Benvenuti nell’universo femminile di LetteralMente Donna. Faremo un viaggio nell’America degli anni 50′ alla scoperta di una donna che ha dedicato la sua vita alla lotta per i diritti civili. Parleremo di razzismo, di linciaggio e di giustizia. Abbiamo dedicato la puntata di oggi a Mamie Till e alla sua storia
“Ho il cuore spezzato, ma conservo ancora una capacità d’amore smisurata”
È una frase di Mamie Till che rispecchia tutta la sua forza d’animo mantenuta nonostante il grave fatto di sangue che l’ha colpita. È una storia drammatica tornata all’ordine del giorno grazie a a “Till”, il film Chinonye Chukwu che racconta la vicenda di questa donna straordinaria e la sua battaglia per i diritti civili. Una lotta iniziata dopo la morte del figlio Emmett Till che fu linciato per motivi razziali.
Mamie Till, la verità sul primo marito
Anche il primo marito della Till, Louis, venne giustiziato quando era nell’esercito in circostanze poco chiare. Dapprima infatti i familiari seppero che l’uomo era stato impiccato per cattiva condotta. Poi, dopo la morte di Emmett, il senatore segregazionista James Eastland, rivelò che Louis Till era stato processato per lo stupro di due donne italiane e l’omicidio di una terza. Si trattava di un piano per colpire Mamie Till e la sua battaglia per la giustizia per la morte del figlio.
Mamie Till e la battaglia legale per la morte del figlio
La Till aveva messo in guardia il figlio Emmett, prima che nell’estate del 1955 si recasse in vacanza dallo zio Moses a Money, su come venivano trattati i neri nel Mississippi. D’altronde Mamie Till era emigrata da bambina con la famiglia a Chicago proprio da li per cercare migliori condizioni di vita. Emmett, il 24 agosto di quello anno, entrò a Money in un minimarket gestito da una coppia di bianchi e fischiò irriverentemente alla proprietaria alla cassa. La donna si chiamava Carolyn Bryant e riferì l’accaduto al marito Roy a cui la moglie raccontò che Emmett l’aveva afferrata per la vita e le aveva detto parole irriferibili. In seguito il 27 agosto Roy e il fratellastro J.W. Milam rapirono Emmett dopo essersi presentati armati a casa dello zio.
La Till, saputo dell’accaduto, tornò nel Mississippi per cercare il figlio contattando persino la NAACP, la National Association for the Advancement of Colored People e la Casa Bianca. Emmett venne ritrovato nel fiume orribilmente sfigurato ed ucciso da un colpo di pistola alla nuca. La Till dovette scontrarsi con l‘opposizione delle autorità locali che volevano immediatamente seppellire il corpo a bara chiusa. Con coraggio riuscì a far aprire la bara e a vedere il figlio per poi portare il corpo a Chicago dove lo fece fotografare da una rivista per persone di colore. Lo scopo della Till era tenere la bara aperta per mostrare al mondo cosa avevano fatto al figlio.
La battaglia per i diritti civili
Fu l’inizio questo di una battaglia per diritti civili che portò Mamie Till con il NAACP in molte città americane per raccontare ciò che avevano fatto al figlio. Una lotta che continuò nonostante l’esito del processo contro Roy Bryant e J.W.Milam. I due vennero infatti accusati del rapimento e della morte di Emmett Till ma al processo una giuria composta da solo bianchi li assolse incredibilmente. Anzi questa scandalose assuluzione scatenò l’indignazione della gente tanto che la lotta di Mamie Till e i fatti accaduti al figlio divennero ben presto uno dei simboli del Movimento per i diritti civili degli afroamericani. Gli stessi Martin Luther King e Rosa Parks dichiarono inseguito di essersi ispirati a loro per le loro forme di protesta.
Le legge anti-linciaggio
Il 30 marzo 2022 il presidente Joe Biden ha finalmente firmato dopo oltre cento anni di tentativi la prima legge americana anti-linciaggio denominata The Emmett Till Anti lynching Act in onore del piccolo Emmett e della lotta di sua madre Mamie. La legge dichiara per la prima volta un crimine questa pratica barbara diffusa soprattutto nel sud degli Usa tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo e condanna fino a 30 anni di prigione chi la pratica. “L’odio razziale non è un vecchio problema. È un problema persistente che non va mai via, si nasconde” ha detto Biden al momento della firma. Era presente anche Kamala Harris, la prima donna nera a diventare vicepresidente degli Stati Uniti.
Stefano Delle Cave
Seguici su Google news