non è più così naturale, te lo devi ricordare.
Come quando sei nel letto, con lei, e inizi a fare l’amore, il respiro affannato di due amanti che si stringono l’uno nell’altro come polmoni, certo è automatico, dovessi anche pensare a respirare mentre stai facendo l’amore sarebbe un casino, che figata! Che figata il respiro, in un bosco, anche le piante respirano, o il mare. Quando sei davanti al mare, il respiro del mare…ma che cazzo di polmoni deve avere il mare per respirare così forte.
Però lo capisco, anche io, io, io sono un cantante io il respiro lo rubo, in quel momento ne ho più bisogno io di te, anzi tu, tu mi rubi il respiro. Come credi che riesca a prendere quella nota così in alto, senza fiato? No, a te a cosa serve in quel momento, anche tu respiri, ma lo sai perché respiri? Cosa respiri a fare? Perché qualcuno ti ha dato la possibilità di respirare togliendola ad un altro, ma spiegami chi cazzo decide chi deve respirare e chi non deve.
Ma sai per cosa respiri? Lo sai che non basta respirare per essere uomini eh! Io il mio respiro lo spunto in faccia a chi mi dice che non posso respirare, io non sono come te, io non sono un vigliacco, io non nascondo il mio inutile respiro dietro uno stupido telefono. Io non gli schiaccio la testa sull’asfalto a come lo chiamate, come un negro, mentre sua madre lo sta cercando piangendo, mentre urla il suo nome a perdifiato, mentre lui ruba il suo ultimo respiro per dire: “Mamma”.
Una morte che si poteva evitare
Questo è l’ennesimo caso, che ancora una volta si poteva evitare. George poteva essere salvato. Doveva essere salvato. E invece è un’altra vita che se ne va. Un’altra sconfitta per la giustizia. E l’ennesimo passo indietro a quel sogno tanto desiderato da Martin Luther King. La risposta che doveva arrivare, da parte del governo non c’è stata. E per l’ennesima volta, a scendere in piazza a revocare i propri diritti, sono i cittadini di una comunità.
La stessa a cui apparteneva anche George Floyd. Esseri umani che difendono un’altro essere umano, da una morte ingiusta e indegna. Sicuramente questo episodio ci ha dimostrato la forza di un popolo in collera, e la complicità di tutto il mondo a sostenere un cambiamento che finalmente possa vedere tutti in modo equo e uguale. Perché tutti noi abbiamo bisogno allo stesso modo di respirare e anche George Floyd ne aveva bisogno.
“Ciò che mi spaventa non è la violenza dei cattivi; è l’indifferenza dei buoni.”
Martin Luther King
Irene Marri
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