Gianmarco Tamberi, chi è il fratello Gianluca: “Una vita di sacrifici”

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Di Redazione Metropolitan

L’atletica è di famiglia, a casa Tamberi. Gianluca, 25 anni, ha preso però un’altra strada rispetto a Gianmarco, 23. È giavellottista, e anche lui campione: a 19 anni ha fatto il record italiano Under 20 e l’anno successivo quello Under 23, tuttora imbattuti.

«Il salto in alto per me era infattibile, perché da bambino ero un po’ grassottello. All’inizio facevo anche i 400 ostacoli, ma per fortuna non andavo bene, perché sono molto faticosi», mi dice ridendo. «Ho provato varie specialità e alla fine il giavellotto era quella che mi piaceva di più. Amo lo sfogo alla fine, l’urlo liberatorio, con l’attrezzo che vola in aria e tu che sei ancora in pedana. È la cosa più bella della nostra specialità».

Se entrambi i fratelli Tamberi sono stati morsi dal demone dell’atletica, si può dire che la colpa sta nei geni. Il padre, Marco, è stato a lungo Azzurro, due volte primatista nel salto in alto. Oggi fa l’editore di riviste di ricamo e fai da te e allena Gianmarco (Gianluca l’ha seguito fino al 2012). Ma anche la mamma, Sabrina, era una buona atleta.

«Faceva salto in lungo, allenata anche lei da mio padre. Ha sfiorato i 6 metri, con 5,97-5,98, una misura molto importante. I miei genitori sono entrambi laureati in Scienze motorie, entrambi professori di ginnastica», racconta Gianluca. E spiega come sì, lo sport sia stato da sempre di casa, ma non per forza al campo.

«Ci hanno sempre spronati a fare sport di qualsiasi tipo, è stata un’idea di mio padre. Ma lui non era d’accordo con l’atletica fatta da bambini: è uno sport di sacrificio vero, da piccolo non lo capisci e rischi di disamorartene. Giocavo a tennis, poi io e Gianmarco abbiamo fatto anche pallacanestro, mio fratello è ancora un grandissimo appassionato. L’atletica è entrata nelle nostre vite solo verso i 16 anni».

Se Gianmarco Tamberi, oltre alla pedana, ama il parquet, tanto da aver giocato a basket come guardia fino a pochi anni fa, Gianluca, quando non lancia, recita. «Già alle medie avevo fatto Carlo Magno», scherza. «È un mondo che mi ha sempre affascinato molto. Ho sempre visto tanti film, mi piaceva seguire ogni dettaglio, capire come l’attore riuscisse a interpretare certi ruoli».

Lo spunto è arrivato dal concorso di Mister Italia, che ha vinto nel 2012. «È nato come un gioco. Ero con gli amici al mare, c’era questa sfilata, ci siamo iscritti. Poi mi sono detto: ho questo titolo in mano, perché non sfruttarlo?». E così ha cominciato a fare l’attore, con una parte anche in Don Matteo. Ma, ci tiene a precisarlo, resta prima di tutto un atleta, anche se quello che ha imparato dalla recitazione gli è tornato utile pure nello sport. «A teatro fai un grande lavoro di ricerca su te stesso. Ti immergi nelle tue paure, e cerchi di accettarle, di conoscerle. Come in un film horror, che non ti spaventa più così tanto quando scopri chi è il mostro».

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