Domenica un tribunale iraniano ha condannato le giornaliste Niloofar Hamedi ed Elaheh Mohammadi, le giornaliste che avevano raccontato il caso di Mahsa Amini. Erano state accusate di propaganda contro lo Stato e cospirazione contro la sicurezza nazionale, rischiando, con processi a porte chiuse, la pena capitale. Oggi, la notizia della sentenza con una condanna rispettivamente a 13 e 12 anni di carcere per giornaliste iraniane Niloofar Hamedi e Elaheh Mohammadi. 

Confermando quindi l’accusa di aver collaborato con gli Stati Uniti sul caso di Mahsa Amini l’agenzia di stampa Irna ha citato la sentenza emessa da un Tribunale della rivoluzione iraniana. Nella nota si legge come le due reporter abbiano “ricevuto rispettivamente sette e sei anni ciascuna per aver collaborato con il governo ostile degli Stati Uniti. Poi cinque anni ciascuna per aver agito contro la sicurezza nazionale e ciascuna un  anno di prigione per propaganda contro il sistema”.

Niloofar Hamedi è stata arrestata dopo aver scattato una toccante foto ai genitori di Mahsa Amini, ritraendoli abbracciati in un ospedale di Teheran dove la loro figlia giaceva in coma. Il processo a carico della giovane cronista, che quest’anno la rivista Time ha nominato tra le 100 persone più influenti al mondo, era iniziato il giorno dopo l’avvio di un analogo procedimento contro un’altra giornalista, la 36enne Elaheh Mohammadi del quotidiano Ham Miham, arrestata dopo  aver seguito il funerale di Amini nella sua città natale curda, Saqez, dove sono iniziate le proteste. 

Condannate le giornaliste che seguirono caso morte Mahsa Amini

Mohammadi seguì il funerale della 22enne, dove cominciarono a essere bruciati i primi veli, un gesto di protesta che poi scatenò un movimento che scosse il Paese per mesi.

Martedì la magistratura iraniana ha anche condannato l’avvocato di Mahsa Amini a un anno di carcere per “propaganda” contro lo Stato dopo aver “parlato con i media stranieri e locali del caso”, lo ha reso noto la sua difesa. La morte di Amini ha scatenato forti proteste, scomparse solo dopo una repressione che ha causato 500 morti, l’arresto di almeno 22.000 persone (decine di giornalisti) e culminata con l’esecuzione di sette manifestanti, uno dei quali in pubblico.

Il primo anniversario della morte di Amini è stato commemorato il 16 settembre in un clima di pesante repressione e un massiccio dispiegamento di forze di sicurezza. Negli ultimi mesi il governo iraniano ha cercato di reimporre l’uso del velo, con la presenza di pattuglie per le strade e l’approvazione di una legge che inasprisce le pene per chi non si copre i capelli.