“Rosa Parks”, dedicato alla Giornata internazionale per la nonviolenza

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Di Stefano Delle Cave

Benvenuti nell’universo narrativo di StoryLine. Il 2 ottobre ricorre come ogni anno la Giornata internazionale della nonviolenza. A questo evento è dedicato il nostro racconto di oggi ispirato alla storia di Rosa Parks e Claudette Colvin e del loro famoso rifiuto di lasciare il loro posto su un autobus del 1955

L’autobus su cui era seduta passava tra le strade di Montgomery rendendole d’improvviso diverse. Era la strana sensazione che Rosa Parks provava viaggiando dopo il lavoro nei magazzini come sarta. Probabilmente la stanchezza la aiutava a fantasticare cambiando nomi e posizioni dei palazzi delle strade che abitualmente frequentava. Poi qualcosa la portò incredibilmente alla realtà. Il numero di vettura dell’autobus l’aveva rimandata a nove mesi prima di quel dicembre 1955 facendole pensare a qualcosa che era stata facilmente dimenticata.

Rosa Parks e la storia di Claudette

La storia di Rosa Parks a cui è ispirato questo racconto, fonte StudentiTv

Rosa Parks sembrava la sola passeggera di colore ad essersene resa conto eppure quello era proprio l’autobus dove tutto era avvenuto. Fino a quel giorno era consuetudine che tutti i neri lasciassero il posto loro riservato ai bianchi sei posti nella loro sezione fosse terminati. Era la segregazione, era una brutale divisione sociale che si ingrandiva sempre piu. Eppure una donna nera, la giovane Claudette, aveva avuto il coraggio di dire no e di non alzarsi facendosi arrestare. Rosa pensò per un attimo a quella vivace ragazza emotiva che scriveva sul giornalino della scuola e che proprio come lei si batteva a suo modo per i diritti civili

Che imprudente e coraggiosa era stata, pensò Rosa, a dire quel no anche se aveva fatto bene . Forse avrebbe voluto fare qualcosa di più effettivo che organizzare proteste, scrivere documenti o peggio trascorrere del tempo al suo noioso lavoro da sarta ai grandi magazzini. “Beh almeno questo mi da vivere”, si disse pensando a come faticosamente se l’era guadagnato imparando tutte le sere a cucire da sua nonna. “Questo lavoro è utile ai bianchi”, le diceva quando da piccola imparava i primi segreti per il cucito perfetto. Rosa pensò in quell’attimo che avrebbe voluto essere più utile a se stessa e agli altri e non essere solo una semplice sarta attivista

Dire no

Per un attimo Rosa Parks aveva ripreso a fantasticare cercando di non pensare più alla sua semplice esistenza. Mentre l’autobus continuava a viaggiare per Montgomery si immaginava di essere diventata lei la padrona del magazzino e di poter fare tutto quello che non aveva fatto prima. Ecco allora che poteva entrare nelle scuole dei bianchi e perfino nei loro bagni. Poi un vociare di persone la riportò alla normalità facendole notare come la parte bianca dell’autobus fosse piena. Improvvisamente ebbe paura di essere trattata nuovamente come quel rifiuto sociale che alcuni bianchi volevano farla diventare.

Poi si riprese notando che c’era ancora un posto libero e con un po’ di fortuna non avrebbe dovuto alzarsi. Putroppo alla fermata successiva quel sedile fu occupato ed un uomo bianco avanzava verso i suoi posti che erano subito dopo la sezione bianca. “Sarà meglio che vi sbrighiate e mi lasciate liberi quei posti”, tuonò l’autista dal fondo. Dalla voce rauca Rosa capì di averlo già visto, ma non ricordava dove, almeno dieci anni prima. In quell’istante si rese conto di essere improvvisamente stanca ma non fisicamente. Ripensò a Claudette e si rese conto di non voler essere più una diversa.

Epilogo

Non ci poteva ancora credere ma non aveva mosso un dito. Questo Rosa pensò mentre venne arrestata per non aver ceduto il suo posto su un autobus ad un bianco. Un mese dopo era un simbolo , lei che era una donna calma e semplice. Eppure sapeva in cuor suo di essere la seconda e che in realtà la scintilla l’aveva accesa un’altra giovane donna nove mesi prima. Lei aveva solo alimentato una miccia facendo qualcosa di più della sua monotona vita. O forse in realtà quel giorno aveva acceso semplicemente se stessa.

Stefano Delle Cave