Italia-Cuba andrà in onda su Rai Sport martedì 19 maggio 2020 alle 21:40. La finalissima del Mondiale di pallavolo maschile del 1990 sarà trasmessa per far rivivere ai fan del volley le emozioni del primo mondiale azzurro.

Il Mondiale 1990 – L’alba dei fenomeni

È stato il nostro primo titolo mondiale, ma non solo. È stato l’inizio di un’epopea di vittorie e trofei che, per tutti gli anni ’90, hanno portato l’Italia sulle vette più alte del mondo.
La pallavolo di Julio Velasco e della sua Generazione di fenomeni è partita da questo torneo. Da quel sestetto passato alla storia, assemblato maniacalmente dentro una rosa che ha sempre risposto presente nei momenti di necessità.
Velasco aveva scelto per la Nazionale tre pilastri del suo precedente club: della Panini Modena erano stati convocati i due schiacciatori Bernardi e Cantagalli, oltre al super centrale Lucchetta. Aggiungiamo Andrea Gardini a chiudere la diagonale e la coppia palleggiatore opposto Tofoli Zorzi per avere di fronte i primi artefici dei nostri successi pallavolistici. Anastasi, Bracci, De Giorgi, Giani, Martinelli e Masciarelli completavano un gruppo che garantiva la quadratura della formazione per ogni evenienza.

Già affrontata durante il girone eliminatorio, l’Italia non può che riscattare la sconfitta subita contro Cuba. Era stata una partita giocata male, dalla quale i nostri erano usciti con le ossa rotte per la loro supremazia fisica – nuovamente alla finestra.

Andrea Lucchetta schiaccia. Italia-Cuba 1990 – Photo Credits: Gazzetta.it

In onda su Rai Sport Italia-Cuba: la partita

Ma stava per iniziare un’altra storia, anch’essa con un inizio in salita.
Il primo set della finale infatti non è stato molto diverso dai precedenti tre della fase eliminatoria. Un set in cui il sestetto di Velasco è stato in balia della forza fisica di Cuba, messo sotto pressione da una battuta potentissima alla quale non riuscivamo a rispondere. A farne le spese è stato Cantagalli, che lascia a Bracci il peso della ricezione per resto del set, concluso 15-12 per i cubani.
Nel secondo parziale cambia tutto, a partire dall’atteggiamento dei nostri.
Da qui in poi la linea di ricezione ingrana coralmente e Tofoli fa sempre la scelta giusta.
I nostri attaccanti sono tra i più efficaci, hanno percentuali di riuscita altissime, tra i quali spicca Zorzi. Il nostro opposto supererà i 40 punti a referto, una vera spina nel fianco per gli avversari – più del pari ruolo cubano Despaigne.

Il gioco: un po’ di differenze

Rispetto a quello attuale, il gioco del 1990 era diverso. L’altezza e la velocità delle alzate era maggiore e la costruzione potrebbe sembrare più macchinosa.
La riuscita di una traiettoria alta è sempre stata altalenante e, per quanto precisa, avrebbe potuto compromettere la costruzione di gioco.

L’appoggio preciso ma più basso velocizza i tempi di gioco, restringendo di tanto i tempi di costruzione. Questo avrebbe potuto creare difficoltà ai centrali, ma se i tuoi arrivano in cielo e attaccano a piacimento, non se ne può che trarre vantaggio. Era il 1990 e l’Italia inizia ad entrare in una nuova ottica di gioco.
I centrali continuano ad essere una pedina fondamentale per quel tipo di gioco: sempre in movimento per tutta la lunghezza della rete, non danno mai punti di riferimento. In attaccano variano spesso a seconda del giro e i palloni lontani dal palleggiatore sono frequenti quanto i primi tempi. Non solo, la fase di difesa si basa su di loro: la disposizione a muro è studiata pensando agli avversari in prima linea. Sono numerosissimi gli scambi a muro dove Lucchetta mura esternamente per concedere meno parallela, o dove Gardini diventa l’ultimo di muro in posto 2.

È proprio nella fase di muro-difesa che abbiamo vinto il nostro primo mondiale. Due squadre efficientissime in tutti i fondamentali, che si equivalgono in forza e soggetti, ma che differiscono in una fase. Nonostante avessero anche una buona ricezione, gli azzurri hanno dimostrato di reggere la fase di difesa ancora meglio.
Con una disposizione omogenea ad occupare tutta l’area del campo e con competenze precise e ben preparate, il sestetto di Velasco è sempre stato in grado di rigiocare qualsiasi pallone.

L’unità di intenti e la fame di vincere ha fatto il resto, facendoci salire per la prima volta sul tetto del mondo.

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