Il silenzio delle maschere, un concerto di esilaranti gag tra poesia e
comicità.
Il gruppo tedesco Familie Flöz ha inventato una modalità teatrale originale: personaggi mascherati si agitano sul palcoscenico disegnando scenari plausibili in cui si snodano storie eccentriche senza l’uso della parola.
Proprio così, alla Sala Umberto, è andato in scena Hotel Paradiso, un noir in stile tedesco ambientato sulle Alpi senza una sola parola di testo recitato.
Un hotel a conduzione familiare accoglie strampalati personaggi mentre una lotta familiare tra fratello e sorella si sviscera sotto l’occhio attento dell’effigie funebre del padre e le bacchettate sonore della vecchia madre. Un altro fratello (un macellaio serial killer) osserva in disparte la diatriba e risolve le questioni a colpi di sega elettrica.

La questione ruota e si scontra sul concetto di ammodernamento dell’hotel, auspicato dalla sorella e il placido tradizionalismo del fratello che preferisce lasciare l’arcaico decadente atrio. Mentre la vecchia madre coordina la lite altalenando decisioni e sottomissioni si svolge una storia intrecciata di foschi personaggi e prelibatissimi sketch comici tra i personaggi mascherati.
Tutto scorre in maniera altalenante; il ritmo la fa da padrone nel silenzio della sala, sulla drammaturgia ricamata nel silenzio e nel brio dato dai corpi degli attori capaci di scuotere con un’indiscussa padronanza del corpo e dell’uso della maschera.
Un cameriere funambolo, una donna ricca, la governante cleptomane, il ragazzone indù, i due poliziotti (alla Ispettore Derrick e compare) seminano un andirivieni frenetico dalla porta girevole all’ingresso: gli attori sembrano essere almeno 8 o 9 e si resta sorpresi quando agli applausi se ne presentano soltanto 4.

Matteo Fantoni, Daniel Matheus, Marina Rodriguez Llorente e Fabian Baumgarten sono impressionanti per la loro ecletticità e versatilità attoriale, perfetti nei movimenti scenici e curiosi (perché accattivanti) nelle loro intrecciate combine di siparietti.

C’è poesia ovunque, una poesia triste, miscelata alle forme fisse delle maschere, al suono melodico di musica vinilica tedesca e al baldanzoso concerto di corpi che sono capaci di ricreare. Quando il primo cadavere affiora, tutto l‘albergo scivola in un vortice di strani avvenimenti. Fra le alte vette delle Alpi si aprono abissi da cui è impossibile fuggire. La chiusura dell‘albergo sembra a questo punto solo una questione di tempo quando un antipatico perito si porta via le 4 stelle che rendono Hotel Paradiso un posto lussuoso. Da lì si precipita verso il finale, amaro, disegnato nello stile riconoscibile di questi maestri del teatro di figura.