Led Zeppelin IV, quarto album in studio di una delle più grandi rock band di sempre, è uno dei dischi di maggior successo della storia. Uscito l’8 Novembre del 1971, il capolavoro si distacca, sin dalla particolarissima cover, dalla produzione precedente dei Led Zeppelin. Ancora oggi si parla di questo disco anche per tanti elementi accessori alla musica: la misteriosa villa in cui si è svolta parte delle registrazioni, la criptica copertina, i presunti messaggi nascosti, che sarebbero legati a occultismo e magia nera.
Ma Led Zeppelin IV è prima di tutto musica pura, il rock sperimentale per eccellenza degli anni ’70, e rappresenta per i suoi autori la ricerca dell’album “perfetto”. Con il loro quarto disco, Robert Plant, Jimmy Page, John Paul Jones e John Bonham abbattono tutti i record e, per la prima volta, conquistano in modo unanime critica e pubblico. Si stima che l’album abbia venduto in tutto il mondo circa 35,7 milioni di copie. Nel 2003 la rivista Rolling Stone lo ha collocato alla 69ª posizione nella lista dei 500 migliori album di tutti i tempi. Riscopriamo la straordinaria storia di quest’album, che contiene inoltre quell’inarrivabile poesia che è diventata il manifesto dei Led Zeppelin: Stairway To Heaven.
Led Zeppelin IV, l’album che rimette al centro la musica
Immaginate di acquistare oggi un disco con una copertina priva di autore e titolo, contenente meno di dieci tracce e uscito con quattro mesi di ritardo. Forse nulla di così strano, dopotutto. Ma immaginate adesso di farlo quasi cinquant’anni fa, nel 1971. E tenete conto che quel disco è il quarto album in studio della rock band più famosa del momento, i Led Zeppelin. Storcereste un po’ il naso? Probabilmente si. Di sicuro è quello che ha fatto all’epoca l’Atlantic Records, l’etichetta del gruppo. Un disco simile, non era certo ciò che si aspettavano i discografici, ma è stato esattamente ciò che volevano gli artisti. E, malgrado i pregiudizi, Led Zeppelin IV è diventato uno dei dischi più noti, celebrati e venduti della storia del rock.
Nel 1971, la band fondata da Jimmy Page veniva da un biennio eccezionale. In pochissimo tempo, con tre dischi, i giovanissimi Led Zeppelin avevano scosso il mondo della musica, colmando il vuoto lasciato dai Beatles, appena sciolti. Per intenderci, il pubblico aveva già conosciuto pezzi innovativi e potenti come i cavalli di battaglia Whole Lotta Love e Immigrant Song. Giunti al quarto disco, Page e compagni, sentivano che era il momento di rimettere al centro unicamente la musica, senza troppi orpelli. Volevano dimostrare appieno il proprio potenziale e distogliere l’attenzione dagli eccessi. Il quarto disco era anche un’aperta polemica e provocazione verso la stampa e la critica, che, sino a quel momento, avevano un po’ snobbato i Led Zeppelin, inquadrandoli in un solo genere.
Il nuovo che prende il posto del vecchio: il significato della cover di Led Zeppelin IV
La provocazione, ma anche la genialità di quest’opera, è evidente sin dalla cover e dal packaging del disco. Tutto ciò che vediamo sul fronte del disco, è l’immagine di un dipinto ad olio, appeso su una parete con la carta da parati rovinata. Il dipinto rappresenta un contadino che trasporta a fatica del legname sulla schiena. L’uomo, che si regge su un bastone, ha lo sguardo rivolto verso lo spettatore. Si tratta di un autentico dipinto a olio, comprato poco tempo prima dal frontman Robert Plant in un negozio di antiquariato a Reading, in Inghilterra. Autore e data del dipinto sono ignoti. Aprendo il disco, scopriamo che l’immagine del fronte prosegue sul retro. Front e back cover si fondono in un’unica immagine.
Oltre la parete, si vede un paesaggio urbano moderno, dove domina l’allora nuovissimo grattacielo Salisbury Tower, nel quartiere di Ladywood, a Birmingham. Sulla quarta di copertina, campeggiano in basso i titoli dei brani. L’unica firma riconoscibile, è costituita da quattro simboli misteriosi che rappresentano ognuno un componente del gruppo. Qui non è possibile soffermarci oltre su tali simboli, la questione richiederebbe un adeguato approfondimento in un articolo a parte. Ma il generale significato simbolico di questa cover è evidente e affascinante. A spiegarlo è il chitarrista Jimmy Page, in una intervista del 1981: l’immagine della copertina rappresenta la semplicità e l’armonia del passato che viene rovinata dal presente distruttivo. Il nuovo che invade il vecchio, il cemento che inghiotte la natura. Una realtà degli anni ’70. Spieghiamo adesso il perché di questa e altre scelte tanto radicali che determinano l’opera.
La scelta di un album senza nome
La cover di Led Zeppelin IV è un’operazione ancora più radicale del noto “White Album” dei Beatles, un disco totalmente bianco, dove però almeno si trovava scritto al centro il nome della band. Perché la scelta di un’iconografia così azzardata e in contrasto con il marketing musicale? Senza titolo, nome del gruppo, né logo della casa discografica, all’Atlantic Records l’album sembrava un “suicidio commerciale”. Ma l’obiettivo dei Led Zeppelin era dimostrare di poter fare a meno di tutto per realizzare un album, e che i loro fans li seguivano solo per la musica. Il gruppo era alla ricerca dell'”album perfetto” ed era inquieto, malgrado i gloriosi lavori alle spalle. I Led Zeppelin volevano conquistare la critica, convinta che il loro successo fosse guidato dalla moda e non dal talento. Con il terzo album la band era stata definita “slogan promozionale del rock”.
Ecco allora che già nel Dicembre del 1970 era iniziata l’estenuante gestazione del nuovo lavoro, presso gli Island Studios di Basing Streets. Il materiale poi, era stato perfezionato in totale segretezza e isolamento nella casa rurale di Headley Grange, una non troppo ospitale villa vittoriana dell’East Hampshire. L’uscita dell’album era stata programmata inizialmente per l’estate, ma a causa di continui rimaneggiamenti del missaggio finale, il rilascio subì più slittamenti. I quattro avevano rivisto più volte la forma dell’album. All’inizio si pensava a un doppio album, poi alla pubblicazione di quattro EP distinti. Infine, si era mantenuta la classica forma dell’LP. Mancava anche un titolo ufficiale: in accordo con la numerazione dei precedenti dischi, era stata indicata la generica dicitura “IV”. Ma sul catalogo della casa discografica compaiono appellativi diversi, relativi alla simbologia dell’opera: Four Symbols, The Fourth Album, Untitled, Runes, Sticks, ZoSo, The Hermit.
La registrazione di Led Zeppelin IV nella villa “maledetta” di Headley Grange
Come accennato, parte del disco è stata incisa nella vecchia abitazione rurale di Headley Grange. Si tratta di una villa tipicamente inglese di fine ‘700, immersa nel verde dell’East Hampshire, non troppo distante da Londra. Nel tempo il cottage è stato adibito a vari usi, da parrocchia per orfani e infermi a ostello per la gioventù. Poi è entrato nella storia proprio per aver ospitato, tra gli anni ’60 e ’70, studi di registrazione per importanti rock band, tra cui, oltre i Led Zeppelin, anche i Genesis e i Fleetwood Mac. Headley Grange si è presto conquistata l’appellativo di “villa maledetta” e “infestata”: secondo alcune leggende, al suo interno, in passato, si sarebbero consumati addirittura dei sacrifici. Chi ci è stato, ha riferito di presenze e strani rumori nella notte.
Sembrava il luogo ideale per Jimmy Page, da sempre affascinato da questo genere di dimore e appassionato di esoterismo. “Spettrale e sempre umida”, così il chitarrista ha definito l’isolata e leggendaria villa, che oggi è una residenza privata. Senz’acqua e senza luce, Headley Grange aveva un’acustica perfetta, che si prestava alla sperimentazione, tra echi, trombe di scale e corridoi cavernosi. I quattro, al tempo psicologicamente in formissima e lontani da qualche stupefacente di troppo, si sentivano molto ispirati. Alcuni dei più noti brani di Led Zeppelin IV sono nati proprio tra le ampie stanze della villa. Nel documentario americano “It Might Get Loud” (Davis Guggenheim, 2009) Page torna a visitare il cottage, per raccontare come sono stati realizzati alcuni suoni durante la registrazione di Led Zeppelin IV ad Headley Grange.
Produzione e novità musicali del disco
Andiamo adesso al prezioso contenuto di quest’opera. Pubblicato l’8 novembre 1971 dalla Atlantic Records, Led Zeppelin IV è stato prodotto dal chitarrista Jimmy Page e registrato tra dicembre 1970 e febbraio 1971. Musicalmente, il disco racchiude tutti i generi che i Led Zeppelin avevano toccato sino a quel momento: hard-rock, blues, country-folk. Il tutto arricchito da suoni che evocano atmosfere mistiche ed esoteriche. Tra i brani incisi a Headley Grange: Stairway To Heaven, realizzata in appena un giorno, e l’opening track Black Dog, ispirata da un labrador nero che andava e veniva dalla casa.
Quest’ultimo è stato l’unico singolo estratto dall’album, insieme a Rock ‘n’ Roll. Paradossalmente, il brano passato alla storia non è stato però un singolo, bensì Stairway To Heaven, della durata di ben 8 minuti. A differenza dei precedenti album, qui alla band si sono aggiunti altri musicisti. Insieme a Robert Plant (voce), Jimmy Page (chitarra), John Paul Jones (basso, polistrumentista) e John Bonham (batteria), troviamo Sandy Denny (cantante dei Fairport Convention) in The Battle of Evermore e il pianista dei Rolling Stones Ian Stewart, in Rock ‘n’ Roll. La maggior parte del materiale è stato scritto dalla band, ma c’è anche una cover del pezzo blues When the Levee Breaks di Memphis Minnie, reinterpretato in chiave hard rock. Vediamo adesso nel dettaglio la tracklist composta di 8 tracce.
Led Zeppelin IV, la tracklist, lato a
Il lato a di Led Zeppelin IV comprende le tracce Black Dog, Rock ‘n’ Roll, The Battle of Evermore e Stairway to Heaven. Black Dog è un brano rock-blues che si apre con l’inconfondibile urlo selvaggio di Robert Plant. Il titolo si riferisce a un labrador retriver nero che vagava attorno agli studi di Headley Grange durante la registrazione dell’album. Ma il testo non ha nulla a che fare con l’animale. La canzone, infatti, parla del bruciante desiderio dell’amore di una donna e della felicità che da esso ne deriva. I caratteristici suoni iniziali che precedono la parte cantata di Black Dog, derivano da nastri che rotolano messi in riproduzione da Page, che aveva registrato molte sovraincisioni.
Rock ‘n Roll, come da titolo, è un classico pezzo rock, reso però più hard, e mostra l’influenza di artisti del rock anni ’50, come Muddy Waters e Little Richard. La canzone è incentrata sul riff blues e la batteria. Si cambia totalmente registro con la terza traccia, The Battle of Evermore. Qui si respira un’atmosfera medievale, essendo il pezzo interamente suonato a mandolino e chitarra acustica folk. Il testo pare sia ispirato dall’apocalisse e dall’opera di Tolkien, di cui Robert Plant era un grande appassionato. La limpida voce della cantante folk Sandy Danny impreziosisce il pezzo. The Battle of Evermore è l’unica canzone dei Led Zeppelin in cui Robert Plant non è la sola voce a cantare. Un discorso a parte, merita il capolavoro indiscusso del disco, la traccia numero quattro: Stairway To Heaven. Ci torneremo in chiusura, dopo aver parlato del lato b dell’album.
Tracklist, lato b
Sul lato b, troviamo le restanti quattro tracce: Misty Mountain Hop, Four Sticks, Going to California e When the Levee Breaks. L’ascolto e il giudizio su questi pezzi, sono inevitabilmente condizionati dal precedente Stairway To Heaven. Si ha l’impressione che, superata la quarta traccia, ci sia un calo di qualità e coinvolgimento. Tuttavia, stiamo sempre parlando di brani di alto livello. Misty Mountain Hop è decisamente meno aulica e più scanzonata: un hard rock dall’andamento funkeggiante che narra di un incontro del gruppo con la polizia, dopo aver fumato marijuana in un parco. Four Sticks è così intitolata in onore alle quattro bacchette della batteria che Bonham era in grado di impugnare contemporaneamente. La canzone è caratterizzata da un riff potente e da un assolo di sintetizzatore, che imita, in modo ingannevole, la chitarra acustica.
Going To California è una malinconica ballad folk, eseguita con chitarra acustica e mandolino. I versi sono dedicati probabilmente a Joni Mitchell, cantautrice verso la quale sia Plant che Page nutrono una profonda ammirazione. L’ultimo brano di Led Zeppelin IV è la cover When the Levee Breaks, caratterizzata dall’uso dell’armonica a bocca per tutta la sua lunga durata. Si tratta di un remake di un blues di Memphis Minnie, registrato nel 1929, insieme al marito John McCoy. L’effetto di particolari riverberi della parte ritmica, è stato ottenuto posizionando la batteria vicino la tromba delle scale a Headley Grange. A rendere unico il suono di When The Levee Breaks è anche il fatto che la canzone è stata rallentata nel mix, amplificando ulteriormente il riverbero. L’unica parte del brano registrata a velocità naturale, è la voce di Robert Plant.
Stairway To Heaven, il capolavoro di Led Zeppelin IV (e non solo)
Torniamo indietro al brano numero quattro. Non è facile descrivere un brano immortale come Stairway To Heaven. Il pezzo mischia folk e hard rock in modo inedito ed è passato alla storia per tanti motivi. Senza dubbio, tra questi c’è anche la credenza che nasconda dei messaggi satanici, udibili se si riproduce il disco in senso contrario. Si tratta però soltanto di una grande leggenda, nata negli anni ’80, quando il gruppo si è sciolto. Non c’è, infatti, alcuna prova che confermi l’intento dei Led Zeppelin di celare un inno al demonio dietro Stairway To Heaven. I diretti interessati hanno sempre smentito tali voci, ritenendole ridicole e tristi. Page e gli altri hanno sì usato suoni a ritroso in alcune registrazioni, ma solo per ottenere precisi effetti sonori. Indubbiamente, l’ambiguità del testo, si presta a più interpretazioni.
Plant ha dichiarato di aver composto il testo sotto l’influsso della scrittura automatica, tipica di chi cade in trance. Dentro ci sono accenni alla dualità bene-male, al regno dei morti, a poteri sovrannaturali. Non è chiaro se l’ispirazione per la canzone sia venuta dal titolo del film “Scala al paradiso” (1946) o da un passaggio della Genesi, dove si trova il primo riferimento conosciuto a una scala per il paradiso. Sfuggente, mistica, trascinante. Alla fine poco conta di cosa parli Stairway To Heaven. Per 8 minuti ci trasporta in un continuo susseguirsi di emozioni diverse. Dall’introduzione con lo storico arpeggio di chitarra acustica, cui segue il suono dolce del flauto, alla seconda parte più vigorosa, che trasforma la ballata in un potente hard-rock, marchiato dalla chitarra elettrica. Questi 8 minuti sono tra i più famosi in tutta la storia del rock e sono diventati l’inno dell’intero repertorio ledzeppeliano. In una intervista con Rolling Stone, Page ha dichiarato: “[La canzone] ha cristallizzato l’essenza della nostra band. Aveva tutto e ci ha rappresentato al meglio. È stata una pietra miliare. Ogni musicista vuole fare qualcosa di duraturo, qualcosa che rimarrà a lungo nel tempo. Noi lo abbiamo fatto con Stairway“.
A cura di Valeria Salamone
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