Che Il Gladiatore sia ormai un cult della cinematografia è più che appurato. Il colossal, solenne tanto per i suoi tecnicismi cinematografici come regia e sceneggiatura, quanto per i temi trattati si presenta come uno dei film più iconici del nuovo millennio che torna alla ribalta in occasione dell’attesissimo sequel, in uscita il 14 novembre. Il sottogenere è il peplum (una commistione tra film d’azione e film storico), il regista è Ridley Scott, il protagonista è Russell Crowe, la frase simbolo è una, emblematica e concisa: “Al mio segnale, scatenate l’inferno!”.
Forse la colonna sonora, le interpretazioni degli attori, gli effetti speciali, sono gli elementi che hanno reso l’undicesimo film del regista britannico un tassello non poco rilevante della storia del cinema. Ambientata nell’antica Roma, la trama ripropone il tema della vendetta che da Shakespeare a Dumas colora le pagine della grande letteratura e che qui si presenta come il fattore scatenante della costruzione del protagonista, pronto a riportare in auge il proprio onore vendicandosi dell’imperatore che ne ha sancito la rovina. È facile, tuttavia, domandarsi se il racconto cinematografico possa avvalorarsi di un supporto storiografico che ne decreti l’accuratezza. La vicenda potrebbe avere corrispondenza con il reale? Dove finisce la storia e inizia la finzione cinematografica?
Il confine tra rappresentazione e accuratezza storica nel film cult Il Gladiatore
Per rispondere a queste domande legittimamente poste, è bene tenere a mente che, lungi da una narrazione documentaristica, il colossal risponde alle logiche di produzione cinematografica hollywoodiana. Via libera dunque a colpi di scena, movimenti di macchina avvincenti e trame minuziosamente composte dall’estro artistico degli sceneggiatori, fattore che per forza di cose rifugge ogni intento storico-documentaristico. È anche vero, d’altra parte, che ambientazioni, costumi, luoghi possono trarre in inganno e far presumere allo spettatore un intento di corrispondenza storica che possa quanto più avvicinare la pellicola alla storia. Ci sono tuttavia degli elementi che, se analizzati, aiutano a rendere meno labile il confine tra storia e rappresentazione.
Si pensi all’imperatore Commodo, interpretato da Joaquin Phoenix, che è stato effettivamente un imperatore romano descritto come incredibilmente crudele e autoritario. Tuttavia, è chiaro che le sue vicende personali utili agli sceneggiatori a designare un profilo del personaggio coerente con l’intreccio, siano romanzate o addirittura modificate. Ancora, il protagonista a cui Russell Crowe presta il volto e Luca Ward presta l’intensità vocale nella versione in lingua italiana, non è realmente esistito: neppure negli Annales più precisi vi è traccia di Massimo Decimo Meridio. E poi, i combattimenti. Quegli scontri intensi e drammatici che valsero al film il premio Oscar per i migliori effetti speciali -oltre che per miglior film, attore protagonista, sonoro e costumi- sono costruiti ad hoc per accrescere il coinvolgimento emotivo dello spettatore, non di certo per intrattenere lo spettatore con una lezione di storia antica romana.
Il Gladiatore: l’impatto culturale del colossal hollywoodiano
Se non l’aderenza ai fatti storici, dunque, cosa rende Il Gladiatore un film cult di cui dopo quasi venticinque anni, ancora ricordiamo le espressioni e riconosciamo la colonna sonora? Forse è uno di quei casi in cui la risposta è nella domanda. L’iconicità delle battute, la caratterizzazione dei personaggi, la solennità della musica di Hans Zimmer e Lisa Gerrard, le ambientazioni, sono tutti elementi che hanno reso Il Gladiatore una pellicola iconica, capace di dare nuova vita al genere storico e di dettare parametri tutti nuovi per il sottogenere peplum, fino a quel momento poco apprezzato dalle case di produzione hollywoodiane a causa degli alti costi di produzione e del limitato interesse mostrato dal pubblico.
Eppure, Il Gladiatore ha ribaltato le aspettative. Abbracciando tematiche calde e sempiterne come vendetta, onore, giustizia e tutte le dinamiche ad esse collegate, ha contribuito alla rinascita del genere. E poi, l’azione. La storia è avvincente: la lotta del protagonista per riacquisire la dignità lesa assume i contorni di un viaggio maestoso e solenne che, sullo sfondo di una Roma antica pullulante di mito e leggenda, conduce il protagonista verso il riscatto. E se anche l’accuratezza storica viene meno, a farne da degna sostituta accorre una buone dose di dramma che nel connubio con colpi di scena ed effetti speciali ha contribuito alla creazione di un vero e proprio cult.
Il Gladiatore 2: le aspettative legate al sequel del colossal
Ed è in questo clima di grande fermento per l’uscita del sequel del cult hollywoodiano che può rivelarsi utile accennare alle aspettative ad esso legate. Ancora diretto da Scott, la produzione della pellicola è stata annunciata nel 2021 mentre il regista portava a termine le riprese di Napoleon. Nel cast i volti noti di Paul Mescal e Pedro Pascal ad interpretare Lucio Vero e Marco Acacio. L’arco temporale si sposta in avanti di circa un ventennio ma i temi rimangono gli stessi, immortali: vendetta, onore, giustizia. Anche in questo caso dunque, non c’è da aspettarsi una aderenza al reale degna di un documentario storico: se l’intento del primo film era stupire, quello del secondo sarà superare o almeno cercare di equiparare il successo del primo. Nulla di utopico, date le ottime premesse che dal cast, alle scenografie potrebbero contribuire alla costruzione di un film degno di rilevanza.
Seppure dunque è evidente che l’accuratezza storica verrà meno dato che il cinema può e deve prendersi quelle libertà creative utili a plasmare la storia per renderla appetibile, Il Gladiatore 2 promette grandi sorprese. Ci sono, di fatti, tutti gli elementi che possono confermare le aspettative sul sequel in uscita nelle sale italiane giovedì 14 novembre. Forse non c’è da aspettarsi la costruzione di un nuovo cult ma di certo, si tratterà di una grande sfida per il regista chiamato a replicare l’impatto emotivo che il primo film ha avuto sul pubblico. E dunque, al netto di intenti documentaristici che vincolino al vero, quello del film Il Gladiatore rimane un affresco epico che è entrato negli Annales della cinematografia e l’uscita del secondo capitolo potrebbe presentarsi come un’occasione per omaggiare il primo e, in qualche modo, portare avanti un racconto destinato a perdurare nel tempo.
Ludovica Povia
Seguici su Google News