L’amore dopo la tempesta: l’acqua, che tutto lava e tutto allontana. L’acqua come essenza di vita e come elemento da cui ricominciare.
L’amore dopo la tempesta. E’ l’acqua ad accoglierci all’interno del Teatro Vascello, dove il rumore di gocce cadenti e di echi sommersi ci culla verso quell’isola lontana chissà dove, a largo del Mediterraneo, dove il mago Prospero fu lasciato con la sua piccola figlia Miranda, privato del suo ducato di Milano e della sua stessa vita da suo fratello, carne della sua carne e primo fra i traditori.
Ma il tempo è galantuomo e sa raccontare storie diverse col trascorrere degli anni. Così, la storia di Prospero e Miranda, fiorisce tra le righe immortali del maestro William Shakespeare, tradotte da Nadia Fusini e rese vive dal regista Roberto Andò, che ripropone il dramma shakespeariano costruendo uno spettacolo veritiero e dirigendo in scena un cast di grande spessore.

Ad illuminare la compagnia di attori c’è il faro guida Renato Carpentieri, interprete d’eccezione. Nei panni di Prospero, imbiancato dal tempo e dalla vita, Carpentieri è paterno ed autorevole, lungimirante osservatore e demiurgo delle cose della vita, che plasma a suo favore e piacimento per redimere la sua posizione, lontana dal mondo che conta. I tanti protagonisti della vicenda, sono burattini nelle sue mani. Con sapienza ne detiene le fila dando sfogo ad un disegno antico, di cui negli anni di esilio ha rafforzato i contorni.
La giovane e bella Miranda di Giulia Andò, è espressione di candore e purezza, la stessa capace di stregare il principe Ferdinando, a cui dà voce e corpo il talentuoso Paolo Briguglia con un’interpretazione precisa e calibrata, tanto affranta nel momento in cui scopre di esser rimasto solo e orfano, quanto devota nel momento in cui è accolto alla corte di Prospero, dove c’è l’amore ad aspettarlo. L’Amore dopo “La Tempesta”.
Affascinante e demoniaco è il Calibano di Vincenzo Pirrotta, a cui nulla c’è da d’appuntare. Nonostante la grande stazza fisica, Pirrotta è sinuoso come il più agile dei serpenti. Una fisicità importante che convince il pubblico, come quella resa sul palco dal collega Francesco Villano, nei panni del re Alonzo prima e del marinaio Stefano poi. Prima padre affranto per la perdita temporanea del suo giovane principe, poi marinaio arrivista ed incline al buon bere, pronto a commettere un delitto per il proprio piacere.
Insieme a loro brillano sulle solenni ed evocative scene di Gianni Carluccio, essenza stessa dello spettacolo, le interpretazioni di Gianni Salvo e Paride Benassai, a cui si aggiunge quella di Filippo Luna nei panni dello spirito Ariel, fedele servitore adoratore di Prospero, padrone degno del suo amore. E’ proprio il suo amore sincero a provocare, la sua sincera aberrazione per la strategia del vecchio mago che, accorgendosi di averlo deluso si redime mostrandogli la sua capacità di perdonare.

ne “La Tempesta”, regia di Roberto Andò
L’interpretazione di Filippo Luna è candida, quasi fanciullesca. Nonostante i panni da maggiordomo con cui è vestito, i suoi gesti, le sue smorfie, la sua dialettica, restituiscono al pubblico un uomo che indossa i panni di un putto. Angelico e puro come l’Amore. Sulle scene che si compongono e scompongono all’occorrenza, protagonisti sono i libri, quel sapere di Prospero che è sua stessa forza. I costumi firmati da Daniela Cernigliaro, le musiche originali di Franco Piersanti con il flauto di Roberto Fabbriciani e i suoni di Huberti Westkemper, sono mischiati alle luci studiate da Angelo Linzalata che confezionano per il pubblico “la tempesta perfetta”.
