Presentato in concorso alla Festa del Cinema, Houria, per la regia di Mounia Meddour, racconta della forza delle donne algerine. La regista cerca di raccontare la storia di un Paese, l’Algeria, dal punto di vista femminile. Ne consegue un’opera ricca di lirismo, di tenerezza, ma per nulla retorica.
Houria: storia di un Paese e storie di donne
In particolare, segue la storia di Houria (Lyna Khoudri), ballerina di danza classica che, dopo un’aggressione da parte di un ex terrorista graziato, perde l’uso della voce. La ragazza troverà la forza di reagire e di dare un nuovo significato alla sua vita, insegnando a ballare altre vittime dei terroristi. Attraverso il personaggio di Houria si raccontano le storie di altre donne: madri che hanno perso i figli, ragazze disabili e traumatizzate dalle aggressioni dei terroristi. C’è anche la storia di Sonia, che, nonostante la carriera da ballerina, sogna un futuro migliore in Spagna. Il film restituisce uno specchio del femminile nel Paese, con le sue sfaccettature e diseguaglianze.
La forza di Houria sarà accettare la sua disabilità senza piangersi addosso, capirne il suo potenziale. La ragazza, infatti, integrerà nella coreografia per lo spettacolo di danza delle sue compagne anche la lingua dei segni. In Houria tutte le donne protagoniste trovano la forza di lasciarsi alle spalle traumi e dolori, superarli per emergere più forti e consapevoli. La forza non è mai solo individuale: il gruppo e la solidarietà sono elementi chiave. È nelle altre donne che viene trovata la ragione per andare avanti, per potersi supportare e sostenere vicendevolmente.
Il film commuove senza inutili orpelli e retorica, emoziona, tiene col fiato sospeso. La fotografia è curata, elegante, piacevolissima. La regia nelle scene di ballo è quasi lirica, come se si fosse sospesi nel tempo, incantati dalle coreografie e dalla forza di Houria e delle altre donne.
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Carola Crippa