Il 9 Dicembre Netflix ha rilasciato il nuovo film di Sydney Sibilia, “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose”, che in poche settimane ha già raggiunto la vetta della classifica dei film più visualizzati sulla piattaforma streaming. Un vero successo, che fa ben sperare per il futuro del cinema italiano. Grande protagonista della pellicola è Elio Germano, che interpreta Giorgio Rosa, un eccentrico e creativo ingegnere bolognese. Trovatosi spesso ad avere problemi con le autorità, Giorgio viene arrestato per l’ennesima volta per aver girato per Bologna con un’auto da lui costruita, dunque senza targa e senza bollo.

A questo punto, trattato da tutti come un folle che non vive nel mondo reale, in primis dall’ex ragazza Gabriella e dal padre, Giorgio decide di costruire un’isola tutta sua dove poter vivere senza regole. Così, nel 1967, inaugura l’Isola delle Rose, una piattaforma artificiale di 400 m2 da lui costruita in acque internazionali, a 6km dalla costa riminese. Questo, e la successiva dichiarazione di indipendenza, creeranno non pochi problemi con il governo italiano. Nel ’69 l’Italia, per distruggerla, darà il via all’unica guerra di invasione della Repubblica Italiana.

Trailer del film

Chi era davvero il sognatore raccontato da Sibilia, Giorgio Rosa?

L’isola nel film rappresenta l’utopia di un sognatore, che fa ciò che tutti credono impossibile. Questa sensazione viene restituita dall’immagine della prima notte di Giorgio sulla piattaforma, quando il cielo e la luna si riflettono nel mare, colpendo l’isola con la loro luce. Giorgio, sembra quasi vivere in una dimensione non terrestre, elevato nel cielo blu riservato ai veri sognatori. L’ingegner Rosa è dunque un sognatore, un anarchico, o almeno così lo descrive Sibilia, tratteggiando i contorni di un eroe da cinema classico statunitense. Tuttavia il film non racconta alcuni lati importantissimi del nostro protagonista, lasciando allo spettatore la sensazione che manchi qualcosa in questo personaggio.

Giorgio Rosa, infatti, dipinto dal regista come un anarchico o accostato ai sessantottini, non era esattamente nessuna di queste due cose. Non era totalmente un anarchico perché, come gli dice il ministro nel film, lui ha cercato l’approvazione delle Nazioni Unite per far diventare la sua isola uno stato a tutti gli effetti. Non era un sessantottino perché la sua volontà non era quella di associarsi ai movimenti degli studenti del tempo, anche se involontariamente quegli studenti si sono riversati sulla sua isola. Rosa era un ex militante della Repubblica di Salò, uno che non approvava ciò che era successo all’Italia nell’immediato dopoguerra. Ma era anche un dannunziano, che voleva considerarsi, con la sua isola, una via di mezzo tra la politica occidentale e quella comunista. Ecco l’idea di libertà di Giorgio, che nel film viene ridotta ad uno slancio hippie o dato dall’epoca storica (il 1968).

L'isola nel film "L'incredibile storia dell'Isola delle Rose" di Sydney Sibilia - Photo Credits: Blog ScreenWEEK.it
L’isola nel film “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose” di Sydney Sibilia – Photo Credits: Blog ScreenWEEK.it

Cosa ci è piaciuto de “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose”

Questo film tuttavia, nonostante le semplificazioni sulla complessità di un personaggio come l’ingegner Rosa, è di grande importanza per il cinema italiano. Questo perché racconta una storia dal respiro internazionale di un ribelle nostrano, e lo fa in un modo molto moderno che strizza l’occhio al cinema estero, in particolare statunitense. Diversi i richiami a “I love radio rock”, probabilmente perché questa ambientazione un po’ già da sé ricorda il film di Curtis. Sicuramente si vede, soprattutto nell’immagine, il tocco della piattaforma streaming, con la proposta di immagini pulite e inquadrature “ordinate” in tipico stile Netflix. Ma c’è anche qualcosa in più. Interessante la fotografia che richiama quella dei film anni ‘60, ricreando un po’ l’effetto cromatico dell’Ectachrome della Kodak dei film d’epoca.

Anche l’uso della musica non è banale, con grandi pezzi che omaggiano gli anni ’60 inseriti nelle scene molto sapientemente. Tra questi ricordiamo Mes Amies, My Baby Loves Me e Hey Joe di Jimi Hendrix, oltre ad una selezione di vecchi brani italiani. La penna di Sibilia e Francesca Manieri delinea bene la storia di questo sognatore italiano, forse però eccedendo nel sottolineare la tematica. Quello che vogliono raccontare è infatti un messaggio già fin troppo chiaro, e rafforzarlo con linee di dialogo didascaliche, soprattutto la frase pronunciata da Gabriella (Matilda de Angelis) nel finale, è forse un rischio. Ma questo non rende il film meno godibile. Ad aiutare è sicuramente una grande interpretazione di Elio Germano, che con il suo perfetto accento bolognese dà prova delle sue già note doti attoriali.

Elio Germano e Tom Wlaschiha nel film "L'incredibile storia dell'Isola delle Rose" di Sydney Sibilia - Photo Credits: GQ Italia
Elio Germano e Tom Wlaschiha nel film “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose” di Sydney Sibilia – Photo Credits: GQ Italia

La storia narrata da Sibilia: vecchio contro nuovo

Questa voglia di libertà presentata dal regista, si concretizza in uno scontro tra vecchio contro nuovo. Nel mostrarci una riunione a Palazzo Chigi, Sydney mette al tavolo una fila di ministri molto anziani, che presentano idee stantie, con frasi che in alcuni punti risultano forse un po’ didascaliche se messe in bocca a una persona vera. Oppure ci fa vivere un incontro tra Chiesa e Stato nella Città del Vaticano. In contrapposizione ci mostra le immagini dei movimenti del ’68, anno in cui è ambientata la vicenda. Oppure le immagini dei party sull’isola, considerato luogo di perdizione.

Tuttavia, pur mostrandoci come la creazione di Giorgio Rosa fosse stata accolta malamente dalla classe politica italiana, Sibilia vuole ripulire la vicenda da fattori puramente politici. Quello che vuole fare è, invece, restituire in maggior misura rispetto alle influenze politiche la dimensione del sogno. “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose” non è solo la storia di Giorgio, ma di tutti. E colpisce lo spettatore perché in un mondo che ti dice che ad un certo punto devi gettare la spugna e dire di sì a qualunque opportunità ti si presenti, seppur lontana da quella dei tuoi sogni, ti ricorda che invece puoi dire di no e seguire la tua strada. Che puoi “cambiare il mondo, o almeno provarci”, come dice Gabriella a Giorgio.

Paola Maria D’Agnone

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