L’ultima volta che l’avevamo visto sul palco, ci aveva lasciati con “Cattiva” suonata in anteprima e qualche indizio ma nulla di preciso che potesse farci intuire quando sarebbe accaduto: e così, prima di quanto potessimo immaginare, Diego Naska è tornato con un nuovo album, “La mia stanza“, uscito non appena scoccata la mezzanotte del 5 maggio. Per il cantautore marchigiano, si tratta del secondo disco dopo l’esordio, avvenuto un anno fa, con la pubblicazione di “Rebel“.

“La mia stanza”: è il passepartout per il mondo intimo di Naska

Nella mia stanza faccio cose pericolose“, questa è la strofa con cui inizia “A testa in giù”, il brano rockabilly che inaugura la nuova tracklist. Al tempo stesso, però, non si limita a essere solamente ciò: dal verso citato è possibile estrapolare immediatamente il titolo di quest’ultima fatica e se vogliamo, anche il senso stesso dell’album. Durante i giorni che ne hanno preceduto l’uscita, tramite social, il giovane Caterbetti ha sponsorizzato il suo lavoro, spiegandone il nome: la scelta è ricaduta su “La mia stanza” perché è proprio quello il posto in cui la sua vita si realizza, laddove Diego e Naska si incontrano, uniscono, scontrano e infine, separano all’interno della quotidianità.

A testa in giù“, dunque, spalanca la porta della camera da letto del cantante, si fa passepartout per il suo mondo e ne mostra le varie ambivalenze. Ciò che con “Rebel” aveva lasciato intravedere con cautela, adesso è tranquillamente sfoderato: palesemente, questo disco è un concentrato di autobiografismo che a volte sfocia in “egocentrismo”, articolandosi in dieci tracce, i cui testi raccontano l’inadeguatezza alla vita provinciale, la ricerca del proprio sé, i malesseri tipicamente adolescenziali che spesso si protraggono anche quando si è ormai adulti, gli eccessi, le contraddizioni e le dichiarazioni d’amore, non solo per la propria relazione ma anche e soprattutto per il proprio padre, come in “Waldo“, brano di chiusura. La narrazione ibridizza, dunque, un’intimità che a tratti si fa scomoda poiché esplora quegli angoli più segreti e profondi, con quel fancazzismo buono e tipico del pop punk, che rende tutto assolutamente giusto, non fastidioso e leggero.

Il nuovo album di Naska è la colonna sonora perfetta per un American Pie dei giorni nostri

Come anticipato, la leggerezza suscitata da quel fancazzismo è la vera svolta dell’album: il sound evidenzia la grande crescita maturata in Diego Naska che dimostra di saper fare il pop punk e di saperlo fare molto bene. Le melodie tendono a cambiare drasticamente tra un brano e l’altro ma mantenendo sempre una spiccata coerenza stilistica.

Nel 1999, nelle sale cinematografiche usciva il primo film della saga di “American Pie“, la cui colonna sonora è, a più riprese, movimentata da band portavoce del genere, quali i Blink-182, i Sum 41, i Green Day, gli American HI-FI e molti altri, coincidenti con gli stessi gruppi che hanno plasmato i suoni di Naska. Durante gli anni ’90, i Millennials erano continuamente bombardati da quel connubio composto da pop punk e commedia americana ambientata tra college e serate devastanti, che risultava perfetto e inscindibile dando così spazio a uno scenario incasinato, divertente e arrapato, rintracciato nello stesso immaginario che sembra alimentare “La mia stanza”, professandosi così la colonna sonora ideale per un “American Pie” della Gen Z nostrana.

Articolo di Valentina Galante

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