Cultura

Lalla Romano, una vita per l’arte e per la letteratura

Lalla Romano, a 19 anni dalla sua morte ricordiamo una delle scrittrici più importanti del Novecento, troppo spesso dimenticata.

La vita di Lalla Romano

Vissuta 95 anni, fu pittrice, poetessa, narratrice, scrisse fino alla fine dei suoi giorni.

Graziella Romano, in arte Lalla, nacque a Demonte (Cuneo) l’11 novembre 1906 da una famiglia di origini ebraiche. 

Dopo aver conseguito la maturità classica presso il liceo Silvio Pellico di Cuneo, Lalla si iscrisse all’Università di Torino, diventando l’allieva di Lionello Venturi (da lei scherzosamente chiamato “Cardo selvatico”), lui stesso la indirizzò verso la scuola di pittura di Felice Casorati. Sono i primi passi verso la critica d’arte.

Fra i suoi amici e compagni spiccano invece personalità del calibro di Mario Soldati, Franco Antonicelli, Carlo Dinisotti, Arnaldo Momigliano e Cesare Pavese. In particolare, è da quest’ultimo che la giovane Romano rimane profondamente colpita, definendolo nel suo diario come “un giovane occhialuto, pallido, magro”. 

Subito dopo aver conseguito il titolo, come primo lavoro per un breve periodo svolge quello di addetta alla biblioteca di Cuneo, ma in seguito si trasferisce a Torino.

Qui iniziò a insegnare storia dell’arte nelle scuole medie, coltivando la sua passione per la poesia e per la pittura.

Durante la seconda guerra mondiale ritorna a Cuneo, politicamente si lega al movimento Giustizia e Libertà, prendendo parte alla Resistenza e impegnandosi nei Gruppi di difesa della donna.

La rubrica LetteralMente Donna parla ampiamente del suo impegno civile.

In questo stesso periodo, sotto esortazione di Eugenio Montale, inizia a pubblicare le sue poesie.

Il 1941 è l’anno del suo esordio come poetessa, con la pubblicazione di Fiore, la sua prima raccolta per Frassinelli dopo il rifiuto di Einaudi.

Quel rifiuto non la turbò per nulla, anzi. Inviò una copia della raccolta appena stampata all’editore Giulio Einaudi con la dedica “A chi non ha voluto stampare questo libro”.

In questo stesso periodo, Cesare Pavese le commissiona la traduzione dei Tre racconti di Flaubert.

Dovevo a Flaubert il mio passaggio dalla pittura alla narrativa. Un cuore semplice per me era stato decisivo, la fine del pregiudizio che nutrivo verso il romanzo.

L’opera di narrativa che la rivelò al grande pubblico fu Le parole tra noi leggere, vincitrice del Premio Strega 1969.

Il titolo di quest’opera deriva da un verso di Due nel crepuscolo, Montale, in quest’opera la Romano cerca di descrivere e analizza il rapporto con suo figlio.

Lavora a questo romanzo per ben quattro anni, parla del figlio ribelle, asociale e anticonformista, ma in primo piano c’è sempre lei, come madre e come autrice.

Lo stesso Montale lo presentò nelle colonne del Corriere della Sera consigliandolo a quel lettore «capace di amare una poesia incapace di esibirsi come tale».

Il libro riscuote fu un gran successo, sia di pubblico che di critica, molto probabilmente perché tratta i temi propri della rivolta giovanile, molto sentiti in quel periodo storico.

L’unico a non apprezzarlo fu proprio il figlio: più i lettori amavano il libro e più Piero lo odiava.

L’intenzione della Romano non era quella di “usare” il figlio per i suoi comodi, ma di fatto Piero la accusò di questo.

Il 21 febbraio 2001 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi conferisce a Lalla Romano il diploma di Medaglia d’oro ai Benemeriti della scuola, della Cultura, dell’Arte. 

Nello stesso anno Lalla Romano morì dopo una lunga malattia, lasciando incompleto il suo Diario ultimo, pubblicato postumo.

Il 2 novembre, con una cerimonia pubblica, il suo nome viene inserito nella lapide dei Cittadini illustri di Milano presso il Famedio del Cimitero Monumentale.

Serena Votano

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