“Lolita”, che fine ha fatto la “Ninfetta” del film

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Di Federica De Candia

“Era Lo, nient’altro che Lo al mattino, dritta nel suo metro e mezzo e un calzino solo. Era Lola in pantaloni, era Dolly a scuola, era Dolores sulla linea punteggiata dei documenti ma tra le mie braccia fu sempre… Lolita. Luce della mia vita, fuoco dei miei lombi, mio peccato, mia anima“. Dalla penna leggera e puritana dello scrittore russo Vladimir Nabokov, agli schermi del cinema: anche Stanley Kubrick, anni prima, aveva creato il film dal romanzo. La ninfetta è ora vista dagli occhi del regista di “Flashdance“, “9 settimane e mezzo”, Proposta indecente”, “Attrazione fatale“. Stasera in tv “Lolita“: “..L’ultima Lolita è splendida“, dalle parole del figlio del romanziere.

Nel 1997, il regista Adrian Lyne, compie la seconda, ardua, trasposizione dell’opera russa. Come già il suo predecessore nel 1962 Kubrick, che riuscì a coinvolgere lo stesso autore nella stesura della sceneggiatura. Ma stavolta, il nuovo film non deluderà Vladimir Vladimirovič Nabokov, padre della narrativa di San Pietroburgo. “Concepita con sensibilità ed è stata magnificamente prodotta“, dirà suo figlio Dmitri della Lolita del film, “Lungi dall’essere l’esplicita provocazione che alcuni hanno temuto e altri desiderato, raggiunge una dimensione cinematografica poetica più vicina al romanzo di quanto la lontana approssimazione di Kubrick abbia fatto. La Lolita di Lyne tende a lasciare la fantasia dello spettatore libera di provvedere a se stessa, così come la prosa di Nabokov ha fatto per il lettore…“.

LO strano sentimento

Agognavo un terrificante disastro, un terremoto, un’esplosione spettacolare. Sua madre istantaneamente eliminata insieme a ogni altro essere umano nel raggio di molte miglia. Lolita, tra le mie braccia”. Humbert Humbert (Jeremy Irons) è un professore britannico di letteratura francese. Che alla ricerca di un alloggio, nell’estate 1947, trascorre i mesi di vacanza, presso la casa della vedova Charlotte Haze (Melanie Griffith). Flemmatico, apparentemente composto, avrà l’inaspettato incontro con la figlia quattordicenne di lei, Dolores, detta Lolita (Dominique Swain). La spierà in giardino, si lascerà tentare dagli atteggiamenti smaliziati della ragazzina, tanto da sposare la madre solo per poter restare accanto alla giovane. Appunterà meticolosamente e con smania incontrollabile, ogni dettaglio in un diario, trovato un giorno da Charlotte. Fino il tragico incidente che ucciderà la madre, e lascerà un incontrovertibile finale alla la storia tra patrigno e figliastra.

Adrian Lyne vuole al suo fianco lo sceneggiatore Stephen Schiff. E diverse furono le difficoltà incontrate per far uscire il film nelle sale. La versione contiene contenuti di sessualità esplicita ritenuti osceni, tra il professore e l’adolescente. Il tema del racconto è estremamente delicato, e poco si può fare per non parlare di pedofilia. Nabokov attribuì alla graziosa e delicata ninfetta l’età di 12 anni, e 37 anni a Humbert. Ma Adrian Lyne decise di dare a Lolita un’età superiore, di 14 anni, per contenere e arginare lo scandalo. Come Stanley Kubrick, prima, che ne assegnò 16. Lo stesso Jeremy Irons inizialmente era restio ad accettare il ruolo del professor Humbert, perché padre di figli adolescenti. Il regista, però, non riusciva a vedere nessun altro per la parte, e insistette in ogni modo per averlo.

Non chiamatela Ninfetta

Lolita“, stasera in tv, è la pellicola maggiormente fedele al testo scritto. Si fa riferimento anche alla ragazzina di cui il protagonista si innamorò durante l’estate dei suoi 14 anni, e invece assente nel primo film. A lei, alla sua prematura scomparsa, si attribuisce il desiderio inconsulto di Humbert di coltivare passioni con adolescenti, nel tentativo di ricreare quel vecchio amore: “Non ci sarebbe stata nessuna Lolita forse, se non avessi un giorno conosciuto Annabel. Avevamo entrambi quattordici anni e quello che succede ad un ragazzo nell’estate dei suoi quattordici anni… lo segnerà per la vita. L’Hotel “Il Mirana” apparteneva alla mia famiglia. Lei voleva fare l’infermiera. Io volevo diventare una spia. Tutto a un tratto ci innamorammo follemente e senza speranza. Quattro mesi dopo, morì di tifo. Lo shock della sua morte gelò qualcosa dentro di me. La ragazzina che amavo era scomparsa. Ma continuai a cercarla ovunque… Anche dopo essermi lasciato alle spalle gli anni della giovinezza. Il veleno era nella ferita ormai, una ferita che non si sarebbe mai più rimarginata“.

Come è stato mai possibile realizzarlo? Come hanno osato fare un film su Lolita?”. Queste le frasi scelte per propagandare il film. La giovane attrice voluta dal regista fra circa 2500 ragazze del provino per interpretare Lolita, aveva solo 15 anni e frequentava la Malibù High School, in California. Essendo minorenne, nelle scene erotiche fu sostituita da una controfigura. “Lolita” ha scatenato pareri discordanti e critiche all’opposto: “Non c’è nulla di morboso, ma nemmeno di moralistico“. L’inglese Lyne dà alla storia un’impronta americana, con la sua maestria nell’eros. A differenza di Kubrick, che non può far a meno di cancellare il tragico e il cupo della vicenda. Ma, certa stampa, non transige alla malata depravazione, non addolcita neanche dal racconto epico e sognante di altri tempi. Blasfemo menzionare Nabokov. E non chiamatela “Ninfetta”, tuoneranno i critici.

Dominique Swain per tutti Lolita

Il romanzo, pur presentandosi come un classico privo di qualunque parola oscena, nessuna casa editrice negli Stati Uniti volle pubblicarlo. Soltanto nel 1955 venne edito a Parigi, con il ‘merito’ di introdurre nel vocabolario le due parole più discusse: “ninfetta” e “lolita” usato come sostantivo. Tra sentimenti pruriginosi e velate perversioni, scorrono in mezzo fiumi di polemiche. Ma il ‘tomo’ della discordia, continuò a essere ristampato sino ad oggi. “La guardai, ed ebbi la consapevolezza, chiara come quella di dover morire, di amarla più di qualsiasi cosa avessi mai visto o potuto immaginare. Di lei, restava soltanto l’eco di foglie morte, della ninfetta che avevo conosciuto. Ma io l’amavo questa Lolita, pallida e contaminata, gravide del figlio di un altro. Poteva anche sbiadire e avvizzire, non m’importava. Anche così sarei impazzito di tenerezza alla sola vista del suo caro viso“. La colonna sonora di “Lolita” di Ennio Morricone, rende intenso ogni primo piano, e ogni voce accorata, avvicinandosi alle sonorità avvolgenti di “C’ERA UNA VOLTA IN AMERICA“.

Dominique Swain, Lolita del film di Lyne, cerbiatta in amore o acerba donna in treccine, apparecchio ai denti e l’immancabile leccalecca in bocca, ha interpretato quello stesso anno, “Face/Off – Due facce di un assassino“, il capolavoro di John Woo in cui è la figlia ribelle del personaggio di John Travolta. Protagonista anche di “Nazis at the Center of the Earth“, la versione “Asylum” di Iron Sky. Il suo ultimo film è “Meteor Moon“. A 21 anni è diventata la più giovane modella ad aver posato nuda per una campagna animalista della PETA. Senza mai svestirsi dell’ambiguo conturbante aggettivo di ‘Lolita’. Nel 2002 è stata inoltre eletta tra le 102 donne più sexy del mondo dalla rivista Stuff.

Federica De Candia per Metropolitan magazine