Il De Vulgari Eloquentia di Dante Alighieri, un tratto sulla lingua volgare

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Di Sonia Faseli

Il De Vulgari Eloquentia di Dante Alighieri è un trattato di 19 capitoli scritto in latino tra il 1303 e il 1305. L’opera di Alighieri è rimasta però incompiuta, interrompendosi solo al XIV capitolo del II libro.

Lo scopo del De Vulgari Eloquentia di Dante

De Vulgari Eloquentia Dante photo credits wikipedia
Dante Alighieri

Dante Alighieri decide di scrivere il trattato De Vulgari Eloquentia, per affrontare una tematica molto sentita negli ambiti letterari del suo tempo. In quel periodo si stava facendo sempre più pressante l’utilizzo della lingua volgare come lingua letteraria, e quindi considerata colta. Dante decide quindi di sviscerare ogni aspetto della lingua volgare, ricostruendone le origini, e cercando di giungere ad una selezione della stessa lingua per definire quello che lui chiama “volgare illustre”, adatto ad essere usato in ambito letterario.
Una caratteristica fondamentale di questo trattato consiste nell’utilizzo della lingua latina. L’obiettivo di Dante era infatti quello di utilizzare una lingua colta, tipica degli ambienti letterari, dei dotti e dei trattati universitari.

I libri del De Vulgari Eloquentia

Il De Vulgaria Eloquentia si conclude con due libri. Il primo e caratterizzato da diciannove capitoli, nei quali Dante cerca di spiegare come il latino sia una lingua artificiale e inadatta all’uso quotidiano. Le lingue volgari mutano invece in base alla geografia e ai popoli che abitano i singoli territori. Quindi Dante procede dividendo la penisola in senso longitudinale, e cercando di analizzare i singoli dialetti volgari, per giungere a definire il cosiddetto “volgare illustre”. Alla fine di questa analisi, nessuno di questi è in grado di soddisfare i requisiti cercati da Dante per la sua nuova lingua. Secondo l’opinione di Dante il volgare deve presentare te caratteristiche principali: deve essere illustre, perché deve dare decoro a chi lo utilizza, cardinale perché rappresenta il cardine rispetto agli altri dialetti, e curiale, ovvero tanto nobile da poter essere usato nelle corti.
Nel secondo libro del De Vulgari Eloquentia Dante fa una sorta di excursus letterario per citare opere e autori che hanno espresso meglio i loro argomenti.

Sonia Faseli

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