Quando si cresce ascoltando musica classica, arriva un momento in cui, nonostante si facciano scelte artistiche differenti, diventa impossibile ignorare il suo richiamo. Sono proprio i ricordi d’infanzia ad aver spinto Samuele Bersani, il “pescatore di asterischi” del cantautorato nostrano, ad imbarcarsi in un’avventura rischiosa quanto stimolante, che lo sta portando sui grandi palchi della penisola con il suo “Samuele Bersani & Orchestra- Tour 2024”, tournée in cui il cantante romagnolo è accompagnato dalla Ensemble Symphony Orchestra, che lo supporta nel rileggere in una nuova chiave il suo ormai trentennale repertorio. Un esperimento che riflette il desiderio di non autoimprigionarsi in un genere definito, limitato e limitante, ma di spaziare tra tutte le possibilità che le sette note offrono.
Ieri sera, il suo “giro d’Italia” ha fatto tappa a Roma, nella sontuosa cornice delle Terme di Caracalla, vera e propria Mecca per chi, come lui, si è formato tra archi e fiati. Per oltre due ore il paroliere ha intrattenuto il suo pubblico, composto in gran parte da fedelissimi ma, come rinvenuto dopo una veloce indagine per alzata di mano da parte dello stesso Samuele, anche da neofiti. La scaletta del live, d’altronde, è modellata sulle esigenze di entrambe le categorie. Un perfetto equilibrio tra hits e brani eseguiti raramente dal vivo, con alcune incursioni nel suo ultimo album, Cinema Samuele, che ha ottenuto la Targa Tenco, la quinta per lui.
Samuele Bersani alle Terme di Caracalla: un live sospeso tra passato e novità
Quando, nel 1991, Lucio Dalla lo notò, portandolo con sé per il Cambio Tour, facendogli aprire i suoi concerti, Bersani esordì con Il Mostro. Appare dunque logico iniziare proprio da lì, con il prezioso contributo dell’ensemble sinfonica. Si passa, in rapida successione, a Come due somari e ad Occhiali rotti, dedicata ad Enzo Baldoni, giornalista rapito e ucciso in Iraq nel 2004. Samuele si ritaglia un momento per salutare la platea, che lo accoglie calorosamente, e la sua famiglia, presente all’evento. Subito dopo, partono le inconfondibili note di Spaccacuore, canzone amata e odiata dal suo autore, vestita per l’occasione di nuove sonorità. Si continua con Lo scrutatore non votante e con Barcarola albanese, poco conosciuta, ma molto apprezzata anche da Dalla.
Dopo Harakiri e Il tuo ricordo, tratte da Cinema Samuele, il colpo al cuore è assicurato con En e Xanax. Il delicato e autobiografico racconto di un amore fragile e turbolento racchiude in sé uno dei versi più intensi della discografia italiana (e non), «Tu hai l’anima che io vorrei avere». Impossibile non emozionarsi. Tra un aneddoto e una riflessione, Bersani ripercorre i punti cardine della sua carriera, visibilmente entusiasta di trovarsi a Caracalla e di poter condividere con fans e affetti la soddisfazione di esibirsi su un tale palcoscenico, in compagnia di musicisti che lo stanno seguendo in lungo e largo, donando nuova linfa vitale alla sua musica. Cattiva e Coccodrilli si animano tra virtuosismi e arrangiamenti che non li snaturano, ma li vestono di novità, rendendoli ancora più piacevoli all’ascolto.
Il poeta “timido, ma non troppo” ammalia Roma
A “subire” la manomissione più significativa è Freak, riproposta con un sound molto diverso rispetto a quello al quale siamo abituati. Idea dello stesso Samuele, che confessa di «non poterne più» di cantarla sempre allo stesso modo. I “sogni tridimensionali” di Replay ci riportano a Sanremo 2000, dove il cantautore di Rimini vinse il Premio della Critica Mia Martini. Braccio di Ferro nasconde una storia divertente. Quello che l’autore descrive come un “inno omosessuale”, è stato scritto, all’epoca, come reazione a una ragazza troppo invadente. Un tema allora poco trattato, in un decennio in cui il tabù circa l’orientamento sessuale era decisamente maggiore. Ennesima dimostrazione di quanto Bersani abbia sempre precorso i tempi.
Ferragosto e Psycho, tra le esecuzioni più riuscite della soirée, conducono gli astanti verso il finale, che non può che essere Giudizi Universali. Non prima, naturalmente, di una raccomandazione divenuta ormai una gag collaudata tra Bersani e i suoi estimatori. È «Potrei, ma non voglio», non «Vorrei, ma non posso». Una differenza apparentemente minima, ma che rivoluziona il significato della canzone. Con la collaborazione dell’orchestra, del pubblico e dell’atmosfera intima creatasi, il capolavoro del 1997 brilla più che mai, portando con sé una carica emotiva difficile da dimenticare. Il poeta timido, ma non troppo si allontana, per poi essere richiamato a gran voce. Il pescatore di asterischi, Chiedimi se sono felice, colonna sonora dell’omonimo film di Aldo, Giovanni e Giacomo, e Chicco e Spillo chiudono la performance. Dopo la foto di rito e i ringraziamenti, lo chansonnier si congeda. Con lui, il suo immancabile leggio, feticcio irrinunciabile e rassicurante “copertina di Linus”.
Le luci si riaccendono, e si ha la sensazione di essersi risvegliati da una dimensione onirica, dopo essere stati cullati dalla melodica maestria dell’orchestra diretta da Giacomo Loprieno, dalla bellezza delle Terme di Caracalla e, soprattutto, dalla voce e dalle parole di Samuele Bersani, artista complesso e sfaccettato, che è tante cose, ma che non è mai stato e mai sarà «solo la copia di mille riassunti».
Federica Checchia
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Le immagini sono a cura di © Andrea Melaranci