Uno dei mali più grandi dei giorni nostri è il femminicidio. Donne violentate, maltrattate, vittime di stalking; donne assassinate quasi all’ordine del giorno. Ma c’è un’altra forma di violenza molto diffusa di cui però si parla poco. Il fenomeno inverso, quando ad essere maltrattato è l’uomo per mano della donna: il maschicidio.
Donne uccise e maltrattate da uomini gelosi e possessivi. I casi ormai sono tantissimi, tanto che il femminicidio ha un forte risalto mediatico. Giornali, talk show, social media, se ne parla spesso. Senza contare il 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, ricorrenza significativa ma soprattuto molto sentita. E … l’uomo? Quanti sanno dell’esistenza di un giorno dell’anno dedicato a Lui? Pochi, davvero pochi, perché non è una data ricordata quanto quella della donna. Nessuno ne parla mai. Eppure esiste, ed è il 19 novembre. Ma andando a leggere il perché di tale ricorrenza, manca comunque la motivazione riguardante la violenza sugli uomini. Tra le finalità della giornata elencate da Wikipedia, non ce n’è una che faccia riferimento al maschicidio che, ricordiamo, non è un fenomeno socialmente riconosciuto come il femminicidio, realtà concreta anche a livello giuridico.
Eppure anche gli uomini subiscono discriminazione e violenza e spesso, proprio dalle donne. La violenza è violenza, a prescindere da chi la esercita. Non dimentichiamo che chiunque può esserne vittima… ma anche colpevole. Perché non sempre è l’uomo ad essere il carnefice che si accanisce sulla donna. La società odierna tende a imporre dei ruoli i quali, di conseguenza, creano degli stereotipi. Uno è proprio questo, l’uomo sempre predatore e la donna sempre preda; etichette sessiste che marchiano l’individuo, condizionando la sua esistenza.
Maschicidio: uomini vittime di violenza psicologica
Secondo un’indagine condotta dall’Ordine degli psicologi dell’Emilia Romagna, uomini e bambini subiscono violenza psicologica e ad esserne autrici sono le donne. La violenza psicologica è una forma di maltrattamento grave e subdola che mira al controllo della persona per marcarne l’inferiorità. Non lasciando tracce fisiche evidenti, non solo spesso rimane nascosta, ma viene anche sottovalutata. Secondo gli psicologi, sembrerebbe che proprio le donne – spesso vittime di tale forma di violenza – siano più propense degli uomini ad esercitarla in ambito familiare.
Pasquale Giuseppe Macrì, docente di Medicina legale all’Università di Siena, nel 2012 ha raccolto la voce di 1058 uomini tra i 18 e 70 anni per una ricerca dal titolo “Indagine conoscitiva sugli uomini italiani vittime di violenza domestica”. Circa il 60% di questi ha dichiarato di aver subito violenza fisica (graffi, morsi, calci, pugni). Tanti hanno riferito di essere stati vittime di violenza psicologica, disprezzati e derisi per il proprio lavoro, lo stipendio percepito, l’aspetto fisico o per la gestione della casa e dei figli. Ma ancora più alto è il numero degli uomini minacciati di vedersi portare via i figli (58,2%), di separazione, privazione della casa e di risorse economiche (68,4%). Infine, il 30% ha dichiarato di essere stato vittima di stalking e il 48,7% di aver subito almeno un episodio di violenza sessuale ad opera di una donna nel corso della propria vita.
L’uomo non denuncia per vergogna
A confermare questi risultati la ricerca condotta tra il 2014 e il 2015, da Sabrina Cippolletta (docente del dipartimento di Psicologia generale all’Università di Padova) e Lorenza Entilli, una ricercatrice. “When the woman gets violent: The construction of domestic abuse experience from heterosexual men’s perspective” ha coinvolto 20 uomini tra i 20 e i 60 anni provenienti da tutta Italia, chiamati a rispondere ad alcune domande sul tema in base al loro trascorso. Dalla ricerca –“non statistica-quantitativa” come affermato dalla docente- è emerso che a prevalere sia proprio la violenza psicologica sotto forma di minacce, ricatti, offese, persecuzione e strumentalizzazione dei figli.
Nel nostro Paese, la resistenza a parlare di questo problema è ancora molto forte e la ragione è fondamentalmente culturale. È inammissibile che sia la donna a esercitare violenza su di un uomo e che questo possa subirla. La figura della donna violenta esce dagli stereotipi comuni. Ecco perché è proprio l’uomo il primo a non denunciare. Di conseguenza, come dimostra la nostra ricerca, a causa di questo retaggio culturale anche un’eventuale denuncia fatica ad essere compresa ed accettata (numerosi intervistati hanno ammesso di aver affrontato, quando coinvolti, i pregiudizi di forze dell’ordine e di operatori sanitari)”.
E proprio per questo motivo mancano politiche mirate e strutture specializzate a cui gli uomini abusati possano rivolgersi.
Purtroppo essendo un fenomeno sommerso non viene rilevato e quindi viene ignorato. Per questo, credo, siamo lontanissimi dall’attuazione di politiche specifiche in merito. Dagli studi emerge come la violenza delle donne sugli uomini ricopra una proporzione di uno a quattro rispetto a quella dell’uomo perpetrata su una donna; è normale quindi che le risorse vadano indirizzate ai fenomeni maggioritari.
Pare dunque che la violenza di genere colpisca proprio tutti, sia uomini che donne. Sicuramente i dati riguardanti il femminicidio sono più alti, ma anche il maschicidio è un fenomeno presente – seppur non ufficialmente riconosciuto – e, pertanto, non andrebbe sottovalutato. La violenza è violenza, senza distinzione tra uomo e donna. Ma soprattuto, per far sì che “uomini e donne abbiano gli stessi diritti” , bisognerebbe abbattere le differenze. Perché emancipazione è anche questo, essere tutti sullo stesso piano, niente di meno e nulla di più.
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