Forse perché non vedente dalla nascita, Stevie Wonder ha avuto il grande dono di saper creare con le sue canzoni, dei veri quadri viventi in grado di raccontare storie, pensieri e sentimenti. Il Funk, il Blues, il Pop, il Jazz e il Raggae trovano un vertice comune nella sua musica, sempre in grado di parlare alle orecchie di tutti. Ecco 10 canzoni del grande musicista che ci hanno parlato, raccontato e soprattutto, fatto ballare.
Superstition (1972): il groove di Stevie Wonder
Funk, blues e pop racchiusi in una sola canzone. Stiamo parlando di Superstition, la canzone rivoluzionaria di Stevie Wonder, che ha fatto del suo groove una marca innovativa da replicare. Una canzone riconoscibile ai più già dalla sua apertura: batteria e basso aprono le orecchie ad un mix di suoni pregni della cultura dell’underground afroamericano degli anni Settanta. Canzone che vale a Stevie due Grammy Award per la miglior canzone R&B e per la categoria “Best R&B Vocal Performance, Male”.
I just called to say i love you (1984): la colonna sonora della generazione X
Colonna sonora del film La signora in Rosso (1984), I Just Called to Say I Love You è stata anche la colonna sonora dei lenti in discoteca della generazione X. Una ballata romantica ritmata, in cui la magia dell’amore diventa protagonista delle note pop fatte di sintetizzatori e drum machine tipiche degli anni Ottanta.
Master Blaster (Jammin) (1980): l’omaggio a Bob Marley
La base reggae ci riporta subito ai brani di Bob Marley. Infatti Master Blaster è un omaggio a Marley, esibitosi con lo stesso Stevie nel suo tour negli Stati Uniti. Gli stessi temi della canzone sono un rimando alla discografia del re del raggae. Infatti il testo è un inno alla speranza, affinché si possa arrivare ad un clima di pace e serenità, dove tutti nel mondo si sentono bene. In questo pensiero positivo per il futuro, Stevie Wonder rivolge un pensiero all’Africa, in particolare alla fine della guerra civile nello Zimbabwe. Il testo cita inoltre i “figli di Jah”, un riferimento al rastafarianesimo, ovvero le credenze Rasta sostenute dallo stesso Marley.
Living for the City (1973): un’esperienza sensoriale
Living for the City è il ritratto della vita di un povero ragazzo nero del Mississippi, messo costantemente in difficoltà dal razzismo e dallo sfruttamento a New York City. Torna la cultura dell’underground afroamericano, marcata fortemente dall’intermezzo del brano in cui compaiono le voci del fratello Calvin, del suo road manager Ira Tucker Jr., di un poliziotto di New York e dell’avvocato Jonathan Vigoda. Living For The City è una vera e propria esperienza sensoriale: a quattro minuti della canzone gli strumenti vengono sostituiti dal suono di un motore che gira, accompagnato dalla voce di un autista che annuncia che l’autobus è diretto a New York e Stevie che sale a bordo. Si tratta, ovviamente, del ragazzo “nato in un Mississippi”.
Isn’t she lovely (1976): l’inno alla vita di Stevie Wonder
Dedicata alla nascita della figlia Aisha (di cui si sente anche il piano all’inizio del brano), Isn’t she lovely?, è un inno alla vita e alla bellezza della nascita. La canzone è un esempio di contaminazione tra elementi jazz ed elementi pop, che spesso troveremo nella discografia di Stevie Wonder
Higher ground (1973): il terreno più alto
Scritta in solo tre ore, Higher Ground di Stevie Wonder è una spinta alla perseveranza di fronte alle avversità. Il mood funk accompagna il principio guida del “non accontentarsi”: bisogna spingere il proprio potenziale fino al “terreno più alto”. Il brano ha acquisito un significato ancora maggiore, quando lo stesso Stevie Wonder poco dopo trascorse quattro giorni in coma dopo un incidente automobilistico quasi fatale.
Signed, Sealed, Delivered I’m Yours (1970)
Il singolo è la prima canzone prodotta interamente da Wonder, oltre che la prima canzone ad essere supportata dal coro femminile delle Wonderlove. La canzone è una divertente esperienza uditiva che racconta il rimpianto di un ragazzo per aver abbandonato il suo amore e che ora cerca di riconquistare la propria amata presentandosi “firmato, sigillato, consegnato, sono tuo”.
I Wish (1976): l’infanzia di Stevie Wonder
In I Wish, Stevie svela il suo desiderio di tornare ai suoi giorni giovanili, agli anni Cinquanta-Sessanta, quando era solo un “ragazzo con la testa da pannolino” cresciuto in circostanze difficili. Nonostante la povertà, Stevie ricorda con affetto quei tempi semplici in cui la sua unica preoccupazione era quale sarebbe stato il suo giocattolo di Natale.
Sir Duke (1976): l’omaggio al Jazz
Sir Duke è un’ode ai grandi protagonisti che hanno forgiato la formazione di Stevie Wonder. La canzone è un tributo sonoro a Duke Ellington, Count Basie, Glenn Miller, Louis Armstrong ed Ella Fitzgerald. Wonder fa esplodere il suo amore per il jazz riproponendolo in chiave moderna nel testo, nell’arrangiamento, nella melodia, nel ritmo e nell’armonia.
For Once in my life (1968): una persona speciale
Chiudiamo con un grande messaggio che ci lascia Stevie Wonder in For Once in my life. Le ferite del passato vengono cancellate quando incontriamo una persona speciale. Non abbandoniamoci mai al dolore per una persona che non è in grado di accettarci, perché c’è sempre qualcuno in grado di amarci nella nostra totalità e che possa migliorarci ogni giorno.
Martina Capitani
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Ph: Stevie Wonder – Photo Credits rollingstone.com