31 ottobre 1517. Affissa sul portone del Duomo di Wittenberg, Germania, compare una manciata di fogli scritti in latino. Quei documenti, intitolati “95 tesi sulle Indulgenze”, attaccano direttamente la consueta pratica della Chiesa romana della vendita delle indulgenze, dopo un episodio locale che ha coinvolto alcuni parrocchiani.
La vulgata popolare racconta di un uomo, fare deciso e martello in mano, come responsabile dell’affissione. No, non era un martello, era semplice ceralacca. E non era un adulto, ma alcuni giovani, forse studenti o discepoli di qualcuno. Poco importa. Quell’uomo è Martin Lutero, monaco agostiniano e titolare della cattedra di filosofia morale ed etica aristotelica alla locale università, fondata nel 1502 da Federico III di Sassonia, detto il Saggio.
Martin Lutero: gli anni della formazione
Martin Lutero è nato il 10 novembre 1483 a Eisleben, piccola località della Turingia. Figlio di una massaia e di un ex contadino che ha incontrato la fortuna nelle miniere di rame, Martin cresce in un ambiente spartano, sobrio e severo, dove l’assoluta rigidità morale ed etica arriva tanto dalle indicazioni della fede cattolica quanto da ciò che rimane nella cultura popolare delle superstizioni dell’ancora più antico paganesimo locale. Pochi anni dopo la famiglia si trasferisce a Mansfeld, dove il padre assume l’incarico di magistrato. Nel 1497 la prima tappa formativa: Lutero va a Magdeburgo a studiare presso la scuola dei Fratelli della vita Comune, comunità cattolica di origine medievale fondata 200 anni prima dal mistico Geerte Groote.
In quest’ottica i Fratelli promuovono anche la cristomimesi: l’allontanamento dalle manifestazioni più esteriori della fede e un ritorno all’interiorizzazione dell’esercizio pratico della fede. Lutero resta con i Fratelli un solo anno, poi si trasferisce a Erfurt e si iscrive all’università. Qui approfondisce in maniera ossessiva lo studio delle Sacre Scritture e arriva l’inevitabile epifania: durante un terribile temporale che lo coglie in viaggio, è così terrorizzato dal’eventualità di venire colpito da un fulmine che fa un voto a sant’Anna. Il viaggio si conclude senza incidenti e lui sceglie la vita monastica. Contrariamente all’opinione paterna, a 22 anni prende i voti presso il convento agostiniano di Erfurt. Tra le regole del convento c’è quella dell’assidua lettura della Bibbia. Lutero approfondisce ulteriormente la sua preparazione, così come le filosofia di Aristotele e Sant’Agostino.
La formazione agostiniana
Sono questi studi, e una raccomandazione, a fargli avere la cattedra alla locale università nel 1508. La vita monacale accelera una tensione che in Lutero stava germogliando già da tempo. L’ulteriore approfondimento delle questioni teologiche accentua in lui la convinzione della sostanziale contraddizione tra il verbo delle Sacre Scritture e lo loro applicazione pratica secondo i dettami della Chiesa romana. La permanenza di Lutero nei territori vaticani del 1510, dovuta a motivi relativi al proprio ordine, è frutto di diverse interpretazioni: per alcuni non fece che altro che acuire le sue tensioni nei confronti della condotta del clero, secondo altri invece rimase entusiasta della vita culturale della capitale del cristianesimo, dove colse l’occasione per l’acquisto di indulgenze come da pratica comune.
Quel che rimane certo è il suo totale rifiuto del sostanziale dogmatismo e ipocrisia dominante sotto il papato di Leone X. Uomo di stampo e fede medievale, mal digerisce l’ingerenza dell’istituzione-Chiesa nel rapporto tra l’uomo e la divinità. Nell’approfondimento degli studi biblici e teologici i semi piantati nel breve periodo dei Fratelli della Vita Comune iniziano a germogliare. La Chiesa, questa Chiesa, non ha nessun diritto di intercedere presso Dio per conto dei fedeli: Dio ama i proprio fedeli in modo totale e incondizionato. E’ solo ed esclusivamente la loro privata pratica di fede a renderli dei buoni cristiani. La teologia luterana a questo punto non può che schierarsi contro l’immediata conseguenza di questa via “clientelare”alla fede: l’acquisto delle indulgenze. Nata come forma economica di remissione per peccati più o meno gravi, divenne pratica comune sotto il papato di Alessandro II. Egli assicurava la redenzione a chiunque non fosse disponibile a combattere la Crociata in Terra Santa in cambio di un cospicuo esborso economico.
Leone X e le indulgenze
Anche con gli eretici, le popolazioni pagane e i nemici politici della Chiesa sarebbe valsa la stessa regola. Un prassi che non fece fatica a degenerare con il ciclico avvicendarsi dei papi: sotto il papato di Leone X la ”absolutio ab omni poena et a culpa” divenne una pratica oscenamente comune che permetteva a chiunque fosse abbastanza ricco di comprare qualsiasi assoluzione, anche per i già trapassati, e gonfiare le casse papali già soffocate dai costi per la costruzione della Basilica di San Pietro. Al tramonto del 1517 Martin Lutero è ormai un’autorità accademica e confessionale e l’affissione delle sue “95 tesi sulle Indulgenze” destinate al vescovo di Brandeburgo rappresenta una prima scossa a una delle strutture portanti dell’intero confessione cristiana.
Tempo due anni e quei fogli in latino vengono tradotti, stampati e ristampati in lingua volgare. Le tesi di Lutero iniziano a dilagare nel popolino, naturale alleato di un monaco che propone un ritorno ad una fede personale, senza intercessioni altre né mediazioni economiche. Lutero alza ulteriormente il tiro e sviluppa un’ulteriore argomentazione del suo libello, le “Risoluzioni riguardo alle 95 tesi”. Arrivate a Roma, Leone X inizia a sentire odore di bruciato, ma forse è troppo tardi. Intima a Lutero una totale ritrattazione delle sue tesi, che però temporeggia chiedendo l’appoggio dei reali di Sassonia. La morte nel 1519 dell’imperatore Massimiliano e tutte le sue possibili conseguenze anche in termini di territorio papale scombina ulteriormente le carte, e per un altro anno l’affaire Lutero passa in secondo piano.
L’inevitabilità dello Scisma
Il 15 giugno 1520, con la bolla papale “Exsurge Domine”, Lutero è ufficialmente minacciato di scomunica. Lutero brucia pubblicamente la bolla. Il 3 gennaio 1521 è ufficialmente scomunicato, e anche l’Europa inizia a bruciare. Lutero pubblica “L’anticristo” dove paragona Leone X e il clero cattolico all’Anticristo, diretto oppositore del messaggio cristiano. Il dado è ormai tratto. Quella che era nata nelle intenzioni di Lutero come una profonda riforma interna alla chiesa cattolica verrà trasformata dai suoi allievi in una vertenza rivoluzionaria e di rottura totale che sia concluderà con lo Scisma e la nascita del Protestantesimo.
Andrea Avvenengo