Il “pesce d’aprile” che fermò una semifinale di Champions League

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

1 aprile: festa di scherzi, sistoli, insulti e sospiri e, se tutto fila, di sani ricordi. Una celebrazione eurocentrica in cui tutti sorridono tranne la Spagna, non per mancanza di spirito ma solo per scelta di calendario: gli scherzi si fanno il 28 dicembre, è il giorno della “Inocentada”. Innocenti, però, non sono quegli spagnoli che l’1 aprile 1998 invertono la tendenza. Si divertono, però non scherzano. Dilaniano le reti del Santiago Bernabeu in quel “Pesce d’aprile” non voluto, che quasi costa la Champions League al Real Madrid.

Real Madrid-Borussia Dortmund 1998, tutto fuorché un pesce d’aprile

Nel 1997/98 l’allenatore Jupp Heynckes siede sulla panchina scomoda del Real Madrid, offeso dal rifiuto dell’altro tedesco Ottmar Hitzfeld, campione d’Europa con il Dortmund e ora al Bayern Monaco. Il campionato arranca ma la tradizione in Champions League si onora, si arriva in semifinale, proprio contro il BVB alla sommità dell’onda che lo schianterà in bancarotta sei anni dopo.
La prassi è la solita delle grandi occasioni, stadio pieno e fischio d’inizio alle ore 20.40. Non questa volta.
L’arbitro olandese Van Der Ende si avvicina al centro del campo ma non si può iniziare, la porta del Real Madrid è divelta così come la rete della tribuna, strappata dagli “Ultras Sur”. Soliti fomentatori che nel 2013 verranno ricollocati ed esautorati da Florentino Perez, mandante di pedinamenti ai loro danni pure nella vita privata.
Quella sera però il loro danno è grande come l’impreparazione del Real Madrid, non si trova la porta di riserva che l’UEFA predispone da regolamento. E in questo momento provvede Agustín Herrerín, delegato di campo blanco, storico, adorato da ogni tifoso o giocatore che tifi per quell’illibata camiseta.

Marcelo e Sergio Ramos rendono omaggio ad Agustín Herrerín nel 2018. Crediti foto: realmadrid.com

Il direttore di gara concede 30 minuti di tempo, sufficienti per andata e ritorno dalla Ciudad Deportiva a 2 chilometri dallo stadio. Herrerín sale sulla moto e poi due poliziotti lo scortano e quindi arriva al campo e: trova il cancello chiuso. Il tempo scorre, il 3-0 incombe ma due rudi salvatori assistono il Madrid: tal baffone Candido Gomez e il nipote Juan Manuel, camionisti in dote del momento giusto e del mezzo perfetto per sfondare l’entrata.
Problema risolto, il primo. Ora tocca al secondo: il trasloco. 10 uomini e svariati minuti più tardi si arriva allo stadio, i pali sfilano a pelo nel tunnel d’entrata e infine, e finalmente, si piazza la porta.
Terzo intoppo: sono le 22.01 e la porta è più alta di 1 cm. Poco importa, a compensare questa grandezza ci penserà quella del Real Madrid, sia in campo sia in tribunale. La partita finisce 2-0 merengues (Morientes più Karembeu); le sanzioni si limitano a 100 milioni di pesetas, circa 700.000 euro, e una partita lontano dal Bernabeu nell’edizione successiva (sarà una vittoria giocata a Siviglia contro l’Inter di Ronaldo).
Il Real alla fine solleverà quella Champions League contro la Juventus dopo 32 anni e, per riconoscenza, caccerà Heynckes visto il 4° posto in campionato. Ma grazie a quel giorno, e non solo per quello, Augustin Herrerin rimarrà un pilastro del Bernabeu che cadrà solamente a 86 anni, nel 2019. In anticipo di pochi mesi sulla ristrutturazione dello stadio, quello che è del Real Madrid e che sarà, sempre, anche il suo.

Seguici su Metropolitan Magazine