“Le Eumenidi”, l’ambizione è sacra – RomaFF15

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

Gipo Fasano, regista di Le Eumenidi - Photo Credits: Rai Movie Official
Gipo Fasano, regista di Le Eumenidi – Photo Credits: Rai Movie Official

Le Eumenidi, presentato nella sezione Riflessi alla quindicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, è opera prima del giovanissimo regista Gipo Fasano. Un film che è stato una sfida, come hanno avuto modo di sottolineare non solo il regista ma anche il produttore Giorgio Gucci e l’attore protagonista Valerio Santucci. Ma il saper andare oltre i propri limiti, la capacità di adattamento, il capire come trasformare in punto di forza un’apparente debolezza, sono qualità che pagano sempre. Le Eumenidi è un film nato da una grande amicizia ed altrettanta passione per la narrazione. E da ragazzi decisamente ambiziosi, certo, ma di quell’ambizione di cui il cinema italiano ha veramente tanto bisogno.

Le Eumenidi, il film

Le Eumenidi di Eschilo è il titolo della terza tragedia dell’Orestea. Un “testo sacro per l’occidente”, come ha ammesso il regista in conferenza stampa, che è diventata struttura narrativa dell’omonimo film. Ha fatto da ispirazione e da guida, accompagnando degli allora venticinquenni lungo la realizzazione durata tre anni di quest’opera prima. Ora quei ragazzi siedono sul palco di una delle rassegne cinematografiche più importanti per quel mondo occidentale moderno le cui radici culturali affondano nelle tragedie greche.

Proprio come nell’opera originale, il protagonista, Valerio, è perseguitato da delle Erinni interiori in seguito all’aver commesso un delitto. Il quartiere Parioli e altri luoghi di Roma si fanno teatro notturno del dramma di Valerio, che vaga senza meta in attesa del suo giudizio, mentre il padre tenta di salvarlo sfruttando le sue amicizie altolocate.

Conferenza stampa di Le Eumenidi, con il regista Gipo Fasano, il produttore Giorgio Gucci e il protagonista Valerio Santucci - Photo Credits: Rai Movie
Conferenza stampa di Le Eumenidi, con il regista Gipo Fasano, il produttore Giorgio Gucci e il protagonista Valerio Santucci – Photo Credits: Rai Movie

Poche risorse ma tanta intelligenza

Un budget di novemila euro, che possono sembrare tanti nella vita quotidiana ma sono veramente pochi per girare un film. Le riprese nei ritagli di tempo, alle due di notte in seguito ad una giornata lavorativa. Ogni persona che ha preso parte al progetto è impiegata altrove, lontana dal mondo del cinema. E l’uso del cellulare per i ciak, “non un manierismo o una ricerca di dimostrazione tecnica”, come ha affermato il regista, ma “sfruttamento intelligente delle poche risorse a disposizione”, come ha sottolineato il produttore Gucci.

Molto intelligente anche la scelta di creare dei “campi da gioco” per le scene, i cui confini erano stabiliti e bloccati dalla sceneggiatura di Gipo Fasano ma in cui gli attori, non professionisti, potevano muoversi come preferivano. L’obiettivo del regista o era quello di garantire la naturalezza, e in questo il cellulare è venuto in aiuto. “Non doveva esserci una barriera, nella mia testa un elemento che è costantemente nelle tasche poteva aiutare a non creare quel distacco che invece si rischiava di avere con una macchina da presa.

La piacevole scoperta della sezione Riflessi di RomaFF15, Gipo Fasano - Photo Credits: Festa del Cinema di Roma
La piacevole scoperta della sezione Riflessi di RomaFF15, Gipo Fasano – Photo Credits: Festa del Cinema di Roma

Gipo Fasano è la vera scoperta

Gipo Fasano non ha fatto studi classici e si è approcciato “in modo naif” all’opera originale. Ha spiegato in conferenza stampa il motivo della sua scelta. Tutta una scoperta, questo mondo letterario classico, una piacevole caccia al tesoro. Finché, eccolo lì, non si è imbattuto ne Le Eumenidi di Eschilo. Una tragedia che è un testo attuale, “nel senso che sancisce probabilmente il passaggio per la cultura occidentale dal matriarcato al patriarcato. È la prima volta che pubblicamente si parla e si giustifica il femminicidio. Si sta parlando di un matricidio. In qualche modo si sta dicendo che la figura più importante non è più quello della donna, della madre, ma quella del padre”.

Pur non essendo presente questa lettura nella sua opera, incentrata tutta sull’interiorizzazione di Valerio dei suoi demoni, il regista ha sentito il bisogno di far emergere la sua considerazione. Terribilmente vera, terribilmente attuale. Così come la riflessione sottintesa nella sua opera prima sul confine tra legalità e illegalità, su colpa e assoluzione.

Continua a seguire la redazione di Cinema e tutto Metropolitan Magazine e resta in contatto con noi su Facebook ed Instagram!

Articolo a cura di Eleonora Chionni