Il limes romano, cioè il termine che designa il confine dell’Impero, sembra avere un’etimologia risalente alla scienza degli aruspici. La parola designa infatti la linea di demarcazione delle interiora degli animali sacrificati o il corso del Sole, della Luna e della fascia dello Zodiaco. Solo col tempo il termine passò agli agrimensori che lo utilizzarono per indicare le linee di demarcazioni tra campi.
Il limes romano: un passaggio “osmotico”
Al contrario dei moderni muri pensati per dividere completamente due mondi, il limes romano -una serie di strade e fortificazioni andatesi a strutturare nel corso dei decenni soprattutto da Augusto in poi- è un passaggio oltre il quale le legioni non vanno oltre.
I motivi per cui le legioni di solito non varcano questi limiti sono di solito di natura economica, ma oltre questi limiti l’influenza romana continua, è presente e non mancano fruttuosi scambi commerciali in tempo di pace. L’ Impero Romano stabilisce formalmente e strutturalmente un limes nel suo Impero ma culturalmente il suo dominio si estende anche oltre.

Viceversa Roma accoglie chi pacificamente varca il limes, per motivi politici, commerciali, di inserimento nelle fila dell’esercito. Per tutte queste ragioni i confini romani possono essere definiti, osmotici, porosi, dinamici. Solo in alcuni momenti storici strenuamente tesi alla chiusura e alla difesa. Si tratta in definitiva di un confine mobile, assolutamente non paragonabile alla Grande Muraglia Cinese, affidato soprattutto alle reti stradali e al presidio dei soldati che si spostavano laddove ve ne era più bisogno. Esclusi alcuni tratti di costruzioni più imponenti come il Vallo di Adriano, terrapieni, palizzate e fossati erano opere pensate per reggere solo a piccole incursioni. Quando le grandi migrazioni barbariche sul finire dell’Impero si riversarono verso il suo cuore il limes fu abbandonato.
Difesa e civilizzazione oltre il limes romano
Un aspetto fondamentale da ricordare è che laddove i romani avanzavano con i propri limites, spesso portavano anche importanti opere di sviluppo dei territori. Il controllo dei confini infatti non si esauriva certo nella guardia del territorio e del dislocamento delle truppe ma in tutta una serie di servizi di cui beneficiavano anche le popolazioni a ridosso dei confini. Vicino gli accampamenti sorgevano infatti strade, negozi, laboratori, artigiani, e abitazioni. Qui vivevano infatti oltre ai militari, anche i mercanti, i fabbri, i carpentieri, i medici, i veterinari e qualche prostituta. Insomma i barbari che vivono oltre l’Impero e che in tempo di pace varcavano il confine per commerciare, stipulare accordi, ne traggono addirittura beneficio.
Varo, Varo, rendimi le mie legioni!
Una provincia particolarmente difficile da conquistare fu la Germania. Dopo alcune vittorie di Druso e Tiberio fu Quintilio Varo ad assumere il governo civile e militare della regione. Si pensava che i territori, abitati da genti legate da patti di amicizia con Roma, sarebbero stati conquistati con facilità. Ma la sconfitta romana dell’esercito di Varo contro Armino nella selva di Teutoburgo fu terribile. L’8 Settembre del 9 d.C. 20.000 soldati cadono sul campo; le legioni XVII. XVIII, XIX sono distrutte e nessun’altra legione avrà più tale numerazione.

Lo storico Svetonio così racconta il dolore di Augusto:
“Il suo cruccio fu tale che per mesi si lasciò crescere la barba e i capelli e talvolta picchiava la testa contro le porte urlando: <<Quintilio Varo rendimi le mie legioni>>”
La sconfitta di Teutoburgo cambiò la topografia politica romana radicalmente e anche il dislocamento delle legioni che passarono da 6 a 8 a sinistra del Reno, ritenuta una delle zone più tormentate dell’Impero.

Ma se Roma perse la Germania, anche la Germania perse Roma, infatti come si è detto laddove l’Impero si estendeva portava il sua ampio grado di civiltà con villaggi ben attrezzati o addirittura città dotati di piazze, fori, terme, basiliche.