Italia: l’aumento dei prezzi del grano non è dovuto alla guerra in Ucraina

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Di Redazione Metropolitan

L’aumento del prezzo del grano e di conseguenza del pane e della pasta non è legato alla guerra: poiché l’Italia ne compra una quantità marginale dal Paese invaso dalla Russia. Diverso il discorso per il foraggio, il cui aumento di prezzo comincia a pesare sul costo della carne.

Dall’Ucraina all’Italia: cosa arriva

Dall’Ucraina in Italia arriva in realtà appena il 2,7% delle importazioni di grano tenero per la panificazione per un totale di 122 milioni di chili. Dunque la crisi dell’aumento dei prezzi non è dovuta alla guerra. Tuttavia dall’Ucraina arriva anche il 15% delle importazioni di mais destinato all’alimentazione degli animali per un totale di 785 milioni di chili. Ed è questo a pesare al nostro Paese. È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti su dati Istat relativi al 2021.
L’Ucraina annuncia nel frattempo un programma per assicurarsi almeno il 70% dei raccolti di grano rispetto al 2021, nonostante la guerra. Si tratta di una riduzione significativa considerando anche il fatto che molti Paesi stanno adottato misure protezionistiche. L’Ucraina, insieme alla Russia, controlla circa il 29% delle esportazioni mondiali di grano tenero, il 19% del commercio del mais destinato all’alimentazione degli animali negli allevamenti e circa l’80% dell’olio di girasole.

Una speculazione sulla fame

A preoccupare sono le speculazioni che, spiega la Coldiretti, si spostano dai mercati finanziari in difficoltà ai metalli preziosi fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei “future” uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto.
Una speculazione sulla fame che potrebbe spingere più di 40 milioni di persone in tutto il mondo ad una “povertà estrema”.
La situazione preoccupa anche l’Italia che è ha carenze produttive. Produce appena il 36% del grano tenero che le serve, il 53% del mais, il 51% della carne bovina, il 56% del grano duro per la pasta, il 73% dell’orzo, il 63% della carne di maiale e i salumi, il 49% della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all’84% di autoapprovvigionamento.
Obiettivo sarebbe dunque quello di migliorare la sicurezza alimentare del Paese, riducendo la nostra dipendenza dalle importazioni. Si è espresso in proposito il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini. “Siamo pronti a coltivare da quest’anno un milione di ettari aggiuntivi di terreno per produrre 7,5 miliardi di chili in più di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione sulla base di contratti di filiera al giusto prezzo necessari per ridurre la dipendenza dall’estero”.

Le esportazioni nel mondo

L’Egitto è tra i Paesi più colpiti. Per la prima volta da quando è entrato in carica, il presidente Abdel Fattah al-Sisi ha ordinato un tetto ai prezzi del pane, dopo che il costo dell’alimento base egiziano è aumentato anche del 50%. Kiev ha lanciato un programma di sostegno all’agricoltura per assicurarsi almeno il 70% de quasi tre quarti della produzione di grano per l’anno in corso. 
Le esportazioni di grano dall’Ucraina in Ue sono state pari a 5,4 miliardi di euro nel 2020.
Tuttavia la Fao ha avvertito che la crisi tra Russia e Ucraina ha solo accelerato un processo di crisi del prezzo già cominciato dallo scoppio della pandemia da Covid-19.

Beatrice D’Uffizi

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