I cimiteri non danno pensieri ... Inizia così Monumentale dei Baustelle, il brano contenuto nell’album Fantasma e pubblicato il 12 luglio 2013. Capita spesso, nell’immaginario comune, di pensare al cimitero come un luogo tetro, funereo e angosciante ma i simboli di morte non sono in quello che è considerato un non-luogo ma nella società di ogni giorno e nell’inesorabile scorrere del tempo.
Monumentale, Baustelle: la vita dove sembra non esserci
I cimiteri come non-luoghi, uno spazio liminale inquietante e malinconico o un luogo di transito ma troppo silente. La vita non è brulicante ma riposa nel ricordo, nelle folate di vento, nei marmi smaltati, nei fiochi lumini, nei fiori poggiati nel silenzio solenne; nelle lapidi vuote da secoli, nei posti perpetui ma dimenticati. C’è vita nella non-vita ma la società frenetica del moderno, nella visione dei camposanti, interiorizza solo simboli di morte quando, invece, i cimiteri sono i luoghi dell’amore.
Parole e frasi che contrastano, ossimori che inducono alla riflessione; il brano Monumentale dei Baustelle, ispirato al cimitero Monumentale di Milano, esorta a questo: guardar al di là della visione statica e lugubre, osservando invece gli stimoli mortiferi che provengono dal quotidiano. Monumentale canta l’amore, esortando a vincere le false credenze sui simboli classici della morte che non sono i cimiteri e le lapidi ma il mondo moderno.
Un parallelismo con la poesia sepolcrale
Nell’album Fantasma il fluire del tempo e il rapporto con l’eternità sono tematiche centrali così come accade in qualche autore della poesia sepolcrale, tendenza poetica nata in ambito inglese nel pre-romanticismo, ma che trova molti seguaci fra gli autori italiani, primo fra tutti Giovanni Pascoli – si pensi alla raccolta Myracae – ma anche Sergio Corazzini, Vincenzo Cardarelli e ovviamente Ugo Foscolo. Nel componimento Quiete Lunare, contenuta nella raccolta Le Poesie pubblicata nel 1922, Arturo Graf scrive:
Laggiù laggiù, con le sue croci bianche,
Co’ suoi negri cipressi il cimitero
Nella quiete luminosa dorme.
Mentre Giovanni Pascoli nella poesia Il pesco, presente nella raccolta Myracae (1900), compone questi versi:
Penso a Livorno, a un vecchio cimitero
di vecchi morti; ove a dormir con essi
niuno più scende; sempre chiuso; nero
d’alti cipressi.
Tra i loro tronchi che mai niuno vede,
di là dell’erto muro e delle porte
ch’hanno obliato i cardini, si crede
morta la Morte,
anch’essa. Eppure, in un bel dì d’Aprile,
sopra quel nero vidi, roseo, fresco,
vivo, dal muro sporgere un sottile
ramo di pesco.
Figlio d’ignoto nòcciolo, d’allora
sei tu cresciuto tra gli ignoti morti?
Nelle due poesie cimiteriali risulta evidente come gli autori mettano in risalto la concezione di rinascita. All’oscurità si contrappone il bagliore della luce, simbolo di vita. In Graf il cimitero è sovrastato da neri cipressi sotto ai quali lo stesso camposanto dorme un sonno di pace, cullato da una quiete silente ma sfolgorante: l’aggettivo luminosa elude per sempre quel ”negri cipressi” riconoscendo la beatitudine e la rinascita che non hanno nulla di funereo.
La stessa cosa accade in Pascoli: nei ben più noti versi di Novembre il poeta descrive il mese dei defunti come ”l’estate fredda dei morti”, mentre nel componimento Il pesco la rinascita spazza via ogni simbolo di morte. Ai cipressi è sempre abbinato l’aggettivo ”nero” eliminato nella seconda strofa dallo germogliare del ramo roseo del pesco: lì dove sembrava morta anche la morte, dice il poeta, fiorisce un ramo ”vivo” e, anche stavolta, la vita è presente dove sembra finire. Un concetto che si ritrova anche in Monumentale dei Baustelle:
I cimiteri non danno pensieri,
Baustelle , Monumentale, 12 luglio 2013
sei tu che ti sbagli, se stanco, disperi
E piangi per colmare i buchi dell’assenza,
vive come il pieno la vacanza e non spira mai.
La prima strofa del brano è un’esortazione a scardinare le radicate credenze: i cimiteri non sono luoghi di tristezza e chi si dispera, perché è troppo stanco da non capirlo o li vive con angoscia, sbaglia.
I simboli della morte nella società moderna e non nei sepolcri
Francesco Guccini in Canzone dei Dodici Mesi cantava:
”Cala Novembre e le inquietanti nebbie gravi coprono gli orti
Lungo i giardini consacrati al pianto si festeggiano i morti, si festeggiano i morti”.
Sembra quasi assurdo associare un luogo sepolcrale al rigoglio della vita o festeggiare un data che ricorda la perdita. Festeggiare i morti nel senso lato del termine è rimembrare anche la limitatezza di chi, ancora in vita, pensa che tutto sia finito; la morte vera è nella violenza di una società sempre più illogica e brutale.
Monumentale si inserisce nell’album Fantasma dove l’archetipo morte, distruzione e rinascita diventa filo conduttore che unisce tutti i brani in un’unica narrazione. In una video-intervista di Repubblica, datata 19 Febbraio 2013, Francesco Bianconi spiega:
”Fantasma, perché simbolicamente è legato al tempo. Fantasma è una cosa del passato, presumibilmente morta, che appare nel presente. Fantasma ci piaceva anche perché al giorno d’oggi funziona anche come simbolo di un’altra declinazione temporale, quella del futuro. In genere, non si associa la parola “fantasma” al concetto del “futuro”, ma viviamo dei tempi in cui abbiamo un po’ perso la prospettiva del futuro, tendiamo a non avere più speranza e tendiamo a vedere i contorni del futuro, a non vederli perfettamente a fuoco. In questo senso il “futuro” diventa anche lui un’entità fantasmatica. Una volta scelto il titolo Fantasma ci siamo un po’ divertiti a immaginare tutto il disco […]”
Luca Valtorta e Lorenza Biasi, ”Baustelle. Il vizio assurdo”, su videodrome-xl.blogautore.repubblica.it, la Repubblica XL, 19 febbraio 2013.
Monumentale è un richiamo a un’umanità che si affanna a rincorrere l’ennesimo trend social, l’iperconnessione totalizzante che porta all’oversharing compulsivo e, per certi versi, al narcisismo digitale: stimoli mortiferi che generano atrofia sociale e culturale, aridità spirituale e perdita di interesse verso il divenire.
I camposanti non hanno rimpianti,
Baustelle , Monumentale, 12 luglio 2013
sei tu che li covi, li rendi fantasmi,
li canti per sentirne meno la mancanza,
come non bastasse l’esistenza e l’eco che fa.
Giace qui ad libitum la tua imbecillità.
Quindi lascia perdere i programmi
coi talenti, i palinsesti,
per piacere non andare a navigare sulla rete,
stringi forte chi ti vuole bene
tra le tombe del monumentale,
trovi Dio, trovi Montale, ed un’opaca infinità.
In questo senso il cimitero esorcizza la falsa credenza secondo cui i camposanti siano non-luoghi deputati al riposo eterno e quindi, per definizione, tristi. Un’analisi superficiale della realtà che spinge a rimuovere il problema in modo approssimativo: ma la morte non è la conclusione della vita, e forse questa credenza insinuatasi nella cultura occidentale, per lo più, è il vero limite. La spiegazione di Francesco Bianconi riguardante il testo Monumentale è chiara:
”Monumentale è un inno al cimitero Monumentale di Milano. È una canzone che canta Rachele ed è, in realtà, un testo positivo, nonostante la cornice cimiteriale. È una canzone d’amore, però è anche un’esortazione a vincere i simboli della morte. E non nel senso del Monumentale, per me i cimiteri non sono simboli della morte. Nella canzone si dice: “I cimiteri non danno pensieri, sei tu che ti sbagli, se stanco…”. I simboli della morte sono tante cose che non consideriamo tali nella nostra civiltà odierna. Simbolo della morte è venire rincoglioniti da stimoli di tipo televisivo, o inaridirsi spiritualmente e culturalmente, perdere la curiosità, la spinta alla ricerca, la spinta a rinnovarsi… Tutte cose che il nostro mondo, questa parte di mondo dove abitiamo, ci spinge a diventare (…)”
Luca Valtorta e Lorenza Biasi, ”Baustelle. Il vizio assurdo”, su videodrome-xl.blogautore.repubblica.it, la Repubblica XL, 19 febbraio 2013.
Baustelle, riferimenti letterari in Monumentale
Il testo, scritto da Francesco Bianconi, contiene vari riferimenti letterari come spesso accade nello stile del cantautore.
Quindi lascia perdere i salotti
Baustelle , Monumentale, 12 luglio 2013
coi talenti e le baldracche,
vieni all’ombra dei cipressi
dona amore, al pomeriggio a chi sospende la sua vita
tra le urne amiche del monumentale,
di realtà e d’irreale, vieni a fartene un’idea.
Il verso ‘‘vieni all’ombra dei cipressi”, contenuto nell’ultima strofa del brano, è un omaggio all’incipit di Dei Sepolcri di Ugo Foscolo:
All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne
Ugo Foscolo, Dei Sepolcri, 1807
Confortate di pianto è forse il sonno
Della morte men duro?
Eugenio Montale, poi, è citato espressamente nella penultima strofa del brano mentre il termine infinità, nella stessa strofa, richiama L’infinito di Leopardi. Anche nei riferimenti letterari contenuti nel testo si scorgono simboli di rinascita legati alla morte. L’intero album contiene richiami stilistici di Tutti morimmo a stento di Fabrizio De Andrè, il brano Monumentale particolarmente. Nella canzone Inverno di De Andrè, il cantautore genovese scrive:
Sale la nebbia sui prati bianchi
come un cipresso nei camposanti
I Baustelle riprendono questa immagine stilistica connotandola di significato positivo e rinascita: “I camposanti non hanno rimpianti, sei tu che li covi, li rendi fantasmi”. Ancora una volta, il messaggio del testo scritto da Francesco Bianconi si distacca completamente dalla concezione limitata del pensiero comune che rende i cimiteri fantasmi; non-luoghi lugubri, luttuosi e mesti, dove in realtà scalpita il risveglio e il rinnovamento.
Il legame fra Moda, Morte e convenzione sociale
Altro riferimento letterario, non espressamente citato ma che sovviene leggendo Monumentale, è quello con Dialogo della Moda e della Morte di Giacomo Leopardi, contenuto nelle Operette Morali. Leopardi è scettico nei confronti della società dei consumi, primordiale culla di un Capitalismo che, anni dopo, sarebbe diventato pervasivo. Nello Zibaldone spiega come la Moda argini la facoltà di movimento che invece la natura pone fra vita e morte. Il poeta di Recanati la definisce ”morte sensibile”, ovvero la vita non vitale. Uno stato di morte in atto nel vivente a cui, inevitabilmente, l’uomo si piega.
Monumentale dei Baustelle ”ammonisce”, quasi, le congetture dettate dalla convenzione sociale secondo cui il trapasso è sinonimo di fine sottolineando come gli stimoli di morte, invece, provengano dal quotidiano e da determinati modi di agire, pensare e comunicare socialmente accettati che, a volte, si tramutano anche in trend da rincorre spasmodicamente. E, spesso, le convenzioni sociali sono solo mode da seguire a ogni costo, per non restare esclusi: i reali stimoli mortiferi che conducono all’aridità spirituale e che hanno il potere di far perdere la voglia di rinnovarsi che determina la rinascita.
Stella Grillo
Foto in copertina: publicdomainpictures.net
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