Cinema

“Kill me if you can”, Alex Infascelli racconta Raffaele Minichiello

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Candidato ai prossimi David di Donatello nella categoria miglior documentario, dopo l’anteprima alla Festa del Cinema di Roma, “Kill me if you can” di Alex Infascelli, porta al cinema l’incredibile vicenda di Raffaele Minichiello, colui che avrebbe ispirato il personaggio iconico di Rambo. Minichiello è passato alla storia come il primo dirottatore di un volo intercontinentale, nello specifico un Boeing 707 della Twa diretto da Los Angeles a San Francisco. Il dirottamento avvenne il 31 Ottobre 1969 quando Minichello aveva appena vent’anni.

Il titolo che sembra fare il verso a “Catch me if you can” di Steven Spielberg, con un giovane Leonardo Di Caprio che si fingeva pilota, in realtà riporta la frase che Raffaele chiamato Ralph, aveva sul suo elmetto in Vietnam. Il film è anche una storia di guerra, la guerra combattuta da tanti giovani per gli USA, che li ha abbandonati ai loro destini incerti di reduci. Nel caso di Raffaele non aveva il passaporto per tornare in Italia e non era stato risarcito dall’esercito. Da questa situazione di delusione e impotenza matura l’idea folle del dirottamento. Non ho nulla da perdere, dirà dalla cabina di comando ai suoi ostaggi.

Kill me if you can, una storia italo-americana

Raffaele Minichiello in una scena del film Kill me if you can di Alex Infascelli.
Raffaele Minichiello, protagonista del documentario “Kill me if you can” di Alex Infascelli

Dopo Emilio d’Alessandro, protagonista del documentario “S is for Stanley”, Alex Infascelli che ha vissuto molto in America, decide di tornare su un personaggio italo-americano. Emigrato da Irpinia a Seattle nel 1962, Raffaele entra nel corpo dei Marines a 17 anni. Il suo volto pulito dallo sguardo fermo scorre insieme a quelli di tanti altri giovani in divisa, incasellati in un album fotografico dell’epoca.

Sulla linea narrativa che segue cronologicamente le tappe del dirottamento di 19 ore (New York, Denver, Dublino, Roma Fiumicino), sono inseriti spezzoni autobiografici sostenuti da materiale d’archivio, oggetti di memoria personale e dalla voce distaccata e sottile del protagonista. La voce di un uomo che sembra aver vissuto più vite. La bandiera americana, la bibbia, la polvere da sparo, sono correlativi oggettivi della personalità ritratta da Infascelli, da cui è profondamente affascinato. Regia, fotografia e montaggio si adagiano alla perfezione sui contorni di questa figura esile di reduce della vita.

Diverse anche le testimonianze legate alla vicenda di cronaca come quella di un’hostess o alla sfera affettiva di Minichiello, primo fra tutti il figlio, che ha dovuto metabolizzare la figura mitica del padre definito un eroe nazionale. L’impresa di Minichiello finisce in carcere, sceso dall’aereo tentò invano di fuggire. Venne arrestato con l’accusa di possesso illecito di arma da guerra. Sconterà di 18 mesi nel carcere di Regina Coeli.

Uscito di prigione nel 1971, Raffaele Minichiello inizia una nuova fase della sua vita in Italia. Apre un bar in Corso Francia a Roma, gestisce un distributore di benzina ed è il primo venditore di skateboard nella capitale. Per uno di quei casi strani del destino, in un’intervista il regista ha rivelato di aver scoperto che è stato lo stesso Minichiello a vendergli il suo primo skateboard. Oggi vive a Seattle dove lavora come magazziniere.

Eleonora Ceccarelli

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