Le ricostruzioni e le dinamiche del raid americano che ha portato alla morte del leader dell’Isis Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurayshi
Il raid guidato dai soldati americani ha portato alla morte del capo dell’isis
Il raid è avvenuto nella notte, cinquanta soldati americani hanno circondato un anonimo edificio popolare a nord della Siria. Adesso al Pentagono si parla di un’operazione molto complessa e con l’emersione dei dettagli, il raid che ha portato alla morte del leader dell’Isis Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurayshi, è stato davvero difficile.
Il commando ha portato a termine l’operazione in due ore. L’ultima volta che era stata condotta un’operazione di questo livello era nel 2011, sotto la presidenza di Barack Obama. I marines americani avevano condotto il raid in Pakistan, dove individuarono il leader di al-Qaeda, Osama bin Laden.
Più di sette mesi per individuare il nascondiglio del capo dell’isis, a dicembre è arrivata la certezza
Al-Qurayshi viveva all’ultimo piano di una palazzina di tre piani a Atmeh, nord della Siria, a poca distanza dal confine con la Turchia. Conosciuto anche come ‘Hajji Abdullah’, il terrorista era sotto falso nome, anonimo inquilino assieme a famiglie che non c’entravano niente con l’organizzazione ma usate, a loro insaputa, come scudi umani. La sua era una famiglia di insospettabili e di poche parole.
Dopo aver saputo che nella palazzina vivevano molti civili, Biden aveva chiesto di evitare qualsiasi “danno collaterale” in termini di vite innocenti. Per questo aveva escluso l’opzione diretta ( radere al suolo l’edificio ) e autorizzato il raid sul posto da parte di un commando di super soldati.
A fine gennaio i vertici militari hanno avuto un primo via libera ma le condizioni di maltempo avevano fatto slittare l’inizio del blitz. Quello è stato il momento delicato, in cui c’era il rischio che tutto il piano potesse saltare. Attorno alla palazzina, mimetizzati tra altre famiglie, probabilmente c’erano guardie al servizio di Hajji, pronte a segnalare la presenza di sospetti.
L’esplosione, la sparatoria e la conferma
L’altra notte è stata decisiva. Cinquanta soldati delle forze speciali sono andati ad Atmeh a bordo di elicotteri, scortati da droni dell’Intelligence americana. Una volta circondato l’edificio, è stato intimato agli occupanti di uscire.
Poco dopo c’è stata una forte esplosione che ha semidistrutto l’edificio: veniva dal terzo piano, dove si trovava il leader dell’Isis che si è fatto saltare in aria, uccidendo anche la moglie e i due figli. Il vice di Abdullah, nascosto al secondo piano, ha sparato ai soldati americani, finendo ucciso assieme alla moglie e al figlio.
L’arrivo di militanti dell’Isis ha innescato un breve scontro a fuoco, in cui sono morti due terroristi. Il bilancio finale è stato di tredici vittime, tra cui sei bambini. Finita l’operazione, la squadra speciale ha compiuto quello che era l’atto definitivo: hanno prelevato Dna e impronte da ciò che restava dell’uomo del terzo piano. La risposta è stata positiva: era al-Qurayshi.
Biden, che ha seguito tutta l’operazione dalla Situation Room, ha potuto considerare raggiunto l’obiettivo e comunicarlo qualche ora più tardi al mondo.
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