Madonna – Like A Prayer: 35 anni di intimità

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Di Alessandro Carugini

Like a Prayer è il quarto album in studio di Madonna ed è uscito il 21 marzo del 1989. In questo lavoro la cantante italo americana torna a collaborare con Patrick Leonard e Stephen Bray, con i quali aveva lavorato al suo precedente album in studio True Blue del 1986 e alla colonna sonora del film del 1987 Who’s That Girl.

Like A Prayer, un album ‘diverso’ di Madonna

Senza ombra di dubbio questo disco è l’uscita più introspettiva dell’epoca, Like a Prayer è un disco pop con elementi di rock e dance. I testi trattano temi molto cari a Madonna, molto personali. La cantante affronta argomenti che non aveva mai trattato fino a quel momento per la paura di mostrare le sue debolezze. La sua educazione cattolica, il suo matrimonio travagliato con l’attore Sean Penn, la morte di sua madre e il rapporto con suo padre.

Alla sua uscita il disco ha ricevuto il plauso universale della critica musicale, che ne ha elogiato il tono introspettivo, la coesione e l’accresciuto merito artistico di Madonna. Anche al pubblico piacque molto, raggiungendo la vetta delle classifiche in 20 paesi ed è stato certificato quadruplo disco di platino negli Stati Uniti dalla Recording Industry Association of America. In tutto il mondo ha venduto oltre 15 milioni di copie ed estratti ben sei singoli!

Like A Prayer, il singolo

Like a Prayer è il primo singolo estratto dall’omonimo album di Madonna. Si tratta di una canzone pop rock con elementi gospel. Infatti un coro offre voci di sottofondo che accrescono la natura spirituale della canzone, mentre una chitarra elettrica mantiene la musica oscura e misteriosa. Nel testo della canzone, Madonna introduce alcune parole liturgiche, ispirate da quella educazione cattolica con la quale è cresciuta, ma ne cambia il contesto; posseggono sfumature di significato che permettono sia un’interpretazione religiosa, ma anche allusioni sessuali.

Like a Prayer è stata acclamata dalla critica e fu un successo commerciale! Il Vaticano ha condannato il video promozionale del brano, mentre gruppi di famiglie e gruppi religiosi hanno protestato contro la sua programmazione. Tali gruppi hanno inoltre deciso di boicottare i prodotti della Pepsi, che ha usato la canzone per il suo spot pubblicitario. Preoccupata per la situazione, la Pepsi decise di rescidnere il contratto, lasciando alla cantante il suo compenso.

Express Yourself

Express Yourself, brano dall’atmosfera squillante e ottimista. Fiati robusti e voce soul. Ci coglie un attimo di spaesamento. Siamo forse tornati indietro nel tempo? Madonna, non più penitente ma allegra consigliera di compagne meno avvedute, ritrova lo slancio degli esordi e inietta alle sue ascoltatrici una dose rivitalizzante di autostima. Le incita a osare il massimo, a scegliere un amore da prima fila, a non aver paura di esprimere i propri sentimenti e costringere all’outing anche i loro uomini.

Forse alcune femministe dissentiranno all’idea che qualcuna cerchi la carica emotiva di un compagno capace di omaggiarla come “a queen on a throne”. Eppure nell’invito di Madonna: starsene per conto proprio piuttosto che accontentarsi di una relazione qualunque.

Ascoltando queta canzone sembra di stare davanti al tavolo di Sex and the City dove le quattro protagoniste si ritrovano ogni settimana per scambiarsi consigli, conforti e racconti di avventure piccanti. Madonna ci mette la disinvoltura aggressiva di Samantha e la speranza del vero amore di Carrie: il suo facile credo è Express yourself Express himself Respect yourself.

Dirà Madonna al New York Times: “Il messaggio della canzone è che la gente dovrebbe sempre esprimere i propri sentimenti. È importante riuscire a dire quello che vogliamo, è l’unico modo per ottenerlo. E se non lo facciamo, rimaniamo incatenate alla frustrazione della nostra incapacità. Così è anche nella relazione a due: parlare di quello che proviamo e delle cose che preferiremmo è un’arma formidabile nella battaglia per il potere tra i sessi. Perché ogni relazione alla fine è una guerra per il potere… e c’è sempre un certo grado di compromesso. Di solito siamo noi donne a cedere, scegliamo di farlo perché finiamo con l’essere grate agli uomini che ci amano. Nessuno ci mette la catena al collo, ce la mettiamo da sole con la forza del nostro desiderio.

Love Song

Prince e Madonna! Eccoli qua languidamente l’una contro l’altro in un duello erotico-canoro dove lui alterna i noti falsetti ad allettanti toni scuri, mentre lei si sente spinta a dar prova delle sue diverse qualità vocali dissimulando lo sforzo con grazia laconica.

I due artisti mormorano, sospirano e si sussurrano all’orecchio frasi d’amore. Si fanno dolci sorrisi e frecciate stuzzicanti. Lei è già in posizione di sfida: Sono pronta. Siete pronti anche voi? Lui non mancherà di provocarla con toni docili (“Come, tell me what all your enemies told you”) ma intanto si rincorrono per tutto il brano, ma giurano e non mancano si spergiurare “Dio mi fulmini se ti ho fatto credere il contrario” e questa non è una canzone d’amore.

Da tempo ammiratori del rispettivo lavoro e già icone degli anni Ottanta, Prince e Madonna si conoscono nel 1985 agli American Awards. Tre anni più tardi prendono in considerazione l’idea di scrivere un musical insieme. Si incontrano poi a più riprese nei Paisley Park Studios di lui a Chanhassen, nel Minnesota. Mettono sul tappeto esperimenti, progetti, ipotesi di lavoro, ma non vanno mai al di là di questo: hanno personalità troppo diverse. Prince è imprevedibile e procede per improvvisazioni, invece Madonna è metodica, ama programmare e poi concludere con rapidità. I due non combinano quasi nulla. Cominciavano una cosa, poi passavano ad altro. Si scambiavano nastri fra Los Angeles e il Minnesota. Poi parlavano al telefono per ore e lui le faceva sentire qualcosa di nuovo.

Sperimentale e incoerente, Love Song sarà l’unica testimonianza sopravvissuta a tutto quel bailamme creativo, un pezzo che sembra un work in progress. O semplicemente quella che era la loro collaborazione: una lunga schermaglia:

Prince arrangia la canzone secondo il suo modo scattoso e idiosincratico: affastella pezzi diversi, spinge la chitarra di Jimmy Nolan verso estremismi funk, scurisce la batteria. Lei ha la voce compressa, ridotta a semplice elemento strutturale di un più ampio mix di suoni.

Till Death Do Us Apart

Sean ha sentito il pezzo?”, chiederà velenosetto Bill Zehme a Madonna in un’intervista per Rolling Stone. Lei non si scompone:

Sì. E stranamente gli è piaciuto. A pensarci bene non è poi così strano. Sean si vanta di essere sempre brutalmente franco su tutto ciò che lo riguarda: è sempre stato attratto da scrittori e artisti che sanno parlare senza mezzi termini.

Ritmo veloce, synth in sottofondo leggero come brezza marina, chitarra con eco di ritardo modello The EdgeTill Death Do Us Part, possiamo definirla la canzone del divorzio tra Madonna e Sean Penn.

Gennaio 1989: il matrimonio tra Madonna e Sean Penn è ufficialmente game over. L’idillio ha sempre corso sul filo della turbolenza, è diventato un combattimento continuo e lei, accorta gestrice della sua vita pubblica, è rimasta affascinata dal temperamento bruciante e aggressivo lui.

A Madonna sono sempre piaciuti i ribelli, ma nel corso del tempo quell’instabilità di ruoli è diventata incontrollabile: lei ama il circo mediatico e sopporta col sorriso gli assalti dei paparazzi, lui ne è torturato e accumula denunce su denunce per averli variamente aggrediti. Lei è agitata e iperattiva, lui una statua di furore compresso che cerca invano la pace domestica. Lei lo provoca andando in giro coi suoi amici del music business, lui li disprezza per il loro stile di vita superficiale.

In questa canzone Madonna canta come un fiume in piena, incapace di gestire la situazione. Racconta il conflitto di condividere la vita con qualcuno che non ama abbastanza se stesso ed è incapace di dare amore agli altri. Parla di una persona che è intrappolata nel linguaggio della violenza.

Pat Leonard ricorda i contrasti e l’atmosfera claustrofobica, densa, in cui è nato questo brano:

Mentre si registrava affioravano tutte le sue emozioni: spesso era agitata e piangeva. L’intera lavorazione del disco fu travagliata. Di solito lavorava molto in fretta, ma stavolta ci impiegò il triplo del tempo, era sempre in crisi.

Madonna si sente sola, intrappolata: “Non potevo nemmeno tornare a New York, tutti i miei amici erano malati o morti”, ricorderà lei stessa alla fine del decennio dell’Aids.

Promise To Try

Quest’album è dedicato a mia madre che mi ha insegnato a pregare“, scrive Madonna sulla copertina di Like A Prayer Il disco del suo trentesimo anno, la stessa età a cui era morta la madre, il primo dicembre del 1963, la porta ad avviare una riflessione profonda su tutti i rimorsi del suo passato familiare.

La signora Fortin in Ciccone viene ricordata come una figura “angelica e sempre pronta a perdonare” che emana una quieta forza interiore. Ex ballerina, amante della musica classica, aveva grazia, portamento e un cancro al seno che l’avrebbe consumata nel giro di un anno. Sua figlia Louise Veronica Ciccone di anni ne ha sei e assiste spaventata all’agonia che la donna cerca di dissimulare.

La vita da adulta di Madonna è tutta costruita sulla necessità di emendarsi dall’eredità di quell‘immagine. Se la morte della madre significa silenzio, allora Madonna parla, parla, parla… Odia il silenzio! Se la malattia è sonno e fragilità fisica, allora Madonna sarebbe sempre stata attiva e al massimo della condizione fisica. È una strenua lotta contro la debolezza, contro il terrore anche solo della possibilità di un cedimento emotivo.

Quando tutto questo si traduce in musica, nasce Promise To Try, una performance rigorosa, controllata, decisamente insolita per una campionessa dell’eccesso.

Infatti nella canzone centrale di Like A Prayer la spoliazione emotiva della star diventa anche una spoliazione musicale: se l’atmosfera è sentimentalmente barocca, carica di non detti e sottintesi, la sua voce è chiara, priva di abbellimenti. In altre parole, Madonna è veramente nuda:

Un pezzo guidato dal pianoforte ci catapulta dentro a un film dove una figlia immagina di parlare con sua madre che non c’è più da un quarto di secolo. E ci dice che dal momento della sua morte ha ricevuto anche un’imprevista forma di liberazione:

Il motivo principale per cui sono stata capace di esprimermi senza timidezze sta proprio nel fatto di non aver avuto una madre: le madri ti insegnano le buone maniere, che è un modo gentile di essere asservite e passive, ma io non mai imparato niente di simile. La mia mancanza di inibizioni scaturisce dalla morte di mia madre. È stato l’evento più grande della mia vita, qualcosa che ancora oggi fatico ad accettare e che mi ha cambiata per sempre. Non riesco a descrivere, a parole, l’effetto che fece su di me.

Da quel momento in avanti, ammetterà lei stessa, lo scopo della sua vita è diventato quello di cercare l’approvazione del mondo.

Cherish

Smaccatamente ballabile nella sua dinamica linea di basso, il pezzo non rinuncia a raccontare la memoria della tristezza che non vuole andare via e ricama una partitura di chitarra tutta piena di accordi minori.

Madonna viaggia lungo territori dolenti e oscuri, ma a tratti è come se imponesse di risollevarsi riecheggiando i fasti adolescenziali degli album precedenti. Così è per il doo-wop romantico e splendidamente assolato di Cherish, un pezzo tutto improntato all’immaginario da doposcuola sixties dell’effervescente ed effimera Shoo-Bee-Doo. Però non è una semplice concessione al suo vecchio pubblico, bensì l’affermazione autoconsolatoria di chi vuole riappropriarsi della propria vita precedente. Vuota di responsabilità e turbamenti. Uno spasmodico ottimismo che è presente nel feroce e compensatorio carattere della diva, che qui si dipinge languidamente ferita dalle delusioni d’amore, ma allo stesso tempo pronta per una storia vera e supplica il dio dell’amore di aiutarla nell’impresa.

Ma siamo di fronte ad uno struggimento morbido, splendido perfino in questo suo inneggiare alla bellezza liberatoria dell’amore romantico. L’assolo di armonica aggiunge un’ulteriore nota di dolcezza e allude in via subliminale a certi pezzi Motown del primo Stevie Wonder.

Dear Jessie

Siamo di fronte ad una cascata cristallina di risate infantili. Anche Madonna ride e sospira pensieri di speranza come una moderna fata turchina. Ognuno di noi ha una specie di Paese delle Meraviglie in cui rifugiarsi, un nascondiglio sicuro della fantasia in cui rintanarsi a guarire le ferite e da cui attingere la forza raggiante che sempre ci stupisce. “Se quel luogo esiste e se è dentro di noi quando siamo bambini“, conclude speranzosa la cantante che restò orfana all’età di cinque anni, “allora non può andare perduto.

Madonna dedica questa canzone, Dear Jessie, alla figlia di Pat Leonard che all’epoca aveva appena tre anni, ma in realtà sta parlando alla “fanciullina” che è in lei.

In un album che guarda tutto ai traumi dell’infanzia, questa ninnananna suona come una rasserenante celebrazione della fantasia infantile e del potere salvifico dell’innocenza: viole, chitarre e perfino un tromba aggiungono candore attingendo all’immaginario beatlesiano di Sgt. Pepper’s e ai Queen di A Kind Of Magic. Un incantesimo sonoro per tutte le ragazzine cresciute che non hanno mai buttato via la loro bambola preferita.

Oh Father

Ultimo capitolo di una “trilogia interna” che Madonna ha cominciato con Like A Prayer e proseguito con Promise To Try. Questa ballata teatrale e commossa racconta il difficile rapporto della pop star con un padre autoritario che gestiva la famiglia adottando una disciplina ferrea, rude e sbrigativa.

La cantante doveva andare in chiesa tutte le mattine prima di andare a scuola. Poi, una volta tornata a casa, doveva sbrigare le faccende, fare i compiti, cenare e poi subito a dormire. Non c’era molta comunicazione in famiglia.

Forse non sono stato il migliore padre del mondo – replicherà lui durante l’incontro a sorpresa con la figlia allArsenio Hall Show nel 1992 – ma la vita non è stata facile per nessuno di noi”. Rimasto presto vedovo e con sei figli piccoli, il signor Ciccone si doveva concentrare sui bisogni primari e non poteva permettersi di cedere al dolore. Lui si risposa, ma la nuova moglie è così presa dai due figli più piccoli che i grandi vengono spesso lasciati a loro stessi: la futura popstar lamenterà una forma di deprivazione affettiva. Quasi trent’anni dopo se la ricorda ancora così bene da cantarla con voce cupa, quasi rotta dal pianto, finendo la prima strofa con una frase che pesa tonnellate:

È davvero strano, ci si abitua / Alle lacrime e al dolore / Cosa non riesce a credere un bambino / Tu non mi hai mai amata

Oh Father è tutto un drammatico movimento d’orchestra, ma la melodia è semplice. Spiega lei stessa il perché: “È il mio tributo a Simon & Garfunkel, che ho adorato. Se i miei dischi precedenti tendevano a riflettere le influenze in corso, questo si basa su quelle passate. Tutto il contenuto emotivo dell’album è disegnato sul tracciato delle esperienze che ho affrontato crescendo.

Madonna usa un timbro contrastante: ora alto e morbido, quando ricorda con tristezza, più deciso e basso quando in uno slancio di orgoglio psicologico affermerà la propria indipendenza, ma è ancora presto per quello.

Nel finale del pezzo lei è una donna ormai cresciuta emotivamente e si riappacifica con la propria memoria e comprende che il padre non aveva intenzione di ferirla, intravede il dolore che la sua fuga da lui gli ha procurato. È uno degli episodi più commoventi ed emotivamente generosi nella musica di Madonna.

Keep It Together

Isolata dalla fama, scossa dalla fine del suo matrimonio e da antichi traumi infantili che riemergono, Madonna decide di celebrare gli aspetti più positivi e vivaci della vita familiare. Comincia ricordando la sua infanzia affollata e la giocosa smania di attenzione in mezzo a una ciurma di sei fratelli.

Una gara continua, ecco quindi da dove nasce quell’atteggiamento combattivo e canzonatorio nei confronti degli uomini.

Alle vecchie riunioni di famiglia, Louise Veronica saliva sul tavolo, cominciava a ballare e se ancora non le davano retta, si metteva a far rumore: non voleva essere come tutti gli altri. Nella precedente Oh Father, Madonna rinfacciava al genitore di non averle mai dette davvero quelle parole, mentre qui si consola immaginando tutto quello che avrebbe potuto essere. Un bisogno nostalgico di stabilità da rinsaldare nel profondo di solide radici familiari.

Ma la realtà è diversa. Madonna fugge a New York, andando a vivere una vita fredda e alienante come il suo successo. Lì si rassicura cantando di fratelli e sorelle che scherzano insieme in un contesto sonoro che è tutto un omaggio a quei “fratelli e sorelle” della musica soul. Trasfigura il passato nell’urgenza sognante di ristabilire legami guastati o allentati dalla lontananza e dal tempo.

Pray For Spanish Eyes

Cercate la versione adulta di La Isla Bonita? Eccola qua, con tutta la fascinazione del mistero latino americano raccontato a un ritmo lento e sobrio. Rispetto al 1986 il paradiso perduto ha smarrito la sua pace, in lontananza si sente rumore di spari. Sembra la guerra civile spagnola. Sembra un amore perduto. E come in Till Death Do Us Part, la material girl parla in terza persona.

Il tono inconsueto, quasi magniloquente nella sua accorata dolenza, ci stupisce ed è tutto giocato su controcanti e armonie vocali. Lei li ha sempre usati per dare profondità ai suoi set vocali, ma qui li permea di una straordinaria nudità emotiva; non più un trucco per coprire ma un mezzo per portare alla luce. La magia e il lutto, avrebbe magari detto un più accorto e navigato Lou Reed

Verso la fine del brano, la preghiera cresce d’intensità e così la melodia, fiorisce un tripudio di fiati, l’assolo di chitarra flamenca sembra rubato a Fragile di Sting e poi… brusco finale sul rumore di cime tempestose.

Act Of Contriction

Un’invocazione sussurrata da parte di Madonna con il coro gospel di Like A Prayer mandato al contrario. Una chitarra dichiaratamente heavy metal registrata a tutto volume. Brandelli di preghiere mescolati a caso. Ilarità e anarchia. È la Stairway To Heaven di Madonna o Il suo subdolo messaggio satanico al mondo?

Nulla di tutto questo, ma la perfetta conclusione circolare di un album improntato al tema religioso: se Like A Prayer è il drammatico inizio, Act Of Contrction ne diventa l’ironico contraltare di chiusura. Per tutto il brano lei prova a recitare l’Atto di Dolore. Un po’ lo mormora, un po’ lo canta, a tratti si ispira, più spesso si annoia.

Secondo la liturgia cattolica, il sacramento della confessione è costituito da quattro fasi: contrizione, confessione vera e propria, penitenza e assoluzione. Louise Veronica Ciccone ha eseguito il rituale per tutta l’adolescenza, permeata del fedele spirito dell’epoca.

Una volta cresciuta, una volta divenuta la ragazza materiale e la dea selvaggia del sesso più disinibito, Madonna mette alla berlina quella pratica che pure le garantirebbe la salvezza, ma che finirebbe per lavare via un po’ della sua personalità. Come tutti quelli cresciuti all’interno di un credo, si appropria di parole e liturgia colorandole di un’irriverenza festosa che non risparmia neppure se stessa. Il gioco finale di parole tra reserve (riservare, proporsi) e reservation (riserva, prenotazione) sembra alludere alla possibilità di riservarsi un posto in paradiso, ma… la prenotazione a nome di Madonna è andata smarrita! Nemmeno l’assoluzione ha potuto mondare i suoi troppi peccati e il messaggio satanico finisce in risata.

Nelle recensioni retrospettive, Like a Prayer è stato definito il punto di svolta nella carriera di Madonna; grazie a questo album Ha iniziato ad essere vista come un’artista seria piuttosto che come una semplice pop star. I critici e gli autori hanno anche sottolineato l’influenza dell’album sul lavoro delle cantanti moderne. Spesso indicato come uno dei più grandi album di tutti i tempi, Like a Prayer è stato incluso in diversi libri di riferimento musicale e liste di best-of, tra cui i 500 migliori album di tutti i tempi di Rolling Stone.

Alessandro Carugini

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