“L’ombra di Goya”: la nostra recensione sul film-documentario diretto da José Luis López-Linares e scritto da Jean-Claude Carrière e Cristina Otero Roth, è arrivato nelle sale il 6, 7 e 8 Marzo. Dopo essere stato presentato al 75esimo Festival di Cannes, il regista del film campione d’incassi “Bosch. Il giardino dei sogni”, torna al cinema con la storia di un altro grande della storia dell’arte mondiale. Grazie ad un team di dodici specialisti di diverse discipline, il regista cerca di raccontare la ricca opera del genio spagnolo in un modo insolito e molto personale.
“Abbiamo passeggiato nei luoghi in cui Goya ha vissuto e dipinto. Jean-Claude Carrière ha condiviso i suoi pensieri su ciò che questi spazi, queste opere e l’atmosfera che regnava in questi luoghi gli ispiravano via via. La sua conoscenza della materia era enciclopedica e le sue riflessioni vivaci (…). Come regista, mi comporto come un archeologo sensibile, un passante che propone idee, emozioni nascoste dietro ogni scoperta. Mi piace pensare che faccio film anche per i morti, per i miei genitori e i miei amici, per Chesterton e Miguel de Cervantes, per il mio bisnonno Alfredo che ha combattuto ed è morto a Cienfuegos, per Goya naturalmente e per Jean-Claude Carrière. Spero che da dove si trova ora, questo film possa piacergli. Volevo che lo spettatore percepisse il più fedelmente possibile ciò che la sordità di Goya ha cambiato nella sua vita e nella sua arte (…). Il nostro approccio è stato quello di cercare di scavare un buco nelle Pitture nere di Goya per vedere cosa c’era dietro”.
José Luis López-Linares
“L’Ombra di Goya”, docu-film sul più eclettico artista spagnolo
“Darò una prova per dimostrare coi fatti che non ci sono regole in pittura”
Goya
Così sosteneva Francisco Goya. Eccezionale ritrattista, celebrato pittore della corte spagnola, narratore acuto e spietato osservatore dei vizi, dei paradossi umani e dell’ipocrisia moderna. Cortigiano e anticonformista, attento alla tradizione ma innovatore. Il suo stile ha attraversato svariati generi: dal Rococò al Neoclassicismo, dal Romanticismo all’Illuminismo. Goya li ha attraversati tutti, ma ha elaborato il suo personalissimo ed originale stile. La sua lunga vita, muore all’età di 82 anni nel 1828, è stata sempre vissuta per la pittura e con la pittura. Non mancarono certo delle difficoltà sia in campo artistico che privato, ma la forte personalità di Goya e la sua straordinaria bravura lo hanno portato poi a diventare uno dei massimi esponenti dell’arte spagnola.
Nei suoi quadri, Goya ha raccontato senza censure la società spagnola in particolare e l’umanità in generale. Ritratti sinceri di una società non priva di contraddizioni, assurdità, superstizioni e persino crudeltà. Un uomo diviso in due. Il Goya pubblico, il “Pintor del rey”, ufficiale, composto e acclamato per la sua bravura e il Goya privato che ricopre le pareti di casa sua di straordinarie pitture oscure, grottesche e a tratti blasfeme. Ed è proprio questo dualismo che il regista ha voluto mettere in evidenza nel film. Invece di prediligere il percorso cronologico, “L’Ombra di Goya”, riesce a spaziare tra opere di periodi diversi, tutte collegate tra loro dalla guida e dalle riflessioni di Jean-Claude Carrière.
Il viaggio di Carrière tra i capolavori di Goya
Per esplorare le infinite facce dell’artista, il regista sceglie un corteo di esperti ed appassionati. Primo fra tutti c’è Jean-Claude Carrière, storico amico e collaboratore di Luis Buñuel, sceneggiatore, scrittore, attore e regista, che López-Linares ha avuto la fortuna di filmare un anno prima della sua scomparsa. Insieme ripercorrono le orme del pittore spagnolo. Nel corso della narrazione ognuno degli intervistati fa, con le sue competenze, dei commenti sull’artista spagnolo. Se ci si aspetta, però, il classico documentario sulla vita e le opere di Goya, si è completamente fuori strada. Il film è un viaggio, anzi, è il viaggio di Carrière che, come una guida insolita, racconta Goya esplorando le relazione tra cultura ed emozioni, cinema e pittura.
Ed è proprio Jean-Claude Carrière il secondo protagonista di questo docu-film. L’ “enciclopedista al tempo dei fratelli Lumière “, come lui stesso si è definito, guida gli spettatori verso un’insolita scoperta delle opere del maestro spagnolo. Non una semplice spiegazione tecnica ma un continuo parallelismo con esperienze personali e con l’attualità. Numerosissimi anche i parallelismi con l’operato del suo caro amico Buñuel. Regista cinematografico spagnolo, fin dai suoi primi film rivela la sua potente immaginazione surrealista. I suoi film sono diventati capisaldi dell’avanguardia storica cinematografica, grazie all’esplorazione radicale nei territori dell’inconscio. I parallelismi sono continui e forse anche troppi, se ci si aspetta di sentir parlare solo di Goya. Se non si ha una conoscenza pregressa del narratore e di Buñuel probabilmente si farà anche fatica a comprendere a pieno alcune delle similitudini.
Se si pensa che l’anno dopo aver girato il documentario Carrière è scomparso, il tutto acquisisce ancora più valore. L’esplorazione di Goya è l’ultimo viaggio di un uomo ormai 90enne che davanti alle due “Mayas” le saluta con tenerezza come se stesse dicendo addio ad un’amica. Tanti i parallelismi anche con altri campi dell’arte, come la musica, ad esempio, e chiaramente il cinema. Interessante anche l’intervista ad un otorino che spiega come venivano percepiti i medici all’epoca di Goya e ci restituisce un insolito punto di vista su come la sordità avesse cambiato il pittore come uomo e come artista.
“Lui non c’è più ma è ovunque”
Jean-Claude Carrière, in un passaggio finale del film, riferendosi a Goya
Ilaria Festa
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