Al momento la variante Omicron, identificata per la prima volta in Sudafrica, sembra essere la variante più diffusa in Italia e in Europa. La rapida propagazione di Omicron è dovuta alla sua maggiore trasmissibilità rispetto alle altre mutazioni del virus, come la recente variante Delta. Ciò che rassicura esperti e cittadini, è l’alto numero di vaccinazioni raggiunte a oggi, oltre alla limitata pericolosità della variante in sé. Come dichiarato da virologi dell’ospedale San Raffaele di Milano, Omicron colpisce prevalentemente le vie aeree superiori, come naso e faringe, risparmiando in parte i bronchi e i polmoni, dove si generano le patologie più gravi.
Omicron: i rischi di una quarantena breve
Sebbene le infezioni da Omicron producano meno ricoveri, Mike Ryan, il direttore esecutivo del programma Emergenze sanitarie dell’OMS, mette in guardia i Paesi sui rischi di un’eventuale riduzione della quarantena, con particolare riferimento alle norme previste per quelle persone che sono state in contatto con dei positivi. I primi a ridurre il periodo di isolamento sono gli Stati Uniti, seguiti dal Regno Unito, ma pressoché ovunque si cerca di snellire i periodi di quarantena, soprattutto per paura di ripercussioni economiche negative. Tuttavia, secondo un recente studio pubblicato dall’Università di Exeter, una persona su tre dei positivi a Omicron, sarebbe ancora infettiva dopo 5 giorni dal contagio. Dunque la linea di riduzione temporale che i governi di molti paesi vorrebbero adottare, potrebbe risultare controproducente, e ancora una volta, sembra che nella gestione della pandemia, gran parte dei risultati debba essere raggiunto tramite il buon senso individuale.
Michela Foglia
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