“I fondatori […] ebbero per principal scopo […] di romper guerra alle gonfiezze del secolo, e ritornare la poesia italiana per mezzo della pastorale alle pure e belle sue forme”. Qualcosa non torna? Sto semplicemente citando il programma dell’Accademia dell’Arcadia, un movimento letterario che si diffonde in Italia nel Settecento. Volendo rispondere al “cattivo gusto” del Barocco, l’Arcadia era figlia del proprio tempo, che si può comprendere a pieno se letta alla luce del contesto in cui si situa. Cosa c’entra con il fenomeno dell’Instapoetry? Apparentemente niente, in realtà tutto, proprio per quello che abbiamo appena detto; un paragone forse ardito ma che ricorda una delle caratteristiche principali della letteratura o della poesia: evolversi e adeguarsi ai tempi per poter ancora sopravvivere.
Di cosa parliamo quando parliamo di Instapoetry?
Banalmente, della crasi tra le parole Instagram (dal nome della popolare applicazione) e poetry (“poesia”), in un neologismo che indica chi pubblica i propri componimenti poetici sui social, in particolare su quello sopracitato. Sono post in versi, vicini più per esigenza che per ispirazione poetica, ai giapponesi haiku. Simili a stralci di diario in cui i lettori possono rispecchiarsi. Così un genere considerato elitario come quello poetico si fa social e quindi, per definizione popolare. Tutti possono leggere poesie e produrre Instapoetry: basta avere un cellulare. La poesia diventa inclusiva e accessibile e cambia completamente volto rispetto al passatempo dei nobili annoiati o al lavoro di artisti maledetti.
E assume quello di uno sfogo: gli instapoets si appropriano di un piccolo spazio per poter condividere le proprie sensazioni su molti argomenti. Si va dal potente amore alla più delicata violenza, passando per la perdita, l’assenza e l’empowerment.
Da dove nascono le caratteristiche dell’Instapoety?
Come si diceva all’inizio, dal contesto e dalla domanda degli utenti, cui il connubio tra social e poesia non potrebbe rispondere meglio. Scrivere poesia permette di sfogare il perenne bisogno di comunicare dell’uomo, leggerla di sentirsi compreso. Esperendo Instapoetry scopriamo che ovunque, ma anche laddove l’imperativo è mostrare solo ciò che è invidiabile, c’è chi è come noi. Chi sente e si sente come noi. Forma prediletta è quella breve, del web, che permette a un’utenza con una soglia di attenzione sempre più bassa di fruire qualcosa da cui non distrarsi.
Ed ecco un vero e proprio rinascimento poetico, con la poesia che viene diffusa di nuovo. Per giunta da quella stessa generazione digitale che ha fatto lamentare gli editori di disamore verso i libri. Coi social a far da cassa di risonanza, infatti, ecco che nel 2018 la poesia ha visto aumentare le proprie vendite del 13% solo in Gran Bretagna. Ma, se l’instapoetry è un vantaggio per tutti, perché è guardato con tanto sospetto?
Perché l’Instapoetry è tanto controverso?
“Perché non è vera poesia” potrebbero rispondere i puristi. “Perché producono contenuti commerciali” potrebbero invece commentare altri. A smontare la logica dei primi ci pensano gli editori, che pubblicano instapoets di successo che magari in passato sarebbero stati ignorati solo perché investire su un autore con una buona base di utenza non è un azzardo. Allora o quella che si pubblica non è vera poesia o lo è sempre stata. Per quanto riguarda i contenuti commerciali è bene dire che gli instapoets, se non in qualche raro caso, non si vendono come i nuovi Shakespeare. E che l’ingiusto meccanismo dei social è: tanti seguaci uguale tanto successo. C’è chi ha magari messo la propria voglia di comunicare qualcosa al servizio di questo ragionamento, convertendosi in nome della notorietà. In tal caso, si può parlare ancora di poesia? Forse di altro, ma di poesia, nel senso di slancio o sfogo interiore, no.
Riconoscere chi pubblica in maniera fredda, solo per avere qualcosa da mostrare alla propria utenza, e chi invece è spinto da attenzione e passione però è molto semplice. E l’Instapoetry, quella sana e vera, è fatta solo di questi ultimi.
Qualche instapoet da seguire
Di nomi noti ce ne sono, ma questo non è il luogo per trovarli. Piuttosto si apra Instagram e si faccia una ricerca per hashtag, leggendo dal “più recente” invece che dal “più popolare”. Fuori dal coro i sono voci e talenti che meritano di essere ascoltati.
Sara Rossi