“Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima”, recita la poesia, che in tantissimi in questi giorni stanno condividendo proprio per urlare la propria rabbia per l’ennesima donna uccisa da un uomo. A condividere questi versi dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, in un post su Instagram, anche la Polizia di Stato. Quello apparso alcuni giorni fa sull’account ufficiale della Polizia, è appunto un post in cui si leggono questi versi, accompagnato da questa didascalia. “’Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima’. Questi i versi di una toccante poesia del 2011 di Cristina Torres Caceres che ci ricordano, oggi più che mai, l’importanza di essere uniti nel combattere la violenza sulle donne. Ricordate, se #questononèamore non siete sole. Insieme per l’eliminazione della violenza di genere”, scrivono su Instagram chiudendo con l’hashtag #essercisempre.
Ma l’effetto del post non è stato sicuramente quello che chi ha pubblicato quei versi diventati virali si aspettava di suscitare: sono tantissimi infatti i commenti di quanti – soprattutto donne – hanno commentato raccontando quanto in realtà sia difficile denunciare ciò che si subisce, e anche solo essere credute.
“Torna quando ti avranno stuprata. Così mi avete detto quando sono venuta a denunciare”, scrive Irene. “Signorina, ma è normale litigare”, è la risposta che ha ricevuto Valentina. “È riuscito a violentarti? No, allora non possiamo farci niente”, è quello che invece si è sentita dire Simona.
Questi sono solo tre dei commenti, tra i più brevi, che si possono leggere sul profilo Instagram della Polizia di Stato. Gli altri sono più di 5mila e compongono un disturbante mosaico di indifferenza al tema della violenza di genere.
Si trovano sotto a un post del corpo di polizia che condivide le parole dell’attivista peruviana Cristina Torres Caceres. I suoi versi – “Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima” – sono diventati in questi giorni il manifesto di milioni di donne. “Non siete sole”, scrive la polizia in calce al post, pensando di mostrare loro vicinanza o quantomeno attenzione.
L’effetto che però il messaggio ha prodotto sulla platea web femminile è stato l’opposto. “Una grande operazione di pinkwashing”, così l’hanno definita le migliaia di donne che hanno commentato il post, smascherando l’indolenza – a essere buoni – che gli agenti di polizia italiani hanno mostrato negli anni di fronte alle loro richieste d’aiuto. Un j’accuse che, oltre a rendere l’idea di quante siano le donne vittime di violenza, evidenzia uno dei grandi temi di arretratezza del Paese: la scarsa formazione di polizia, carabinieri, magistrati e operatori giudiziari nell’affrontare il fenomeno. Scrive @cometarossa2012: “Come quando vi ho chiamati perché il mio fidanzato (ormai ex) mi stava prendendo a calci e stava tentando di soffocarmi in macchina, siete venuti e non avete fatto niente, avete creduto alle sue parole da bravo manipolatore e ve ne siete andati lasciandomi sola con il mio carnefice”. Oppure @valentinaleporati: “Da voi mi è stato detto ‘Signorina è normale litigare’. Non era normale e era davanti ai vostri occhi’”. @cimdrp: “Torna quando ti avranno stuprata” mi avete detto quando sono venuta a denunciare le minacce di stupro. Con quale coraggio questo post”.
“Ho cercato di sporgere denuncia quando il mio numero era stato diffuso (chiaramente non da me) su una chat erotica e ricevevo messaggi e telefonate volgari svariate volte al giorno e prima avete fatto intendere che forse sulla chat ci ero andata io e non volevo raccontarvelo e poi mi avete detto che non potevate fare niente e che al limite ‘se proprio mi dava fastidio’ potevo cambiare numero. Succedeva 10 anni fa e penso che le cose ora siano solo che peggiorate” denuncia una lettrice. Ma non è la sola.
“Quando sono stata trascinata in un parcheggio di forza e sono venuta a denunciare mi avete apostrofato come ‘quella a cui hanno dato un boffetto sul sedere’. Mi avevano trascinato di peso in un parcheggio. Mi avete chiesto com’ero vestita. Avete tentato di dare la colpa a un centro sociale poco distante per avere una scusa per chiuderlo. Siete il motivo per cui quando sono stata stuprata non sono andata a denunciare” osserva una presunta vittima di violenza.
Un’altra donna racconta di essere stata inseguita nel cuore nella notte da uno sconosciuto, di aver chiamato la polizia che non è intervenuta perché “non la stava toccando”. “Sono stata fortunata. Le volte dopo non ho chiamato voi” conclude la testimonianza.