“Se tradirai questo pane diventarà piombo e questo vino diventerà veleno…”. O Professore Vesuviano, l’alto livello d’istruzione gli ha regalato il soprannome altolocato. La Napoli della camorra, allestisce rapporti con politici, servizi segreti, br, affaristi americani e terroristi. Alla pari, guadagnandosi rispetto negli ambienti della malavita e in quelli del potere. Arricchendosi, senza incontrare l’efficace reazione dello Stato. Tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Marrazzo (padre del cronista), sulla figura di Raffaele Cutolo, il capo fondatore della Nuova Camorra Organizzata. L’uomo dei misteri, mai pentito. Con “Il camorrista“, stasera in tv su Cine34, Giuseppe Tornatore segna il suo esordio alla regia cinematografica. “Pulisciti i denti con lo champagne, accussì nun te tròveno in disordine quanno te fanno ll’autopsia“. Firmato O Professore.

Durante un processo del 1988 che lo vedeva incriminato, Cutolo annunciò pubblicamente la sua richiesta di sequestro del romanzo ‘Il camorrista‘, Vita segreta di don Raffaele Cutolo. Opponendosi alla non veridicità dei fatti riportati dallo scrittore, a cui aveva rilasciato delle interviste, ma, a suo dire, travisate dallo stesso. “La vera camorra sta a Roma, mica qua“. Gestisce ogni malaffare dal carcere, controlla tutto il territorio della Campania anche ottenendo l’infermità mentale, e venendo quindi trasferito nel manicomio criminale, da cui riesce ad evadere. Film e realtà sono crudamente uniti, mischiati, intrisi di sangue e omertà.

Quando il camorrista faceva il professore

Ben Gazzara Ã¨ O Professore. Brutale, malefico, risolini e sguardi assassini. Megalomane di razza. Ricorda la magnificenza di Al Pacino nel cinema americano d’azione, qui sapientemente mescolato alla sceneggiata napoletana. Della tragedia shakespeariana ha il pathos e i toni flebili. Una romanza popolare, con i ‘pezzi di malacarne’, tra ‘onore’ e ‘religione ‘, e il ‘culto’ che ha un affiliato. Tornatore, trentenne, tiene fede agli equilibri, tra la Napoli violenta per l’orrore del male, e quella della ‘caciara’, del suo amabile folclore, della spettacolarità. Avrà un Nastro d’Argento come miglior regista esordiente. Leo Gullotta, nella parte del capo della squadra mobile Iervolino, ruolo drammatico di servitore dello Stato, non bravo soltanto nei fasti comici-teatrali del Bagaglino, si aggiudicherà il David Donatello, come miglior attore non protagonista. Comprensibilmente il film non chiama nessuno col proprio nome.

Cosa avete fatto durante la latitanza?”
Professore: “Non ve lo posso dire, se no mi date altri tre ergastoli. Vi posso solo dire che ho dato una mano alla giustizia”. Stasera arriva in tv il miglior film sulla camorra, così la critica premiò “Il camorrista“. Portando Tornatore, giovane siciliano, sull’Olimpo vicino a Coppola e Scorsese. Terrore folgorante, fuoco negli occhi degli attori, per cui ogni inquadratura non è mai casuale, ma ha un suo profondo significato. Carnefici in penombra, e volti che riempiono lo schermo. Un film lungo quanto un Kolossal (la versione integrale originaria era 5 ore), ma che ti lega in maniera sublime. La parte di Rosaria, data ad un’attrice spagnola, Laura Del SOL. E si distingue il montaggio sapiente di Mario Morra. Il coraggioso finale, è il monito di tutto il film: “la malavita (r)esisterà finché avrà l’appoggio della politica.”

Il camorrista, sempre con il cervello mai col cuore

Le docce del carcere; la passeggiata in isolamento; non manca una folle dichiarazione d’amore di Canale a Cettina. Nonchè, saloni barocchi dove Gazzara incontra importanti esponenti politici, che sono le stanze di Villa Brasini, in Via Flaminia vecchiaRoma; passando per la nota “Suite Petronius” dell’Hotel Hilton Rome Cavalieri. “Pulisciti i denti con lo champagne, accussì nun te tròveno in disordine quanno te fanno ll’autopsia”. Tutto è ricostruito puramente, senza fronzoli, tanto da dare il brivido del vero. Un film ha la sua epopea: fu censurato e ritirato dalle sale, per poi essere ‘riabilitato’ e trasmesso senza censure. 

Il camorrista“, da non perdere stasera in tv, inizia con un juke-box e un disco sul piatto. Si ascoltano così le note della canzone “Vieneme ‘nzuonno” cantata da Sergio Bruni. L’oblio della notte, dei consigli portati, dei desideri affidati a Morfeo, ancora una volta, uniti nel film al macabro risveglio della realtà.

Federica De Candia. Seguici sempre su MMI e Metropolitan Cinema!