Per parlare di un album come “Led Zeppelin I”, dobbiamo partire inevitabilmente da un’ immagine. Quella della famigerata art cover del disco, che rappresenta un dirigibile in fiamme. Uno Zeppelin, per l’appunto, divenuto da allora il simbolo della rock band. Era il 1969 e Jimmy Page e compagni erano al loro debutto. Si conoscevano appena, ma erano quattro talenti puri, pronti a infiammare i palcoscenici di tutto il mondo. “Led Zeppelin I” è un esordio più che promettente, che cambia per sempre la musica rock. Rivediamo insieme il primo capitolo dell’immortale storia dei Led Zeppelin.
Il dirigibile Zeppelin, l’immagine simbolo della band
6 Maggio 1937, ore 19,25. Il dirigibile LZ129 Hindenburg prende fuoco in volo. Viene completamene distrutto, nel giro di mezzo minuto. Muoiono 35 delle 97 persone a bordo. La vera causa dell’incidente resta ignota. LZ129 era uno Zeppelin, ovvero un tipo di dirigibile rigido sviluppato in Germania, agli inizi del Novecento. Il nome derivava dal suo ideatore, il conte Ferdinand von Zeppelin. “Hindenburg”, in questo specifico modello di dirigibile, era invece un omaggio al secondo Presidente della Repubblica di Weimar, Paul von Hindenburg. Lo LZ129 aveva una struttura innovativa ed era stato in parte finanziato da Hitler. È stato il più grande oggetto volante mai costruito.
12 Gennaio 1969, USA. Una rielaborazione grafica del disastro dello Zeppelin, appare sulla copertina del disco di debutto di una band sconosciuta. Un anno dopo, la nipote del conte von Zeppelin, la contessa Eva von Zeppelin, minaccia di querelare il gruppo per uso illegale del nome di famiglia. Quella band erano i Led Zeppelin. Il nome del loro primo album era semplicemente Led Zeppelin, ai più noto come Led Zeppelin I. Sono passati oltre 50 anni da allora. Eppure nessuna querela, critica o qualsivoglia avversità, ha impedito a quel dirigibile di continuare a tracciare la sua gloriosa parabola. Lo LZ129 si è (letteralmente) bruciato in fretta, passando alle cronache per la sua rovinosa uscita di scena. Il gruppo musicale che di quello Zeppelin ne ha fatto il suo simbolo, continua invece a volare in alto, nell’olimpo del rock.
Led Zeppelin, la nascita del gruppo
Ma perché quattro giovani musicisti americani agli esordi avevano scelto come nome della loro band e del loro primo album, Led Zeppelin? La band era nata nel 1968 per necessità. Jimmy Page, al tempo chitarrista dei defunti Yardbirds, per rispettare i contratti discografici riguardo a una tournée, cercava musicisti per accompagnarlo. Il bassista-tastierista John Paul Jones gli aveva fatto da arrangiatore un anno prima.
Il cantante Robert Plant e il batterista John Bonham, invece, si erano conosciuti dopo una consistente gavetta in piccole band. Tutti e tre avevano accettato di formare con Page una line-up, provvisoriamente nominata New Yardbirds. Una volta tornati in patria, però, il nome era stato mutato in Led Zeppelin.
Led Zeppelin, il significato del nome
L’idea del nome era nata durante una conversazione a dir poco singolare tra Jimmy Page, Jeff Beck, Keith Moon e John Entwistle – due musicisti degli Yardbirds e due membri degli Who. I quattro stavano riflettendo sulla possibilità di mettere su insieme un super gruppo. Per Keith Moon sarebbe stata una combinazione troppo pericolosa. “It would probably go over like a lead balloon…”, commentò il batterista degli Who, ovvero: “Andrebbe avanti come un pallone di piombo”. Entwistle aggiunse “…a lead zeppelin!” (uno zeppelin di piombo!).
Il suo significato sarebbe una storpiatura della frase “Lead Zeppelin”, cioè “dirigibile di piombo”. Era l’inizio di un sodalizio che sarebbe durato fino al 1980, anno dello scioglimento in seguito alla morte di Bonham. Li aspettava una delle carriere più celebrate e mitizzate della storia del rock. Il dirigibile in fiamme, primo simbolo della band, fortemente voluto da Page, è un’immagine adatta a loro. Forte, aggressiva, energica. Comunica la potenza del gruppo, agli esordi, ancora sconosciuto, ma già disposto a rischiare di “esplodere in volo”.
La novità dell’album
“Led Zeppelin I” viene registrato in appena tre settimane, nell’estate del 1968. Siamo in Scandinavia e la band, ancora nota come New Yardbirds, approfitta delle pause del tour per mettere a punto un sound totalmente nuovo. Il risultato delle sessioni è affidato alla (scettica) Atlantic Records, ma è Jimmy Page a produrre il disco. Il cuore dell’opera è decisamente folk e blues. Alcuni brani sono delle cover. I testi parlano per lo più d’amore e di sesso. Messo così, “Led Zeppelin I”, uscito negli USA il 12 Gennaio 1969 e nel Regno Unito il 31 Marzo dello stesso anno – non sembrerebbe poi un album così innovativo. Eppure nelle sue 9 tracce c’è un concentrato di novità.
La principale, è sicuramente aver istituzionalizzato l’hard rock, attingendo di fatto a piene mani a generi già noti. Il rock ‘n’ roll anni ’50/’60, il blues, il folk e, in seguito, la musica orientale. L’hard rock, genere in precedenza esplorato da artisti quali The Who o Cream, diventa per la prima volta, solo coi Led Zeppelin, il tratto distintivo di una band. E la rivoluzione era solo all’inizio. Con gli album successivi, e nell’arco di una carriera di appena 12 anni, la band del dirigibile avrebbe continuato a spingere sull’acceleratore, toccando vette di sublimi sperimentazioni mai raggiunte prima (né dopo, probabilmente). Negli stessi anni, inoltre, si affacciavano sulla scena anche altri importanti nomi per la storia della musica rock. Appena un anno prima, nel 1968, avevano debuttato i Deep Purple. Nel 1970 sarebbe arrivato il primo album dei Black Sabbath, che spianava la strada all’heavy metal.
La tracklist dell’album, lato a
La traccia d’apertura del disco è Good Times, Bad Times. Il brano è anche il singolo di debutto della band e viene pubblicato il 10 Marzo 1969. È la canzone più canonica dell’album, con quel riff potente che da carattere al sound generale, ancora un po’ anni ’60. Segue Babe I’m Gonna Leave You, magnifica ballad folk/rock in cui la voce sofferente di Robert Plant domina la scena. Il terzo brano è You Shook Me, cover di un pezzo blues, inciso in origine nei primi anni ’60 da artisti quali Earl Hooker e Muddy Waters.
La versione di You Shook Me dei Led Zeppelin, è una delle loro prime canzoni ad includere la tecnica del call and response, mutuata dal blues. Con quest’espressione (in italiano botta e risposta) si intende, in musica, una successione di due frasi, solitamente dichiarate da due musicisti distinti, e dove la seconda funge da commento di risposta alla prima. L’ultima traccia del lato a è Dazed and Confused. Un’altra cover, stavolta di un brano folk dei Yardbirds, i quali a loro volta avevano riadattato un motivo di Jack Holmes. Qui l’atmosfera è più cupa e psichedelica. Dazed and Confused è celebre per il suo inedito assolo di chitarra suonato con un archetto da violino.
La tracklist dell’album, lato b
Il lato b del disco parte con Your Time Is Gonna Come, brano rilassante e orecchiabile. Qui protagonista del lungo intro è Jones, il bassista, stavolta all’organo. Il brano seguente è lo strumentale Black Mountain Side, dal suono tribale e mistico, grazie alle percussioni indiane suonate da Vimar Jasani.
Communication Breakdown è invece una canzone veloce, aggressiva, quasi punk. Il vero nuovo hard rock, che si fonde col rock ‘n’ roll del decennio precedente. Il penultimo brano, I Can’t Quit You Baby, è un blues che riprende la canzone scritta da Willie Dixon nel 1956. La traccia di chiusura è How Many More Times, una magistrale miscela di hard rock, blues e psichedelia.
“Led Zeppelin I”, una pietra miliare del rock
Ricordiamo infine un po’ di numeri, per dare ancor meglio l’idea dell’eccezionalità di questo prodotto. Il disco è stato completato in circa trenta ore di lavoro. Con un costo di 1.782 sterline, è uno dei dischi con il più grande ritorno all’investimento della storia della musica. L’esordio dei Led Zeppelin ha avuto un enorme successo, fin dall’inizio. Il debut self-titled è rimasto in classifica per oltre cinquanta settimane. Ha raggiunto la Top 10 in Gran Bretagna e negli USA, ottenendo anche il riconoscimento di un disco d’oro.
All’inizio degli anni ’70, l’album aveva già venduto tre milioni e mezzo di copie. Quanto alla critica, agli inizi non ne è rimasta così impressionata. Forse perché i quattro erano troppo innovativi ed eccentrici per l’epoca. Il successo di critica è arrivato solo qualche anno più tardi. Ancora oggi, “Led Zeppelin I” è spesso annoverato tra le pietre miliari della storia del rock. La rivista statunitense Rolling Stone lo ha inserito alla 29ª posizione nella sua lista dei 500 migliori album di sempre.
A cura di Valeria Salamone
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