Come rivelato da Selvaggia Lucarelli, la nostra Malika è stata tanto furba: cacciata di casa dai genitori musulmani a causa del proprio orientamento sessuale, con la valanga di soldi donati da decine di migliaia di boccaloni (140mila euro raccolti in due campagne di donazioni) ci si è comprata una Mercedes. Causando una istantanea bufera mediatica e l’alzata di scudi di tutti coloro che avevano contribuito alla raccolta fondi.

La Mercedes è uno sfizio che si voleva togliere, si giustifica Malika. Se fosse stata ancora più furba, annotiamo a margine, avrebbe sfoderato la carta delle cosiddette «reparations», termine in gran voga Oltreoceano quando si parla di minoranze etniche presuntamente perseguitate o nicchie Lgbt altrettanto presuntamente oppresse. Si tratta ovvero di un risarcimento, sotto forma di pagamenti monetari individuali, accordi, borse di studio, esenzione dalle tasse e iniziative sistemiche, per «compensare le ingiustizie», l’oppressione, il trauma derivato dall’essere minoranza perseguitata. Mi sono comprata il Mercedes, e allora? Consideratelo un risarcimento per il mio stato di oppressione. In America basta dire «reparations» e tutti si ammutoliscono. Avrebbe così totalizzato il cosiddetto «perfect», mutuando il termine dai videogiochi anni ’80. Ma Malika è giovane, ha ancora tanto da imparare.

Malika e la Mercedes e le bugie

Ad aiutarla qualche mese fa è intervenuta una raccolta fondi, che in poco tempo ha superato i 140mila euro. Selvaggia Lucarelli da qualche settimana ha avviato un’inchiesta per capire meglio come funzionino le raccolte fondi che vengono aperte con così tanta facilità sul web. Nella maggior parte dei casi dietro ci sono slanci di generosità sull’onda dell’emotività ma non sempre è così. La giornalista ha raggiunto telefonicamente Malika Chalhy per un’intervista pubblicata su Tpi.it per capire qualcosa di più sull’iniziativa a lei destinata.

Il presupposto per le raccolte fondi aperte in favore di Malika era quello di “aiutarla a ricostruirsi una vita” e anche per “pagare avvocato e supporto psicologico”. ora che ha lasciato la casa della famiglia. Due sono quelle principali e, oltre alla raccolta da oltre 100mila euro aperta dalla cugina, ce n’è un’altra da più di 11mila euro, aperta da un blogger, Carlo Tumino. Selvaggia Lucarelli riesce a contattarla ma al telefono non risponde Malika, bensì una certa Roberta, che la giornalista definisce sua “manager/portavoce”. “Io mi prendo cura di lei, poi ha una persona di un’agenzia, quella di Giuseppe Carriere, che la aiuta perché girava per le tv con una valigia, senza avere praticamente nulla”, ha spiegato Roberta alla Lucarelli.

Tra Malika e la Lucarelli, quindi, si accende la discussione sul perché non siano stati ancora dichiarati i beneficiari della beneficienza con il ricavato delle raccolte fondi e qui, Roberta, dichiara: “La ragione è che insieme alla Boldrini avevamo deciso di fondare un’associazione per le vittime di discriminazioni. Abbiamo cercato di coinvolgerla ma lei non sta bene e la cosa si è allungata un po’. Siamo in una fase in cui non sappiamo ancora bene, mettiamo dei paletti”.

Il nome di Laura Boldrini ricorre altre volte nell’intervista ma l’ex presidente della Camera, con una nota inviata a Tpi.it, ci ha tenuto a fare un chiarimento: “Rispetto a quanto dichiarato nell’intervista da Roberta e Malika tengo a precisare che mai è stata discussa con me o con alcun collaboratore o alcuna collaboratrice del mio staff l’ipotesi di costituire una associazione per le vittime di discriminazione tanto meno di una raccolta fondi. Si tratta perciò di una vera e propria fake news”. Quindi, l’onorevole aggiunge: “Non ho contatti né conosco la persona indicata come Roberta nella intervista. Ho contattato Malika, come ho dato pubblica notizia, perché colpita dalla sua storia e per esprimerle la mia vicinanza”.