Come d’abitudine è lui a guidare la truppa all’arrivo sul palco. Freddie è scavato, comunica immediatamente una spaventosa fragilità. Per un attimo l’ inconfondibile spavalderia sembra prendere possesso della sua entrata in scena, ma sfuma immediatamente.
I quattro sono lì a ritirare l’ennesimo premio di una carriera che definire strepitosa non sarebbe abbastanza, ma sembrano raccolti in una bolla privata di auto-tutela e rispetto formale dell’occasione. Un’occasione di tutto rispetto. Il premio è il “Brit Awards for Outstanding Contribution for Music”, sostanzialmente quella che è l’incoronazione definitiva di un’intera carriera secondo il mercato discografico inglese.
Freddie Mercury: un amaro saluto
Brian May snocciola qualche convenzionale frase di repertorio come ringraziamento, poi i musicisti, Freddie in testa e premio in mano, torna nel backstage. “Thank you, good night”, saluta al microfono in tono rapido e protocollare, prima di sparire dietro le quinte. Se si escludono un paio di successivi filmati amatoriali rubati alla sua quotidianità e le scene del videoclip del singolo “These are the days of our lives” quella sarà l’ultima apparizione pubblica di Freddie Mercury. E’ il 28 febbraio 1990. Infetto dal virus dell’ HIV, morirà di polmonite il 24 novembre dell’anno successivo nella sua casa di Kensigton, Londra.
Solo un giorno prima, tramite una dichiarazione ufficiale, aveva reso noto la propria condizione, ormai allo stato terminale. Ma le illazioni sulla sua condizione sono da tempo, almeno dal 1986, materiale aureo per il giornali scandalisti britannici, “Sun” in testa. Sostengono di avere la prova provata della positività di Freddie al test per l’HIV. Cosa che lui ha sempre smentito pubblicamente. Secondo la ricostruzione dei biografi di Freddie Mercury Matt Richards e Mark Langhtorne, evidenze della sua condizioni iniziarono a rendersi visibili intorno al 1982, quando si fece segretamente visitare da un medico newyorchese per una strana lesione nella zona della lingua. In qualche modo Freddie riesce a nascondere a chiunque la propria malattia. “Non abbiamo saputo che qualcosa non andasse bene per un sacco di tempo” ha ricordato Brian May “Non ci siamo mai confrontati direttamente con lui a riguardo. C’era questa sorta di regola non scritta per cui non avremmo mai dovuto toccare l’argomento, perché Freddie chiaramente non voleva. Era il suo modo di proteggere gli altri dalla propria malattia”.
Le confidenze a David Wigg
La malattia però inizia presto a condizionare anche l’attività della band. Dal 1988 la presenza dei Queen on stage inizia a diradarsi in maniera sospetta e il tour promozionale di “The Miracle” va avanti a singhiozzo, tra continue interruzioni e rinvii. “Ci disse solo che non se la sentiva più di reggere i soliti ritmi del tour. Tra quelli e i cicli di interviste era assolutamente esausto” continua Brian May “Gradualmente, nel corso di quell’anno è apparso a tutti fin troppo chiaro quale fosse il problema, per quanto non ne fossimo assolutamente certi”. I tempi leggendari dell’esibizione al Live Aid a Wembley e di Knebworth 1986 sono tanto impressi nella memoria collettiva quanto irripetibili. Nel 1987 riceve nella sua abitazione londinese il giornalista della BBC David Wigg, per contribuire alla realizzazione del documentario “Freddie Mercury: a life in ten pictures”. La prima impressione del giornalista non lascia spazio ad equivoci: quella macchia sulla guancia di Freddie è chiaramente un sarcoma di Kaposi, una lesione violacea della pelle tipica di chi abbia contratto il virus dell’HIV.
Off the record David Wigg e Freddie parlarono anche della malattia: “Sono praticamente diventato una suora” confidò il cantante “Ho sempre pensato che il sesso fosse una cosa fondamentale per me. Si può dire che io sia vissuto per il sesso. E ora che ho smesso di praticarne, sono semplicemente terrorizzato”. Freddie ammise di essere positivo al test, ma di continuare a nutrire speranze riguardo alle possibile evoluzione delle cure. Ma anche che si sentisse seduto su una bomba che avrebbe potuto esplodere da un momento all’altro. L’ultima sua foto risale al 28 agosto del 1991. A scattargliela è Jim Hutton, storico compagno del cantante dalla prima metà degli anni 80. Jim sta scattando delle foto ai fiori della tenuta e Freddie si avvicina. Ha una vistosa camicia a fiori verdi e rossi che contrasta ancora di più con il suo pallore e la sua consunzione. Un grosso gatto sornione lo accompagna. Sul volto scavato dalla malattia, un lieve accenno di sorriso intimo, confidenziale e amaro.
L’amico Elton John
Un’altra persona rimane accanto a Freddie fino al suo ultimo giorno. Elton John passa intere giornate a fianco del cantante nella seconda metà del 1991. Freddy non riesce più ad alzarsi dal letto, è praticamente cieco. Il suo corpo è ricoperto di sarcomi di Kaposi. L’amico non riuscì mai a capire quanto fosse effettivamente consapevole della propria condizione. Non capiva davvero di essere a meno di un passo dalla morte o sapevo benissimo ciò a cui sarebbe andato incontro e proprio per questo continuava a rimane il Freddie di sempre, provocatorio e oltraggioso? “Hai sentito l’ultimo disco della signorina Bowie?” gli chiese durante una di quelle grigie giornate autunnali. “Cosa diavolo pensa di voler fare?”.
Andrea Avvenengo
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