“Lucy”: Luc Besson e l’urgenza di parlare di intelligenza

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Di Redazione Metropolitan

Qualche anno dopo il successo di “Limitless”, che già esplorava quell’oscura area oltre i confini dei limiti del cervello umano, arriva un film francese a conciliare scienza e azione: “Lucy” di Luc Besson. Si tratta di un “action thriller su base scientifica”, come lo definiva nel 2014 il The Guardian.

Ma da dove nasce questo thriller? Nasce più o meno nel 2004, dieci anni prima dell’arrivo nelle sale da “un’idea di parlare di intelligenza”. Il regista Luc Besson, infatti, affascinato dagli studi sul cervello umano, si è lanciato in una full immersioncon scienziati e professionisti, assorbendo una mole di informazioni che urgeva restituire ad un pubblico più ampio.

Preparandoci alla prima serata di Italia1, ripercorriamo il come e il perché di questo percorso che ha portato il regista a coniugare informazione e intrattenimento in uno dei film francesi più di successo in assoluto.

Lo studio di Besson dietro “Lucy”

In un’intervista distribuita dalla Universal Pictures International, Besson raccontando dei professionisti con cui ha collaborato per le sue ricerche riporta:

Dodici di loro erano premi Nobel e tutti sono all’interno dell’ICM, l’istituto per la ricerca sul cervello di Parigi. […] Sono rimasto affascinato e ho assorbito tutte le informazioni che mi hanno trasmesso. Con alcune potresti fare un film, con altre è impossibile, ma io ero alla ricerca di una sorta di nutrimento.”

Si accende quando parla di aspetti che hanno particolarmente colpito il suo immaginario: “Mi hanno parlato […] del fatto che abbiamo miliardi di cellule che comunicano tra di loro inviandosi circa un migliaio di segnali al secondo per cellula! Internet non è nulla a confronto!”

Morgan Freeman e Scarlett Johansson: i due poli del film

Tutto inizia da una teoria secondo cui usiamo solo il 10% del cervello, la maggior parte delle risorse non le sfruttiamo nemmeno. Mi sono chiesto: ma cosa succederebbe se qualcuno ci riuscisse? Ecco, quel qualcuno è Lucy”.

Racconta il regista a HotCorn nel 2021.

A Scarlett Johansson l’ardua sfida di interpretare un personaggio che nell’arco narrativo del film passa da giovane e fragile studentessa di Taipei ad una supereroina in grado di sfruttare al 100% le potenzialità del proprio cervello. A lei è affidata l’azione. L’intrattenimento puro che è parte del cuore del film.

Ma, come sottolinea Besson stesso, “in un film d’azione non è male avere vero contenuto”. A questo serve l’altro polo fondamentale del film: il professore Samuel Norman, interpretato da Morgan Freeman. A lui è affidata “la verità”: “quello che dice lui è al 90% scientificamente provato”.

Besson aggiunge: “È qui che l’equilibrio si fa molto interessante perché c’è lei, che è puro intrattenimento. È un film. Ma l’altra metà è verità e se mescoli le due parti abbastanza velocemente non si più cosa è vero e cosa non lo è.

Prontə o no a questo mescolarsi di scienza e fantascienza, verità e finzione (o semplice anticipazione di un futuro remoto), stasera “Lucy” arriva nelle nostre case, esplosiva come non mai.

Debora Troiani

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