Nel 2015 scoppia il caso letterario “La ragazza del treno“, romanzo thriller dell’allora esordiente Paula Hawkins, che scala la classifica britannica rapidissimamente e si piazza al secondo posto dopo soli 3 giorni in libreria.
Nel 2016 arriva Tate Tylor a cavalcare l’onda del successo del libro per trarne un adattamento cinematografico che ottiene un grande successo anche al box office.
“La ragazza del treno”: solo “un thriller al femminile“?
Negli articoli dedicatigli la pellicola è stata spesso definita come un “thriller al femminile“, quasi ad indicare che che il valore del film si esaurisca con questo aspetto: l’avere al centro le vite di tre donne. Sì, la trama è tratta da un romanzo di un’autrice e sì, la sceneggiatura è stata scritta da una professionista come Erin Cressida Wilson e questo certamente ha contribuito alla credibilità dei personaggi.
Tuttavia il successo del thriller non dipende da una semplicistica declinazione degli stilemi del genere thriller “al femminile“. Il film coinvolge lo spettatore perchè i catatteri sono credibili, gli approfondimenti psicologici avvincenti, il ritmo sostenuto e l’intreccio originale.
“La ragazza del treno”: tre vite, tre prospettive e troppi piani temporali
La trama de “La ragazza del treno” intreccia la vita di tre donne che in principio sembrano essere unite solo dalle fantasie di Rachel Watson (Emily Blunt), una pendolare che guarda nelle case che affacciano sui binari ed immagina le vite altrui. In particolare sviluppa una sconfinata ammirazione per la “vita perfetta” di una donna bionda.
Uno stacco, temporale e di prospettiva, ci piazza davanti agli occhi la vita di frustrazioni di questa giovane donna Megan (Haley Bennett), che lavora per Anna (Rebecca Ferguson), una madre di famiglia che è legata a Rachel da un passato che quest’ultima non riesce a lasciare andare.
Il film procede in un continuo aprirsi di spaccati sul passato che ci fanno scoprire il problema di alcolismo di Rachel, la sua invadenza nella vita di Anna e del suo ex-marito e i suoi tipici vuoti di memoria. Comiciamo così a dubitare insieme a lei delle sue certezze e di ciò che vede e pensa nel momento in cui s’inserisce l’elemento giallo all’interno della narrazione: la scomparsa di Megan.
Se entriamo a fondo nel passato di Rachel e Anna attraverso flashback che hanno tutto il sapore soggettivo dei ricordi, per quanto riguarda Megan, Tylor sceglie una strada diversa. La pellicola ci presenta frammenti della vita della ragazza in scene che, partendo da mesi prima, procedono verso il giorno della scomparsa. Questo continuo variare dei piani temporali affida molto all’attenzione dello spettatore e, se sicuramente complica l’intreccio, forse rischia anche di rendere faticosa la ricostruzione delle linee temporali.
Plot e Plot Twist: tutto intorno al perno psicologico del thriller
Il film è indubbiamente ascrivibile al genere del thriller psicologico: si segue gran parte della vicenda dal punto di vista di Rachel, ma si aprono delle finestre anche sulle vite di Megan e Anna per presentarle al pubblico come personaggi a tutto tondo e giustificare le loro azioni e le loro ossessioni.
Forse per questo è tanto più un peccato che la credibilità del thriller vacilli proprio nella caratterizzazione psicologica del personaggio chiave su cui si regge la svolta del film. Il twist di trama che porta alla risoluzione del mistero, che mette in luce i rapporti abusanti subiti da tutte e tre le donne, crea dei problemi interni di coerenza, soprattutto dal punto di vista delle relazioni tra personaggi, che lo spettatore inevitabilmente si trova a questionare retrospettivamente.
Nonostante questo, la narrazione e il romantico finale di questo film rimangono imperdibili. La storia di queste tre donne “legate per sempre dalla storia che condivid[ono]” è su RaiPlay e stasera in prima serata, alle 21.20 su Rai4.
Debora Troiani
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