Gianluca Vialli, storia di un guerriero e della sua ultima battaglia

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Di Redazione Metropolitan

Gianluca Vialli ce l’ha fatta ancora una volta. Ha sconfitto un tumore al pancreas che lo ha tenuto “sotto scacco” per più di due anni e di cui lui ha mostrato fieramente i segni sul volto e nel fisico. L’annuncio, quasi a voler simboleggiare una nuova rinascita, è arrivato nella mattina di Pasqua. E’ l’ennesima prova di forza di un campione che ha sempre affrontato le avversità a testa alta senza timore di apparire “scomodo”.

Gianluca Vialli e la partita vinta contro il tumore

“Dopo 17 mesi gli esami non evidenziano più segni di tumore. Sono felice, ma è stata dura”.

Lo scorso 12 aprile, oltre a festeggiare la Pasqua cristiana, gli appassionati di calcio hanno gioito per la rinascita di Gianluca Vialli, il bomber che per quasi vent’anni aveva allietato le loro domeniche a suon di gol, e che era stato colpito da una forma aggressiva di tumore al pancreas con la quale ha dovuto convivere per più di due anni. La paura di non riconoscersi più in sè stesso, di diventare un peso per gli altri. Un peso stringente che, con il tempo, era diventato insostenibile:

“Sapevo che sarebbe stato duro e difficile doverlo dire agli altri, alla mia famiglia. Non vorresti mai far soffrire le persone che ti vogliono bene: i miei genitori, i miei fratelli e mia sorella, mia moglie Cathryn, le nostre bambine Olivia e Sofia. E ti prende come un senso di vergogna, come se quel che ti è successo fosse colpa tua. Giravo con un maglione sotto la camicia, perchè gli altri non si accorgessero di nulla, per essere ancora il Vialli che conoscevano”.

Ma neanche l’avversario più ostico, che gli covava dentro senza lasciargli altra arma che non fosse la speranza, è riuscito a vincere la resilienza di un uomo abituato ad affrontare con coraggio gli ostacoli che si è trovato davanti sia come persona che come calciatore. Gianluca Vialli ha sconfitto il tumore affrontandolo di “petto” come se fosse “Una semplice tappa della mia vita, da cui ho potuto imparare qualcosa“. E i segni di questa tappa Vialli li ha mostrati sempre, sul volto sorridente, benché visibilmente provato dalla malattia. Lo ha fatto seneramente e senza vergogna come quando ha dovuto schivare accuse infamanti volte a dubitare non solo del suo spessore tecnico, ma anche di quello morale.

Dal Mondiale all’ombra di Schillaci passando per lo scudetto con la Sampdoria

Che tipo di giocatore è Gianluca Vialli? Un equivoco tattico che ha accompagnato le prime fasi della sua carriera nei tempi in cui vestiva la maglia grigiorossa della Cremonese. Prima di diventare un “gemello del gol” insieme a Roberto Mancini, Vialli veniva impiegato da ala destra con compiti di farsi tutta la fascia per andare a dare una mano dietro. Eppure era già evidente che il gol facesse parte del suo corredo genetico. 10 gol in campionato permettono alla squadra di Luzzara di risalire in Serie A dopo 50 anni e gli valgono la chiamata della Sampdoria. Sarà proprio sotto la “Lanterna” che, grazie all’illuminazione di Vujadin Boskov, Vialli si trasformerà definitivamente in centravanti e, in coppia con Mancini, si affermerà quale miglior attaccante del panorama calcistico nostrano.

Sotto la guida di Boskov, coadiuvato da una squadra che contava tra gli altri anche Cerezo, Katanec e Lombardo, Vialli si aggiudicherà tre Coppe Italia (capocannoniere nel 1989) e una Coppa delle Coppe (anche qui capocannoniere) nel 1990.

“Tutte lo squadre lo vorrebbero, ma lui non vuole nessuna squadra che non sia la Samp”

Scrive di lui il compianto Gianni Mura commentando il rifiuto al Milan scudettato nel 1988

Un idillio, quello con la maglia blucerchiata, che Gianluca Vialli non riusce a ripetere in Nazionale. I Mondiali del 1990 li giochiamo in casa e Vialli è il perno atteso su cui deve ruotare la Nazionale di Vicini. Ma già dalla prima partita con l’Austria si capisce che la storia sarà diversa. Non punge a dovere e Vicini butta nella mischia un ragazzo siciliano che in pochi minuti risolve la contesa. L’Olimpico esplode, l’Italia scopre Totò Schillaci e se ne innamora. Vialli, dopo le prime due gare da titolare finisce relegato tra mille polemiche in panchina e, beffa delle beffe, viene richiamato in causa solo nella semifinale amara contro l’Argentina.

Vialli ha fallito, la critica è pronta a dargli contro, ma quale miglior riscatto di uno Scudetto vinto l’anno dopo? La Sampdoria di Boskov vince il titolo alla penultima giornata battendo 3-0 il Lecce a Marassi. Vialli si laurea capocannoniere del torneo con 19 reti e avverte gli scettici di essere ancora il miglior attaccante italiano.

Le accuse di doping

Facciamo un salto al 1998. Gianluca Vialli si è finalmente consacrato anche a livello internazionale e, dopo aver vinto praticamente tutto con la maglia della Juventus, decide di trasferirsi al Chelsea per mettere la propria esperienza a servizio degli inglesi che, al contrario di quanto accade oggi, accolgono con non poco entusiasmo i campioni ella Serie A destinati al viale del tramonto.

Il venticello della calunnia continua a spirare però dall’Italia e a soffiarlo è Zdenek Zeman. Da Predazzo, sede del ritiro della Roma, il boemo lancia l’allarme : il calcio è viziato dall’abuso di farmaci che alterano le prestazioni degli atleti.

Finisce sotto accusa proprio la Juventus, in particolare Del Piero e Vialli:

“Da uomo di sport mi preoccupa la loro crescita muscolare. Credevo che per otenere certi risultati servissero anni e anni di culturismo praticato ad alti livelli”.

Sono parole che fanno rumore e spingono la Procura di Torino ad avviare un’indagine. Viene eseguita una perizia sulle cartelle cliniche dei calciatori bianconeri nel periodo incriminato (1994-1998) dalla quale emerge che non vi siano elementi sufficienti per provare l’assunzione di EPO o altre sostanze proibite da parte degli stessi.

Vialli intanto, dall’Inghilterra, si difende e, dopo aver dato a Zeman del “terrorista” annuncia di adire le vie legali, cosa che fa, chiedendo 5 miliardi di risarcimento, richiesta poi rigettata.

Il Processo si articola su tre gradi di giudizio e alla fine decade in prescrizione nel marzo del 2007, a 9 anni dall’inizio delle indagini. Si concluse in questo modo una delle vicende più controverse dello sport italiano.

Vialli, tra i più coinvolti, ne uscì ancora una in grande stile. Dimostrò che il segreto dei suoi successi risiedeva nella passione e nell’impegno dedicato quotidianamente alla cosa che amava di più: il calcio. La stessa passione che gli ha permesso di restare sul campo nonostante la malattia e che ora riverserà nel nuovo incarico di capo delegazione della Nazionale al fianco dell’amico di sempre, Roberto Mancini.