Dalla gioia per la promozione in Serie B, all’incubo della possibile retrocessione addirittura in Serie D. Quanti titoli simili si sono susseguiti in questi giorni e quanti anche come quello scelto per questo articolo. Eppure è il modo più semplice per affrontare questa incredibile situazione che il Lecco spera di trasformare in un film lieto fine. Insomma, quasi una commedia alla Ted Lasso sempre per restare in ambito calcistico e pur trattando temi parecchio diversi. Il fatto è che è proprio vero: i blucelesti in un colpo solo hanno messo in luce almeno tre lampanti problemi del calcio italiano, questioni che se non ci si impegnerà a risolvere porteranno il nostro calcio ad arretrare sempre di più e in modo ineluttabile.
Cosa sta succedendo al Lecco?
Partiamo dunque dal principio: il Lecco ha vinto la finale playoff di Serie C disputatasi tra il 13 e il 18 giugno superando il Foggia nel doppio confronto. Squadra e tifosi hanno giustamente dato il via ai festeggiamenti per l’approdo in Serie B, ma ancora non consideravano che ci sarebbe potuto essere più di qualche intoppo. Una delle date cardine infatti era quella del 21 giugno: entro la mezzanotte la società avrebbe dovuto presentare la domanda completa di iscrizione al campionato di Serie B, pena l’ovvia esclusione dal campionato. Ecco, qui sono iniziati i guai dei blucelesti, per usare un eufemismo.
Lo stadio dei blucelesti infatti non è a norma per la Serie B. Ci sono criticità circa la necessità di inserire nuovi tornelli, ampliare i posti e portarli a 5500, contro i 4995 di adesso. Poi bisognerebbe aggiustare e dare garanzie anche sulla viabilità che porta all’impianto. La società pertanto ha cominciato a muoversi per poter giocare altrove, ma ha ricevuto troppo tardi le disposizioni della prefettura e ora rischia seriamente di dover ripartire dalla Serie D. In C non potrebbe tornare, in linea teorica, perché i tempi per le domande di iscrizione sono scadute anche lì.
E’ normale avere solo tre giorni a disposizione? La società poteva muoversi prima?
Proprio da questa data emerge il primo problema fondamentale, ovvero il tempo. No, non è usuale avere a disposizione appena 3 giorni e infatti in origine i playoff di Serie C si sarebbero dovuti concludere entro l’11 giugno, come quelli di Serie B. In mezzo però c’è stato anche il deferimento del Siena e i processi che ne hanno ritardato l’inizio. La domanda che a chiunque è sorta spontanea è dunque: non si poteva quantomeno riadattare la data di scadenza in base alla nuova calendarizzazione? Assurdo o meno, a quanto pare non è venuto in mente a nessuno.
Arriviamo poi al secondo punto, la società si sarebbe potuta muovere prima? Il discorso qui non può prendere la piega del giusto o dello sbagliato. Di fatto sì, la società avrebbe potuto muoversi prima, ma economicamente riadattare lo stadio forse sarebbe stata una spesa troppo grande da affrontare senza avere a disposizione i soldi della promozione. Solo per quanto riguarda i diritti televisivi, le squadre del campionato cadetto guadagnano in media tra i 5 e gli 8 milioni a stagione, contro i 400mila della Serie C. Di conseguenza era davvero difficile muoversi prima con i lavori sull’impianto. Se ne poteva cercare uno nuovo? Qui molto dipende dalla volontà di un’altra città, società e stadio di ospitarti eventualmente, oltre alle difficoltà che i tifosi dovrebbero affrontare in quello che diventerebbe un campionato di sole trasferte.
Il Lecco è l’ultimo caso, ma quanti impianti sono ‘obsoleti’?
Sulla questione stadi in Italia si potrebbe parlare piuttosto a lungo e con certezza uscirebbero fuori molti più dati negativi rispetto a quelli positivi. Impianti da ristrutturare o non completamente a norma per varie ragioni: il Cagliari ad esempio ha dovuto chiedere una deroga per avere il tempo di riadattare la Unipol Domus per la Serie A per quanto riguarda i posti a sedere. Mettiamoci poi in mezzo, ancora una volta, la burocrazia. Costruire uno stadio di proprietà è sinonimo di progresso, ma l’impresa è trovare gli accordi con comuni e regioni rispettive che si passano continua la palla senza concludere in rete. Se la realtà è questa nella massima serie, si immagini cosa può accadere nelle serie minori.
Prendere a modello la Premier League sarebbe tanto bello quanto utopistico. Tra le neopromosse quest’anno c’è il Luton che è noto per avere lo stadio più particolare di tutti, con il tunnel di accesso al campo che è costruito tra due case. La società sarà costretta inevitabilmente a fare dei lavori per sistemare soprattutto le questioni relative alla sicurezza, ma avrà a disposizione circa 195 milioni di euro nell’arco dei prossimi tre anni, dovuti ai diritti TV e partecipazione alla Premier, oltre all’eventuale paracadute. Qualora invece dovesse salvarsi, come riporta Sky Sport, la somma ammonterebbe a 330 milioni di euro. Tutta un’altra storia.
Avere 100 squadre professionistiche è sostenibile?
L’ultimo interrogativo, che emerge in modo dirompente, riguarda il professionismo e le squadre che ne fanno parte. Se tutto sommato l’Italia appare abbastanza in linea con altri paesi in Europa, è un dato di fatto che negli ultimi anni si siano susseguiti disastri economici di grande importanza. Certo, l’epoca Covid ha probabilmente dato una gran botta a chiunque e anche le squadre di calcio ne hanno risentito. Tuttavia, la Serie C è da anni che presenta almeno una squadra in difficoltà dal punto di vista economico e che talvolta addirittura è costretta a dichiarare il fallimento.
Nel 2022 Archistadia aveva stilato un report in cui aveva conteggiato il numero di squadre fallite dal 2000 al 2022 appunto. Ebbene, erano circa 180 e l’ultima stagione che si era conclusa senza registrare nemmeno un fallimento risale ormai al 1999/2000. Una riforma in tal senso andrebbe fatta anche perché si sono susseguiti campionati falsati con punti che sono stati tolti in corsa, poi magari riassegnati e ritolti, caso Juventus docet. Di questo però non ci si dovrà più preoccupare in quanto la giustizia sportiva dalle prossime stagioni dovrebbe intervenire solo alla conclusione delle stesse.
Che speranze ha il Lecco?
Nei prossimi giorni sapremo come andrà a concludersi questa assurda storia che rischia di estromettere il Lecco dal calcio professionistico, pur essendosi guadagnato il posto regolarmente in campo. Il buon senso enuncerebbe la necessità di fornire una deroga e un tempo supplementare per provare a sistemare la situazione in modo pacifico. Anche perché così ci rimettiamo tutti quanti e il calcio nostrano rischia di diventare uno scherzo che non appare poi così divertente. Anzi per nulla.
Maria Laura Scifo
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