“L’allenatore nel pallone”: Liedholm disse ‘Devi fare Canà’

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Di Federica De Candia

La Longobarda arriva in serie A per la prima volta. E lo fa in grande stile. Con l’ingaggio, direttamente dalla Puglia, di un allenatore di serie B, tutta tecnica e fervore. “Le migliori tattiche di preparazione nascono da ‘Covercieno’“, e arrivano stasera in tv con “L’allenatore nel pallone“. Mister Oronzo Canà non è mai stato passeggero.

Da Bari vecchia fino la Svezia

L’allenatore nel pallone, foto da Canosa web

Sfiora l’erba verde dello stadio. Giacca in spalla e passo felpato, scende in campo anche il dodicesimo uomo. Che realizza il suo sogno: arrivare a preparare la massima serie. Oronzo Canà (Lino Banfi) rappresenta il mondo del calcio degli indimenticabili anni ’80. In un film che divenne leggenda. Tutto nacque su un aereo: quando nei voli Roma-Milano, Lino sedeva vicino Nils Liedholm, all’epoca allenatore della Roma. Fu lo svedese, arrivato in Italia dapprima al Milan di Berlusconi, a chiedere all’attore pugliese se avesse mai sentito parlare di un tecnico di calcio realmente esistito: Oronzo Pugliese, da Turi in provincia di Bari, che portava il suo gallo in campo, vuoi per leggenda o verità. Croce degli arbitri, che lo fermavano a cartellini rossi. “Tu devi fare personaggio!“, disse ‘il Barone‘ dall’alto della sua signorilità e competenza.

Banfi ne parlò a Sergio Martino, che accettò di essere regista del film “L’allenatore nel pallone” nel 1984. Anche i grandi hanno un idolo. E il personaggio di Oronzo Canà, voleva imitare la flemma, e, cosa difficile, la postura e l’espressione, del vero Nils Liedholm. La sua apparente freddezza aveva fatto breccia nel cuore di un Ct meridionale, tutto algoritmo (5, 5, 5) e anima. L’eroe delle domeniche, al grido di “Risorgeremo!”. Il film fu girato tra lo stadio Maracanà e il Flaminio a Roma. La saudade brasiliana, il ritmo di samba scandito dai tamburi dei tifosi che vivono lo stadio come un carnevale, era il sogno segreto di Banfi, che voleva proprio andare a Rio de Janeiro. Nel montaggio della pellicola, sono state inserite immagini vere, di squadre in trasferta che, secondo la regola in vigore ai tempi, giocavano sempre con la maglia bianca. Lo stesso colore della divisa della Lomgobarda. Con l’illusione, così, di ottenere un filmato autentico, vedendo la squadra di Oronzo Canà, gareggiare contro quelle, reali, di serie A.

La rimonta di un allenatore

Quando il commendatore Borlotti, presidente della società sportiva, neopromossa, Longobarda, fa il nome di Oronzo Canà come allenatore, lui è a casa davanti il televisore. Di fronte una bottiglia di vino in tavola, sviene. Sorretto dalla moglie e dalla figlia. Da Milanofiori hanno inizio le contrattazioni del calciomercato. Le premesse per una grande campagna acquisti ci sono. E grazie ad Andrea Bergonzoni (Andrea Roncato) e a Giginho (Gigi Sammarchi), si scoprirà il talento brasiliano Aristoteles (Urs Althaus). Prelevato da Rio de Janeiro, l’attaccante verdeoro, è un fuoriclasse insolito. Sarà Oronzo Canà a dormire con lui nelle trasferte: l’allenatore, compagno di stanza e consolatore dei suoi pianti, in canottiera e retina reggi capelli notturna, canterà “la nostalgia du Brasil” al campione. Sofferente, perché non sopportato e discriminato dai compagni. Una scena, tra l’allegro e il serio, voluta fortemente da Banfi, contro ogni forma di razzismo.

Un grandissimo mediano di rottura, Oronzo Canà. Ma spiegare la sua Bizona, non è cosa facile. Ancora meno attuarla. Sull’equivoco dell’accento pugliese, il mister soprannominato ‘iena del Tavoliere‘, ha fatto scuola. Una filosofia di vita, che diviene dizionario calcistico da citare. La morale ferrea di un integerrimo, puro come le sue invocazioni “a te, mammeta… e Socrates!“. Eroe virtuoso, senza macchia e senza paura, spartiacque tra i campi di calcio. Impavido, come fu poi Mazzone, correndo sotto la curva bergamasca, imprendibile come un tuono. Egli dovrà combattere contro gli interessi personali del dirigente, che l’aveva ingaggiato perché cercava, con un allenatore poco competente, di non rimanere per più di un anno in serie A. Ai vertici del calcio italiano, i costi erano troppo elevati. Vinceranno i famelici intrighi di mercato, o il cuore di Canà, morbido come il tocco del ‘cucchiaio’ prima del tuffo del portiere? Il presidente Borlotti: “Lei è un disoccupato, lo sa?. E lei è un cornuto, lo sa?“, senza rancori da Canà.

Fallo di cuore o alla Canà

Con Oronzo Canà e le sue gesta, ne “L’allenatore nel pallone“, c’è Giuliana Calandra nel ruolo di Mara Canà, la moglie. Personaggi caratteristici, come il funereo Crisantemi, Antonio Zambito, notorio iettatore, “dalla faccia col pallore fisso“. O la suocera di Canà, Viviana Larice, soprano con la mania dei riti propiziatori. “Ma siamo sicuri che il metodo ‘funzionae’?, in stile acqua Santa di Trapattoni portata in panchina. Una gran sfilata di giocatori stasera in tv, Carlo Ancelotti, Francesco CiccioGraziani, Zico, Oscar Damiani. E giornalisti sportivi, Fabrizio Maffei, Giampiero Galeazzi, Aldo Biscardi. Tutto scandito dalle colonne sonore di Guido e Maurizio De Angelis. Brani un po’ carioca, come maracas ritmate da orecchiette pugliesi. Pur sempre sonorità nostalgiche ed evocative, di quel grembo materno che ti accoglie, che è lo stadio.

O torniamo a vincere, o vi dimenticate le vostre mogli, attricette, sgallettate varie”. Oronzo Canà sa essere anche uomo di polso. Le viscerali paternali, come le sue guerre psicologiche in campo, e le dottrine ‘all’ultimo grido’ da interpretare (Lascia la palla!), sono fremiti per il tifoso. Innamorato, da allora e ancora oggi, di questo Canà: genuino come le interminabili partite nei pomeriggi d’infanzia. Quando, che sia stato il campo di un oratorio o l’asfalto bruciato, si giocava al passaggio generoso al compagno, alla scivolata, alla rimonta impossibile, al dribbling che ostentava vanità. Quante ferite esistenziali ha sanato il calcio? Ne “L’allenatore nel pallone” c’è dentro un po’ di ogni squadra, e di ogni eroe. Che abbia anche gambe storte, ma che potrà sempre essere il migliore. Perché una partita si può vincere all’Oronzo Canà, anche al 91°. Anche se sei un pantofolaio, se non sai niente del magico sinistro. Anche se della Longobarda sei allenatore.

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