Luigi Rasi, in scena vizi e virtù

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Di Redazione Metropolitan

Vizi e virtù-I monologhi di Luigi Rasi. Sabato 10 novembre alle 17 al teatro Rasi di Ravenna. Una piazza, un bar. Una donna che entra in scena e appoggia un libro sul tavolo. Inizia così la carrellata di attori con cui prendono corpo gli stati d’animo descritti da Luigi Rasi nei monologhi, scritti tra il 1888 e il 1893. Il furore. Il senso del ridicolo. La felicità. La paura.

A chiudere il sipario  Roberto Ancherani, classe 1966, nei panni dello scrittore ravennate che saluta e ringrazia. Spazio aperto e interpretazione corale nella mis en scene della compagnia Luigi Rasi diretta da Alessandra Casanova, in scena il 10 novembre alle 17 al teatro Rasi di Ravenna. Un omaggio nel centenario della sua morte, nel 1918.

ALESSANDRA CASANOVA (PHOTO CREDITS COMPAGNIA RASI)

La sua passione per il teatro sboccia a Firenze, dove la sua famiglia si trasferisce nel 1867 e dove nel 1882, dopo l’esperienza di attore nella compagnia Sadowsky, dirige la prima scuola di recitazione governativa, l’Accademia dei Fidenti. Sono gli anni in cui nasce la regia teatrale, mentre l’Italia è rimasta ancorata alle sue tradizioni. Arrivano gli echi di Ibsen, Strinberg, Cechov.

Rasi porta avanti una battaglia discreta, senza clamori, crede che il teatro possa svecchiarsi, liberarsi dalle improvvisazioni facili, dal protagonismo eccessivo dei primi attori, portare in scena testi più impegnativi, fare suoi gli ideali risorgimentali.

Giovanna Bosi Maramotti, in uno scritto del 1988, inquadra però la sua impresa intellettuale in confini abbastanza modesti, rispetto all’area di ricerca di Antoine, Craig o Stanislavskji, ma “i limiti non sono suoi, sono del mondo culturale italiano e del peso di una tradizione che non sapeva o non aveva il coraggio di liberare forze nuove e aprirsi agli sperimentalismi”.

Non ha la genialità dell’innovatore, ma lo spessore dello studioso appassionato. Crea una biblioteca all’interno della sua scuola, raccoglie memorie teatrali, libretti, canovacci di commedie, ma anche fotografie, caricature, oggetti di scena. È l’appendice di quella che sarà la sua opera principale, I comici italiani. Biografia, bibliografia, iconografia, dizionario biografico sugli attori dal Cinquecento in poi, scritta tra il 1897 e il 1905 per l’editore Bocca.

I COMICI ITALIANI (FOTO DAL WEB)

Dedica una monografia a Eleonora Duse, che pubblica nel 1901 e che lei non ha mai letto. I due si conoscono poco tempo prima, quando l’attrice gli chiede di rilevare la sua compagnia e lui la segue nella tournée del 1899 in Austria, Germania, Ungheria. Non è un rapporto facile, lui ammira il suo talento ma è sconcertato dal suo continuo infrangere le regole, si sente messo in discussione come direttore.

Collabora alla messinscena de Le maschere di Pietro Mascagni, conosce Craig, che segue dalle pagine della rivista The Mask e con cui c’è uno scambio di lettere, ma sono mondi distanti, lui è un erudito del teatro, l’altro è la sua metamorfosi.  A Firenze, dove  si respira il clima vivace delle novità artistiche e letterarie, collabora con le riviste, scrive saggi (L’arte del comico del 1883), commedie  (Armanda ritorna nell’89 , La commedia della peste nel 1911) e guarda con attenzione a quello che sta accadendo in Europa, ma deve fare i conti con quello che ha per le mani.

L’ARTE DEL COMICO (PHOTO CREDITS IBS)

Una scuola di recitazione statale, con fondi risicati, dai quali escono attori come Annibale Ninchi e Gabriellino D’annunzio, ma con risultati complessivamente inferiori alle sue aspettative. Ravenna, dove è nato nel 1852, alla sua morte reclama le ceneri, che oggi sono nel cimitero monumentale, mentre la collezione di documenti e cimeli si trovano alla Biblioteca del Burcardo a Roma.

Per info sullo spettacolo: [email protected]

Anna Cavallo